La botta per Emmanuel Macron è stata dura. Ma, a bocce ferme, osserva Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera, la situazione appare complicata, non catastrofica.
L’Europa ha passato prima due mesi a parlare di Marine Le Pen, poi altri due a parlare di Jean-Luc Mélenchon.
Eppure Le Pen non è diventata presidente, e Mélenchon non diventerà primo ministro, come aveva chiesto ai francesi.
Dare per politicamente morto Macron è prematuro; e non solo perché i risultati finali delle legislative di domenica sono un po’ meno severi per il presidente di quanto indicassero le prime proiezioni.
l suo partito avrà la maggioranza relativa all’Assemblea Nazionale, con più seggi di quelli di Le Pen e Mélenchon messi insieme.
Macron perde la maggioranza assoluta; tuttavia il sistema francese – che è semipresidenziale e non parlamentare – predispone una serie di meccanismi a protezione dell’esecutivo che in Italia non esistono (ad esempio il governo costituito da Macron non avrà bisogno del voto di fiducia).
Ciò premesso, il voto francese è stato molto significativo. E non solo perché Mélenchon ha rianimato la Gauche, e Le Pen ha decuplicato i suoi seggi. Da un lato, c’è la conferma che i grandi Paesi europei si governano dal centro, come già accade in Germania.
Dall’altro lato, è evidente che il populismo e il sovranismo non sono morti, anzi. E si sta affievolendo il ruolo stabilizzatore giocato prima dalla pandemia, poi dalla guerra. I voti di Mélanchon e quelli di Marine Le Pen ovviamente non si possono sommare.
Però rappresentano il segnale del profondo malessere che attraversa la società francese, e in genere quella europea.
Non è superfluo ricordare che tra poco più di sei mesi si vota pure in Italia. Da noi il centro ha avuto di fatto un ruolo guida con il governo Draghi; ma nelle urne è estremamente debole. Il vento spinge a destra. Resta da capire se sarà una destra liberale ed europea, o populista o sovranista.