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Tutti i ritardi del Pnrr, ecco il dossier della Corte dei Conti | Il documento

relazione-sullo-stato-di-attuazione-del-Piano-Nazionale-di-Ripresa-e-Resilienza-PNRR-marzo-2022

La Corte dei Conti ha pubblicato la Relazione sullo stato di attuazione del PNRR. Con tale Relazione prende avvio l’attività di controllo della Corte dei conti sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e sul Piano Nazionale Complementare (PNC). L’art. 7, comma 7, del decreto-legge 31 maggio 2021 n. 77/2021 convertito con modificazioni dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, stabilisce che “La Corte dei conti esercita il controllo sulla gestione di cui all’articolo 3, comma 4, della legge 14 gennaio 1994 n. 20, svolgendo in particolare valutazioni di economicità, efficienza ed efficacia circa l’acquisizione e l’impiego delle risorse finanziarie provenienti dai fondi di cui al PNRR. Tale controllo si informa a criteri di cooperazione e di coordinamento con la Corte dei conti europea, secondo quanto previsto dall’articolo 287, paragrafo 3 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

La Corte dei conti riferisce, almeno semestralmente, al Parlamento sullo stato di attuazione del PNRR, in deroga a quanto previsto dall’articolo 3, comma 6, della legge 14 gennaio 1994, n. 20”. In adempimento al sopra richiamato articolo di legge, il programma dei controlli e delle analisi della Corte dei conti per l’anno 2022, approvato dalle SSRR in sede di controllo nella seduta del 21 dicembre 2021, ha inserito tra le attività da svolgere nel corrente esercizio la predisposizione di “Relazioni semestrali sull’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza”, precisando che tali relazioni si gioveranno dell’attività di monitoraggio già in corso ed avranno in generale l’obiettivo di “dar conto dello stato di avanzamento delle riforme e degli investimenti rispetto a quanto stabilito nell’attuazione del Piano, i progressi registrati e le eventuali difficoltà incontrate. L’analisi guarderà innanzitutto alle realizzazioni relative al semestre di riferimento per valutare il rispetto dei traguardi e obiettivi previsti e l’eventuale recupero di quelli per i quali erano stati registrati ritardi o slittamenti nel semestre precedente. L’esame sarà poi esteso all’intero Piano, considerando il complesso degli obiettivi intermedi (non vincolanti per la verifica semestrale) in scadenza”.

Il recente avvio del Piano, e il lavoro ancora in progress nella definizione dei nuovi interventi e nella identificazione di quelli già in essere, hanno portato a dare a questa prima edizione della Relazione una struttura provvisoria, rinviandone alle successive il pieno sviluppo. Nel prosieguo, dopo una illustrazione dei contenuti della Relazione, si forniscono i tratti principali di quello che sarà l’impianto a regime del contributo che le Sezioni riunite in sede di controllo si propongono di elaborare con cadenza semestrale. Naturalmente, come previsto dal Programma dei controlli, a tali contenuti verranno ad aggiungersi nel corso del tempo quelli derivanti dall’attività posta in essere, ciascuna nel proprio ambito di competenza, dalle altre Sezioni centrali della Corte e da quelle regionali di controllo.

Come si diceva in precedenza, questa prima edizione presenta contenuti particolari legati ad una fase ancora iniziale di sviluppo del Piano e della conseguente limitata disponibilità di elementi informativi. Essa è organizzata, tuttavia, già secondo lo schema che assumerà a regime: due sezioni, di cui una prima dedicata allo stato di avanzamento del PNRR (e di quello complementare) e una seconda centrata su temi di valenza generale legati alla verifica di efficacia degli interventi e che si ritiene meritevoli di un particolare approfondimento. Nella I Sezione si ricostruiscono i principali elementi del Piano, guardando al complesso degli interventi e alla calendarizzazione delle misure per Amministrazione responsabile. Ci si sofferma sugli aspetti generali della programmazione per leggere, per missioni e componenti, il quadro complessivo delle riforme e degli investimenti previsti e le altre principali caratteristiche in rapporto a quella che è stata, fino a prima della crisi pandemica, la spesa in conto capitale promossa dalle Amministrazioni centrali, direttamente o per tramite delle Amministrazioni territoriali e delle imprese. L’obiettivo è mettere in evidenza, oltre al numero degli interventi, al loro importo e alla programmazione finanziaria 2021-26, l’interazione delle iniziative proposte nel Piano con le attività esistenti e con le linee di politica economica che hanno finora portato avanti le Amministrazioni titolari.

Una particolare attenzione è poi riservata all’esame degli interventi per soggetti attuatori e alla proiezione territoriale delle responsabilità di realizzazione del Piano. Dimensioni che ben rappresentano la complessità della programmazione e le difficoltà che possono porsi ad una sua traduzione effettiva. Centrale nella lettura della strutturazione del Piano sono i contributi attesi dalle misure previste in termini di obiettivi trasversali (giovani, divari territoriali, parità di genere, DNSH – do not significant arm), a cui si aggiungono le valutazioni di coerenza con i Pilastri della politica europea secondo quanto previsto all’art. 3 del Regolamento RRF. Non di minor rilievo è, inoltre, la coerenza delle misure con quelle che sono le sfide dell’Italia di cui alle Country Specific Recommendations – (CSR) del Consiglio europeo. Un ultimo paragrafo è, infine, dedicato all’esame dei traguardi e obiettivi che accompagnano la traduzione effettiva del Piano negli anni fino al 2026. L’esame delle caratteristiche di questo insieme di passaggi restituisce il quadro di un processo attuativo scandito da molteplici elementi regolamentari, ripartizioni, accordi e linee guida, entro cui devono trovare collocazione vincoli realizzativi che presuppongono una forte collaborazione tra soggetti e livelli di governo per tutto l’orizzonte della previsione.

La seconda parte della I Sezione è diretta ad una verifica dell’attuazione del Piano. Essa è (e sarà) incentrata sul semestre concluso e sull’andamento delle realizzazioni effettive in quello in corso. Si tratta di valutare i progressi della programmazione e il rispetto sia degli obiettivi (target e milestone) concordati con le Autorità comunitarie, che di quelli secondari (ITA) a sola valenza interna, dal cui adempimento dipende il procedere entro i tempi previsti dell’intero progetto. All’esame dei risultati del secondo semestre del 2021 si affiancherà un primo quadro dei progressi registrati nei primi mesi del 2022.

Tra gli elementi alla base del controllo vi è senza dubbio quello dedicato alla verifica delle strutture che le Amministrazioni centrali titolari degli interventi dovevano costituire per assicurare il coordinamento delle attività del Piano. Oltre alla rispondenza a quanto previsto dall’articolo 8 del decreto-legge 77/2021 della struttura prescelta e alla verifica che la funzione di coordinamento e della gestione attuativa non incidano sulla funzione di controllo, particolare attenzione è dedicata alla sua adeguatezza sia in termini di numerosità che di competenza tecnico amministrative. Seguire il processo di attuazione, ed in particolare il coordinamento della gestione, il monitoraggio e la rendicontazione e controllo, sono compiti particolarmente delicati da cui dipenderà in misura rilevante l’efficacia del Piano. Di qui, l’esame delle dotazioni organiche ed effettive individuate e delle competenze (amministrative, economiche, tecniche) su cui si è basata la selezione. Una particolare attenzione è riservata, poi, alla definizione delle procedure oggetto del documento descrittivo del Sistema di Gestione e Controllo degli interventi, e la predisposizione del cronoprogramma delle azioni per ciascuna riforma e investimento. La verifica si estende alla definizione delle linee guida e istruzioni operative destinate ai Soggetti attuatori e a quelle adottate dall’Ufficio responsabile della funzione di monitoraggio a supporto dei Soggetti medesimi. La predisposizione dei documenti di programmazione da parte delle Regioni consente di estendere tale analisi anche agli enti territoriali.

Completa questo primo quadro sull’attuazione del Piano un esame delle procedure finanziarie adottate sia dal punto di vista della verifica del processo di realizzazione, sia da quello del controllo e della leggibilità dei risultati nei documenti contabili. Un tassello fondamentale del sistema informativo, ancora in definizione, non solo per la verifica del Piano, ma anche per una valutazione complessiva dell’azione di politica economica che si sta realizzando. Un approfondimento è, infine, dedicato alla gestione nel 2021 degli interventi “in essere”. L’esercizio di ricostruzione condotto dalla Corte (in mancanza di una indicazione ufficiale) dei capitoli di bilancio a cui si riferiscono gli interventi già operativi all’avvio del Piano e che sono stati in esso ricompresi, consente una prima valutazione degli impegni e dei pagamenti operati nell’esercizio. In allegato al capitolo un rapido focus sulla gestione nel 2021 del Piano complementare, del quale sono disponibili al momento i dati (ancora provvisori) relativi ai risultati della gestione.

In questa prima edizione sono contenuti, nella II Sezione, cinque temi di approfondimento. Il primo guarda alla situazione delle infrastrutture e degli investimenti pubblici prima dell’avvio del Piano. L’obiettivo è quello di ritornare su un tema noto, il ritardo accumulato dall’Italia in termini di dotazione infrastrutturale negli ultimi 20 anni, per leggere in questa luce le caratteristiche del Piano, soffermandosi sui tentativi di rilancio degli investimenti degli anni scorsi, le prime evidenze sugli andamenti nel triennio 2019-21 (prima del PNRR) e il quadro programmatico degli investimenti fissi lordi in Italia. Il secondo è, invece, dedicato all’esame delle tensioni nella filiera delle costruzioni e all’andamento dei prezzi.

Si tratta di un fenomeno (purtroppo non l’unico) di riscaldamento dei prezzi, destinato a incidere in misura rilevante sull’efficacia delle misure attivate e che rischia di depotenziare gli effetti attesi dal Piano. L’impatto sulle diverse filiere produttive più coinvolte nell’attuazione degli interventi programmati rappresenta (e rappresenterà) un elemento fondamentale di cui tener conto nella gestione delle misure e nella valutazione, entro i margini consentiti, di eventuali riprogrammazioni. Come da sempre sottolineato dalla Corte, uno dei punti di maggiore debolezza nelle capacità di tradurre in realizzazioni effettive gli investimenti infrastrutturali sta nella dotazione di capitale umano delle Amministrazioni pubbliche (centrali e territoriali). Essenziale la disponibilità di adeguati ruoli tecnici in grado di valutare e proporre le scelte infrastrutturali più necessarie per lo sviluppo e i servizi da garantire a cittadini e imprese, ma anche di tararne le realizzazioni sui bisogni effettivi e a preservarne la sostenibilità.

Le scelte operate in questa fase di avvio del Piano muovono in tal direzione, ma non sempre hanno conseguito, finora, i risultati attesi. Concludono l’esame, due approfondimenti sui servizi pubblici locali interessati dal PNRR: quelli relativi all’acqua e ai rifiuti. Si tratta primi esempi di analisi settoriale che troveranno spazio ricorrente nella Relazione per valutare non solo lo stato della realizzazione, ma anche la rispondenza delle scelte operate nella traduzione operativa alle effettive esigenze di miglioramento del servizio. 6. A regime, ferma rimanendo l’impostazione della II Sezione della Relazione, dedicata agli approfondimenti ritenuti via via più rilevanti, e consolidate le caratteristiche della Programmazione complessiva con l’identificazione puntuale dei progetti in essere e l’avvio delle nuove iniziative, maggior rilievo sarà dato al controllo sulla gestione degli interventi.

Oltre a confermare il monitoraggio dell’attuazione, con la verifica del rispetto sia delle scadenze europee che di quelle nazionali, il lavoro riguarderà:

  • l’operare delle strutture poste a presidio del monitoraggio, della gestione e della corresponsione delle risorse;
  • la coerenza dei programmi di intervento con quanto ci si attendeva in base al Piano.

Necessariamente a campione sarà la verifica della rispondenza ai criteri richiesti per l’ammissione al finanziamento dei progetti avviati ad esecuzione nel semestre e quella condotta sul complesso dei progetti già in corso d’opera, avendo a riferimento il rispetto delle condizioni poste alla base della selezione e la coerenza con l’obiettivo finale dell’intervento. Ciò sarà portato avanti ricorrendo all’estrazione, tra le misure approvate nel semestre e tra quelle già in corso di realizzazione, di due (distinti) campioni di interventi (estratti sempre avendo a riferimento i singoli CUP) e di cui verificare l’aderenza nell’attuazione alle caratteristiche richieste. Il controllo, è bene ribadirlo, mira a supportare il lavoro di verifica richiesto alle Amministrazioni responsabili, con ciò affiancandolo, integrandolo e rafforzandolo. In ogni fase la verifica dovrà assumere ad esclusivo termine di riferimento i criteri previsti per ciascun intervento e riguarderà anche il rispetto delle condizionalità associate alle misure (rispetto della parità di genere, dell’obiettivo dell’occupazione giovanile, della quota di risorse da destinare al mezzogiorno) e del DNSH. La segnalazione di eventuali discordanze, difformità o scostamenti rispetto agli obiettivi perseguiti o al cronoprogramma concordato in sede di definizione dell’intervento, saranno oggetto delle Relazione semestrale e di specifico avviso all’Amministrazione responsabile per l’attivazione delle correzioni necessarie. Il campionamento, a cura delle Sezioni riunite, sarà condotto garantendo una adeguata rappresentatività a livello di missioni/componenti e per aree territoriali. Alle verifiche saranno chiamate per competenza le diverse Sezioni di controllo della Corte. In particolare, ricadranno sulle Sezioni regionali di controllo la verifica dei progetti in esecuzione nelle rispettive Regioni. Sempre a campione le verifiche della Corte sulle strutture responsabili del controllo nelle Amministrazioni titolari volte a verificare l’operare di adeguati controlli di legalità e di rispetto dei principi contabili, la tracciabilità delle operazioni e la codificazione contabile, i criteri assunti per la scelta dei realizzatori (se diversi dalla Amministrazione responsabile), la regolarità della gestione delle procedure e delle spese, l’osservanza delle misure previste per prevenire, individuare e correggere le eventuali irregolarità, affiancando le Amministrazioni a cui è affidata l’esecuzione. Il controllo dovrà riguardare poi le scelte operate in termini di quote riconosciute a titolo di anticipazione o per quote intermedie o finali, ripercorrendo, anche in questo caso con una analisi necessariamente a campione, le scelte operate nei passaggi tra soggetti realizzatori, soggetti attuatori e Amministrazioni titolari. La verifica atterrà anche al rispetto degli elementi contenuti negli atti di finanziamento nei bandi nelle convenzioni previsti nei singoli interventi. Un elemento di rilievo sarà il rispetto dei contenuti “informativi” previsti nei documenti di base. Si tratta di un controllo diverso (è bene sottolinearlo) rispetto a quello operato sulla documentazione presentata ad attestazione della spesa a livello europeo. Verificare il rispetto di quanto previsto all’articolo 34 del Regolamento 2021/241 in termini di “adeguata visibilità ai risultati degli investimenti e al finanziamento dell’UE” significa non solo verificare che le Amministrazioni responsabili forniscano informazioni aggiornate sui progetti di loro competenza, ma anche l’attualità, la tempestività la completezza e la significatività delle informazioni fornite dai soggetti attuatori circa il procedere degli interventi e dei dati relativi all’impatto e agli effetti degli investimenti e/o delle riforme portate a termine. Per il buon risultato degli interventi sarà importante una verifica dei flussi informativi, non solo a presidio del raggiungimento di milestone e target previsti dalla programmazione europea, ma anche di quelli intermedi. È prevista la possibilità di utilizzare oltre a REGIS anche sistemi satellite già esistenti. Sarà indispensabile certamente che questi si interfaccino con quello principale, ma sarà anche importante disporre al più presto di una mappa completa di detti sistemi e dei controlli che sono stati operati sulle caratteristiche e responsabilità dei processi. Così, anche grazie alla rete nazionale delle Sezioni della Corte a livello territoriale, sarà importante verificare anche sotto questo profilo i controlli disposti in relazione ai soggetti attuatori sul rispetto degli indirizzi previsti dalla Struttura di missione. Le verifiche devono considerare, infine, i risultati e l’efficacia delle misurazioni previste dalla Cabina di regia sul fronte degli indicatori e il rispetto degli obblighi previsti per il monitoraggio degli interventi.

In questa prima Relazione 2022, nel primo capitolo, dopo aver richiamato i tratti salienti del PNRR, collocandoli anche nell’ambito del più complessivo panorama europeo, è stata sottolineata la scelta del legislatore di optare per un progetto molto vasto ed impegnativo considerati il numero di progetti messi in campo (283 o 320 incluso il Piano nazionale degli investimenti complementari – PNC) e le risorse coinvolte (il 38 per cento dei fondi complessivamente impegnati dal Dispositivo di Ripresa e Resilienza nel programma NGEU e il 74 per cento dei soli fondi erogati a titoli di prestito) ed è stato rimarcato il ruolo cruciale assegnato nella gestione del Piano alle Amministrazioni titolari. Si è quindi offerta un’ampia panoramica del loro coinvolgimento anche per i connessi risvolti su quanto previsto in punto di controlli: con un numero di interventi tra 39 e 65, se si considerano anche quelli finanziati dal Fondo complementare, sono tre le Amministrazioni maggiormente coinvolte: il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili (MIMS, con 65 progetti di cui 49 nel PNRR), la Presidenza del Consiglio (PCM, con 60 interventi di cui 55 nel PNRR) ed il Ministero della transizione digitale (MITD, con 39 progetti di cui 38 nel PNRR). A tali Amministrazioni sono riconducibili rispettivamente 40, 34,7 e 19,6 miliardi di risorse (che salgono a 49,5, 39,2 e 23,2 miliardi se si considerano anche i progetti finanziati con il Fondo complementare). Tuttavia, risulta diffuso ed ampio il coinvolgimento di tutti gli altri Ministeri, anche in veste di co-titolari, e con molti di essi che vedono crescere significativamente, almeno per taluni fronti di azione (missioni e programmi) risorse, impegni e responsabilità.

La scelta di puntare ad un Piano a largo spettro è ben evidenziata dai tanti ambiti coperti dalle riforme e dagli investimenti programmati: questi, snodandosi lungo sei Missioni (e 16 Componenti) puntano ad affrontare le sfide poste: a) dai processi di digitalizzazione e transizione ecologica e climatica; b) dagli avanzamenti nei nuovi paradigmi tecnologici, di cui è presupposto una crescita significativa delle conoscenze e della ricerca scientifica con i connessi risvolti in tema di politiche del lavoro; c) dall’aumento della resilienza dei sistemi di protezione sociale, a partire dalla tutela dei soggetti più fragili e dal rafforzamento del sistema sanitario duramente messo alla prova dalla pandemia. Uno spettro così largo è esso stesso testimone dello sforzo richiesto alle Amministrazioni in termini gestionali, anche considerati i tempi di gestazione dell’iniziativa NGEU particolarmente sfidanti. Un esame del rapporto tra la natura degli investimenti e delle riforme previste dal Piano e le attività preesistenti delle Amministrazioni ha messo in evidenza come in molti casi si è scelto di promuovere progetti che rappresentavano già parte integrante delle pregresse linee di sviluppo di lungo periodo e che potranno essere ora realizzate concretamente grazie all’allentamento (o al venir meno, nel caso dei fondi a sovvenzione) dei vincoli di bilancio. Tali elementi di continuità e punti di contatto lungi dal dover essere apprezzati negativamente possono rappresentare elementi di maggiore garanzia circa la possibilità di riuscire ad attuare efficientemente i tanti progetti previsti.

Gli effetti del PNRR sui saldi di finanza pubblica saranno sia diretti, ossia di primo impatto (strettamente correlati, questi, con alla natura dei fondi impiegati: sovvenzioni o prestiti), sia indiretti, nella misura in cui le iniziative poste in essere avranno successo sul piano macroeconomico e genereranno effetti “di retroazione” in termini di maggiore crescita e quindi minor deficit e debito, sia in valore assoluto sia in rapporto al prodotto interno lordo (per l’aumento del denominatore dei ratios). Gli effetti economici, ufficialmente stimati in un aumento del Pil pari, a fine periodo, al 3,6 per cento rispetto ad uno scenario di base senza PNRR (o 2,7/1,8 per cento sotto ipotesi tecniche più restrittive e tali da definire uno scenario medio o basso, rispettivamente), dipenderanno naturalmente anche da qualità, dimensione e timing degli interventi. Rileva la programmazione finanziaria sull’intero periodo, e ciò anche per l’influenza sulle aspettative degli operatori. I dati al riguardo evidenziano come già nell’esercizio 2021 erano previsti oltre 12 miliardi di risorse da attivare (15 considerando anche i fondi complementari). Ma è dal 2022 che ci si attende un’accelerazione, con una spesa annua programmata che raggiungerebbe i 27 miliardi per crescere ancora significativamente nel triennio successivo: a 36 miliardi nel 2023, a 44 nel 2024 e a 40 miliardi nel 2025. Nell’anno di chiusura del Piano il residuo da impiegare sarebbe invece pari a 30 miliardi. Il picco degli impieghi e dello sforzo in termini di capacità di spesa è atteso dunque per il biennio 2024-2025. 10. Importante è il contributo che il Piano ha la potenzialità di offrire al conseguimento di tutti i cosiddetti obiettivi trasversali. Si valuta che circa 123 miliardi sui 191,5 complessivi potranno concorrere alla crescita dell’occupazione dei giovani; che progetti per 149 miliardi dovrebbero avere un’incidenza sulla riduzione dei divari territoriali; che 114 miliardi dovrebbero contribuire all’affermazione della parità di genere. Quanto al rispetto del criterio di non arrecare danno all’ambiente (cosiddetto DNSH – do not significant harm), criterio a cui tutte le misure previste dal PNRR devono sottostare e del cui rispetto gli Stati membri sono tenuti a rendere conto, si stima che un gruppo di misure corrispondenti al 45,6 per cento dei fondi totali (87,3 miliardi) è disegnato in modo tale da garantire un contributo sostanziale (cosiddetto regime 1) mentre il 54,4 per cento (104,2 miliardi) garantisce l’esclusivo rispetto dei principi DNSH (regime 2). 11. Il Piano contribuirà in misura importante a tutti e sei i Pilastri che il Regolamento (UE) 2021/241 indica come fondativi dello stesso NGEU: la transizione verde, la trasformazione digitale: la crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva; la coesione sociale e territoriale; la salute e la resilienza dei sistemi istituzionali; le politiche per la prossima generazione. Parimenti rilevante sarà l’apporto previsto per superare le 12 sfide specifiche dell’Italia individuate dalla Commissione europea nell’ambito delle Raccomandazioni 2019 e 2020. Si valuta altresì che un contributo diretto anche alle cosiddette sfide comuni e ai sette programmi chiave (Flagship Programs) individuati in ambito europeo sarà fornito dal 56 per cento degli interventi (157 sui 283 totali) con 65 di essi correlabili all’obiettivo dell’ammodernamento, 35 a quello dell’aggiornamento delle competenze, 22 a quello dell’accensione di cui al Green Deal europeo (e del connesso obiettivo in materia di energie rinnovabili), 20 all’obiettivo della ristrutturazione. In termini di ammontare delle risorse coinvolte, i 114 miliardi allocabili riguardano per circa 39 miliardi il programma della ristrutturazione, per circa 18 miliardi ciascuno il programma dell’ammodernamento e dell’aggiornamento delle competenze, per 11 miliardi quello dell’accrescimento della scala e per importi minori gli altri tre programmi.

Muovendo verso gli aspetti di attuazione del Piano, nella parte finale del capitolo viene, da un lato, offerta una panoramica dei soggetti attuatori, i quali vengono distinti in base alla propria localizzazione (nazionale vs territoriale) e classificati per principali tipologie (Ministeri, Regioni, Agenzie pubbliche, ecc.); dall’altro, viene prodotta un’analisi di dettaglio dell’insieme dei traguardi e degli obiettivi che dovranno essere raggiunti dall’Italia nell’arco dell’intera vita del PNRR. Circa il primo punto l’esame effettuato porta a quantificare in 70 miliardi (37 per cento) la componente di progetti che trova attuazione a livello territoriale e in 121 miliardi (63 per cento) quelli i cui soggetti attuatori sono “nazionali”. Quanto al secondo aspetto l’analisi svolta mette in rilievo come gli obiettivi europei e nazionali assolvano a funzioni diverse ma complementari. I primi grazie alla loro cogenza per la corresponsione delle risorse finanziarie sono volti a rendere stringenti nel breve periodo i tempi di assunzione dei provvedimenti necessari a rendere solida la programmazione sui terreni chiave del disegno europeo. A ciò è funzionale la concentrazione nei primi semestri dei traguardi necessari a consolidare le condizioni su cui fondare il raggiungimento degli obiettivi del Piano (obiettivi da cogliersi prevalentemente nella fase finale del periodo di programmazione). I secondi sono pensati per assolvere ad una sorta di “sorveglianza interna”: stabilite le chiavi di volta degli interventi essi scandiscono il timing interno che garantisce il raggiungimento degli obiettivi concordati. La fitta rete di tali obiettivi mira ad assicurare il contributo che deve venire non solo dagli attuatori effettivi degli interventi ma anche da una efficace collaborazione tra diversi soggetti e livelli di governo, limitando esplicitamente i tempi di concertazione oltre che di assunzione di un adeguato quadro regolamentare. Soprattutto per alcune misure, è necessario che i soggetti tenuti all’attuazione degli specifici obiettivi sviluppino un dialogo istituzionale che se non adeguatamente coordinato potrebbe condizionare la buona riuscita della misura.

L’analisi svolta ha messo in rilievo come l’attuazione stia procedendo con il coinvolgimento di tutti i soggetti istituzionali senza aver accusato finora particolari ritardi. Sia nel primo semestre della programmazione (il secondo del 2021) sia in quello in corso, i target/milestone sono stati o sono in corso di attuazione. E ciò sia guardando a quelli necessari per il rispetto della programmazione concordata a livello europeo sia a quelli esclusivamente nazionali. Tutti conseguiti i primi 51 obiettivi dello scorso semestre, come peraltro recentemente riconosciuto dalla stessa Commissione europea; ad essi sono correlate 63 iniziative (22 per cento del totale), cui si associano risorse finanziarie per 46,5 miliardi (circa un quarto del totale del piano). Peraltro, a seguito del raggiungimento del primo set di obiettivi semestrali, possono ritenersi già ultimati 15 progetti (5,3 per cento del numero complessivo di iniziative, per complessivi 1,5 miliardi), per i quali non residuano ulteriori milestone o target da rendicontare nei confronti dell’Unione europea. Per gli obiettivi ITA, in assenza di un processo formalizzato di monitoraggio e rendicontazione, la ricognizione effettuata dalla Corte dei conti evidenzia un tasso di realizzazione più basso (69 per cento), sebbene in alcuni casi il conseguimento dell’obiettivo intermedio interno possa ritenersi assorbito nel raggiungimento del correlato traguardo europeo. Nel semestre in corso l’avanzamento del Piano impone ulteriori 45 obiettivi europei, sei dei quali risultano allo stato già conseguiti. I nuovi milestone/target in scadenza interessano ulteriori 50 progetti del PNRR, portando così a 113 il numero di iniziative attivate da obiettivi europei (pari a quasi il 40 per cento del totale), con risorse finanziare per 79 miliardi (41 per cento del totale). A ciò si aggiungono, nel semestre in corso, 70 obiettivi intermedi nazionali e ulteriori 55 target legati ai progetti finanziati con il Fondo complementare.

Particolarmente intenso, oltre che denso di complessità, l’avvio delle riforme, siano esse “di accompagnamento” o “abilitanti”. Ancora preliminari i passi compiuti in campi da cui sono attesi, nel prossimo futuro, risultati di rilievo, non solo per il rispetto degli obiettivi concordati a livello europeo, ma, soprattutto, per la crescita del Paese. Si pensi, ad esempio, alla riforma dell’amministrazione finanziaria che, per potersi tradurre in miglioramenti di carattere strutturale e permanente del sistema fiscale, richiede ulteriori interventi che allo stato attuale risultano ai margini della strategia delineata. Ma anche al miglioramento delle procedure amministrative per incoraggiare il rispetto degli oneri fiscali da cui sono attesi risultati tangibili entro la fine dell’anno in corso (aumento delle lettere di conformità, un incremento di gettito con esse ottenuto di almeno il 15 per cento) che risulta allo stato in una “fase di sostanziale valutazione e programmazione operativa delle azioni e delle misure da intraprendere”. Analoghe considerazioni valgono in riferimento alla Riforma fiscale “di accompagnamento” al Piano i cui contenuti non si presentano ancora compiutamente delineati per quanto attiene, in particolare, alla portata dell’opzione per un modello effettivamente duale, alla riforma del sistema catastale ed alle misure volte alla razionalizzazione del sistema di agevolazioni fiscali. In essa non si affronta la riforma delle procedure di riscossione dei tributi che, come più volte segnalato dalla Corte, dovrebbe costituire un intervento di assoluto rilievo nella complessiva strategia di contrasto all’evasione. Ancora iniziali i passi compiuti in relazione alla riforma del quadro di revisione della spesa pubblica (spending review): istituito il Comitato scientifico, si prevede di definire gli obiettivi quantitativi da cogliere nel triennio 2023-25, ma senza ancora individuare modalità e aree di intervento specifiche. Il tempestivo rilancio del ciclo di spending review costituirà il presupposto per recuperare margini di risparmio utili a garantire un sentiero di rientro dai livelli di spesa pubblica legate alla fase emergenziale.

Trattasi, in tutti i casi, di riforme da cui dipende maggiore equità e un miglioramento della competitività del sistema produttivo, risultati ancora più importanti a fronte di un quadro macroeconomico in cui cresce l’incertezza in relazione alle tensioni internazionali.

L’esame che si è potuto effettuare, tuttavia, è ancora limitato: manca, anche in ragione di un più lento avvio rispetto alle previsioni del sistema informativo, un quadro complessivo degli interventi specifici relativi alle misure “in essere” transitate nel Piano, un bilancio dei risultati ottenuti in importanti investimenti già avviati e che, quindi, hanno continuato a procedere anche al di fuori della griglia dei milestone/target previsti in questa prima fase. Inoltre, i dati al momento disponibili relativi ai progetti complementari indicano un avanzamento solo parziale di quanto originariamente programmato: solo poco più del 50 per cento delle somme stanziate sono state impegnate e pagate. Non può essere trascurato, poi, che la forte crescita delle somme previste dal PNRR e dal Piano complementare si innesta su una spesa in conto capitale fortemente aumentata negli anni della crisi sanitaria e che, specie in alcune Amministrazioni, ha visto un forte incremento degli oneri gestionali. Tra il 2019 e il 2021, al netto di quanto previsto per nuovi interventi dai Piani, la spesa in conto capitale è passata da 47 miliardi a 95 miliardi. Nel bilancio per il triennio 2022-24 gli stanziamenti rimangono su livelli elevati (85 miliardi nel 2022, per stabilizzarsi tra i 79-80 miliardi nel biennio successivo). A tali importi si dovrebbero aggiungere quelli ulteriori attivati dai Piani: 22,4 miliardi nel 2022, rispettivamente 30 e 37 nel biennio successivo. Uno sforzo realizzativo notevole soprattutto perché legato ad una programmazione di risultato molto “vincolata”. Anche da questo punto di vista sono fondamentali, quindi, la disponibilità di strutture amministrative adeguate, una capacità progettuale in grado di assistere e guidare i soggetti attuatori, un efficace coordinamento tra livelli di governo, un quadro regolamentare efficace e rapido. Su questi fronti, che pur registrano segnali positivi, persistono lentezze nell’attuazione importanti. Nei tempi previsti il processo di aggiornamento della normativa degli appalti sia sul piano delle misure temporanee con efficacia immediata, sia sul fronte della revisione strutturale del codice, riprendendo un filo riformatore che porti ad un assetto regolamentare stabile del settore, anche attraverso una valutazione di efficacia delle disposizioni di semplificazione medio tempore introdotte, ai fini di una loro eventuale stabilizzazione. Consistenti anche i progressi maturati nel campo del rafforzamento della capacità amministrativa, attraverso i piani di assunzione specificamente previsti dal d.l. n. 80/2021, e in quello delle misure di semplificazione delle procedure amministrative, con le disposizioni contenute nel d.l. n. 77/2021 e nel d.l. n. 152/2021. Trattasi di aspetti centrali rispetto all’obiettivo di velocizzazione delle fasi decisionali della PA che richiederanno, tuttavia, fisiologici tempi di consolidamento per espletare appieno i propri effetti.

Più lenta di quanto auspicabile è invece l’implementazione, all’interno delle singole Amministrazioni responsabili, delle strutture tecniche di coordinamento delle attività del PNRR. Se, da un lato, sono stati adottati gli atti regolamentari concernenti la relativa istituzione e articolazione, dall’altro lato non altrettanto tempestivamente si è proceduto al completamento delle dotazioni organiche delle strutture in discorso, in particolare con riguardo alle posizioni dirigenziali per le quali risultano ancora da finalizzare circa il 40 per cento degli affidamenti di incarichi. Non mancano peraltro casi di scopertura pressoché integrale delle posizioni dirigenziali, con il conseguente rischio che le difficoltà organizzative possano tradursi in ritardi o ostacoli all’implementazione dei progetti. Ciò peraltro è già percepibile nel basso tasso di compliance, da parte delle strutture tecniche, rispetto all’adozione della documentazione gestionale, in particolare relativa alla definizione del sistema di gestione e controllo delle procedure e all’elaborazione dei cronoprogrammi delle azioni. Ancora limitata la disponibilità di strutture tecniche a sostegno delle riforme centrali e delle capacità progettuali delle Amministrazioni territoriali. Una capacità, quest’ultima, non surrogabile, pena la perdita dei fondi o la necessità di riprogrammare gli interventi, con il ricorso a quote di riserva. Difficoltà peraltro accentuate, nel caso degli enti territoriali e, più in particolare, di quelli del Mezzogiorno, dal grado di concentrazione temporale dei bandi di selezione dei progetti e di assegnazione delle risorse, in particolare a partire dal mese di dicembre 2021, con intervalli di partecipazione particolarmente stringenti (in media circa due mesi). Sarà, al riguardo, fondamentale che l’ampia gamma di strumenti di assistenza tecnica e di rafforzamento della capacità tecnico-amministrativa delle realtà territoriali sia prontamente disponibile. In questo senso, quindi, si muove nella giusta direzione la recente istituzione, da parte della Ragioneria generale dello Stato, di uno specifico tavolo tecnico di coordinamento, proprio dedicato alle azioni di assistenza tecnica. Infine, i tempi ristretti per l’attuazione hanno portato in più casi a concentrare gli investimenti sull’edilizia e sul sostegno dell’innovazione attraverso acquisizione di attrezzature con il ricambio del parco tecnologico. Modalità che rispondono all’esigenza di rispettare i tempi essendo quelle più facilmente cantierabili. Andrà attentamente monitorata l’implementazione di tali strutture in rapporto alle necessità effettive evitando che esse non trovino utilizzazione; ma anche che scelte non condivise scarichino sul futuro (oltre all’orizzonte del piano) oneri correnti di natura permanente di cui sarà necessario individuare coperture adeguate.

Nel primo capitolo della II Sezione della relazione si offre un’analisi della situazione degli investimenti pubblici. Si considerano dapprima le evoluzioni di lungo periodo, anche attraverso un confronto con i principali Paesi europei, evidenziando il forte ritardo accumulato dall’Italia nella dotazione infrastrutturale. Tra il 2007 e il 2019 gli investimenti hanno visto una riduzione cumulata del 29 per cento in termini reali, tale che i nuovi flussi non sono stati sufficienti a compensare l’ammortamento dello stock di capitale. A ciò si è accompagnato la mancanza di manutenzione delle infrastrutture esistenti determinando un grave deterioramento della nostra dotazione, di cui si è avuta una crescente consapevolezza negli anni scorsi.

Tali andamenti riflettono i noti divari territoriali, ma sono altresì riconducibili agli effetti sull’accumulazione pubblica delle politiche di riduzione dell’indebitamento, in un contesto in cui altre voci della spesa risultavano difficilmente comprimibili, mentre l’andamento delle entrate risultava penalizzato dalla debolezza della crescita. Esso è in parte anche legato ai limiti nella capacità di progettazione e realizzazione, soprattutto da parte degli enti locali che hanno un ruolo importante nella realizzazione delle opere pubbliche, come pure alle difficoltà relative alle normative e all’incertezza innescata dai continui cambiamenti nelle regole relative alla finanza degli enti locali, che hanno scoraggiato i programmi di spesa più ambiziosi, che richiedono una programmazione di medio termine. La fase di caduta degli investimenti pubblici sembra essersi esaurita nel 2018 e nell’ultimo triennio si è assistito a un consistente recupero (+27 per cento la crescita cumulata reale), portando la quota sul Pil al 2,9 per cento, poco sotto il livello degli anni precedenti la crisi finanziaria. Lo spartiacque rappresentato dai risultati del 2019 poggia sugli effetti di interventi normativi che hanno interessato due ambiti cruciali per la spesa pubblica in investimenti: la regolamentazione degli appalti pubblici e le regole di bilancio degli enti locali, con il superamento del Patto di stabilità interno, la concessione di spazi finanziari, il crescente contributo al finanziamento di opere pubbliche nell’ambito dell’edilizia scolastica e della messa in sicurezza di edifici e territorio. Da una analisi basata sulla banca dati SIOPE emerge come, nonostante l’aumento della quota degli investimenti effettuati dallo Stato, riconducibile alle misure adottate per stabilizzare l’economia durante l’emergenza, tutti i soggetti istituzionali hanno aumentato, nel periodo, i propri investimenti. Disaggregando la spesa dell’ultimo anno per area geografica, si rileva una dinamica più vivace nelle Isole e al Nord-ovest a fronte di una più contenuta nel Nord-est. Quanto alla composizione settoriale, a livello territoriale non si rilevano particolari differenziazioni, a significare di come le linee di finanziamento individuate a livello centrale, indirizzando le priorità strategiche di sviluppo, impattino proporzionalmente su tutti gli enti in modo uniforme: la messa in sicurezza del territorio e degli edifici pubblici con priorità per quelli scolastici, lo sviluppo delle capacità progettuali, lo sviluppo sostenibile in cui rientra anche l’efficientamento energetico e la mobilità. La fase di crescita degli investimenti pubblici italiani, che è in atto dal 2019, si rafforzerà nei prossimi anni grazie alle risorse messe in campo dal PNRR. Se quest’esito è scontato, anche perché esplicitamente assunto fra gli obiettivi del Piano, non è tuttavia ancora definita per intero la progressione temporale con cui l’accelerazione degli investimenti prenderà corpo. Guardando alle indicazioni più recenti contenute nella NaDEF 2021, il Piano viene disaggregato per singoli anni, distinguendo fra spese correnti, investimenti, altre spese in conto capitale e riduzione di entrate. Il periodo considerato è tuttavia solo il 2020-2024, lasciando scoperto l’ultimo biennio. Le indicazioni fornite si riferiscono inoltre ai soli interventi finanziati dal DRR – Dispositivo di ripresa e resilienza – e sebbene distinguano tra sovvenzioni e prestiti, per quest’ultimi non riportano la componente relativa ai nuovi progetti e quella degli interventi sostitutivi già scontata nei profili tendenziali. Anche questo è un elemento di indeterminatezza che andrà sciolto in parallelo con la progressiva attuazione del Piano.

Tenuto conto di tali elementi, nel quarto paragrafo vi è una prima ricostruzione sulla base delle fonti ufficiali a oggi disponibili dell’impatto atteso dal PNRR in ciascuno degli anni dal 2020 al 2024. Il percorso programmatico dell’accumulazione pubblica, esplicitato nella NaDEF con riferimento alle spese finanziate a valere sul DRR, viene esteso a comprendere le risorse del Fondo complementare e del programma React-EU. A fronte di investimenti finanziati attraverso il RRF pari a oltre 15 miliardi quest’anno, 21,6 miliardi nel 2023 e 34,4 miliardi nel 2024, la componente finanziata attraverso il Fondo complementare risulterebbe pari a 4,7 miliardi nel 2022, a 4,3 miliardi nel 2023 e a 3,5 miliardi nel 2024. In termini cumulati, il PNRR finanzierebbe nel periodo investimenti per complessivi 93,5 miliardi, di cui circa 80 miliardi attraverso il DRR e quasi 13,5 miliardi con il Fondo complementare. La componente propriamente aggiuntiva degli investimenti finanziati dal PNRR è pari nelle stime a quasi 11 miliardi nel 2022, a circa 15,8 miliardi nel 2023 e a 24 miliardi nel 2024, per un valore cumulato di 56,9 miliardi.

Tra il 1997 e lo scoppio della pandemia, il settore delle costruzioni in Italia ha sperimentato diverse fasi del ciclo economico: prima, fino alla crisi finanziaria, un boom di investimenti nel settore e una reazione ancora più vigorosa dei prezzi, e, successivamente, una forte contrazione in termini reali e nominali, protratta fino al 2015. A partire da quell’anno, tuttavia, il settore ha cominciato ad attraversare una lenta e graduale ripresa, più nei volumi che nelle quotazioni, poi bruscamente interrotta dall’emergenza pandemica da Covid-19 nel 2020. Il conseguente sconvolgimento delle modalità di lavoro e degli stili di vita, unitamente ai generosi incentivi fiscali, ha permesso di riprendere la crescita già nell’estate del 2020 con ancora più forza, non supportata però dall’offerta, indebolita da scarsità di materiali e professionisti. Secondo recenti previsioni (Unioncamere), le assunzioni previste di operai specializzati nell’edilizia e nella manutenzione degli edifici e di personale generico nelle costruzioni saranno particolarmente difficili; soprattutto nel primo caso, per mancanza di candidati e preparazione inadeguata. Dopo diversi anni di contrazione, ad oggi il settore appare impreparato sia per il numero di imprese che per la loro dimensione.

Il pubblico impiego ha un ruolo importante per la realizzazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, dato che l’attuazione dei diversi progetti che lo compongono richiede una capacità amministrativa e gestionale adeguata, a livello sia di Amministrazioni centrali che Locali. Negli ultimi anni, però, la consistenza del personale della PA ha sperimentato un’importante contrazione, per effetto delle diverse misure di controllo della spesa pubblica e in particolare del c.d. blocco del turnover, che ha limitato le assunzioni di nuovo personale in sostituzione di quello cessato per pensionamento. Tra le conseguenze di tali misure, oltre alla riduzione numerica delle unità di lavoro occupate nell’Amministrazione pubblica, c’è anche l’aumento dell’età media del personale, che ora è tra i più vecchi nei Paesi occidentali. Inoltre, il mancato rinnovo del personale ha limitato l’ingresso di figure professionali nuove, maggiormente adeguate alle nuove e pressanti esigenze della PA. Nel 2020, sul totale dell’occupazione della PA, i laureati in giurisprudenza e in economia rappresentavano il 13 per cento; le lauree in materie tecniche (ingegneria, architettura, urbanistica) erano invece possedute solo dal 3,9 per cento degli occupati mentre, considerando le professionalità attualmente molto richieste nel mercato del lavoro, per effetto della necessità di governare i cambiamenti tecnologici, come la transizione digitale in corso (includendo quindi anche chimica, fisica, matematica, statistica, informatica, scienze biologiche, biotecnologie) la percentuale raggiungeva il 5,6 per cento. Con le misure assunte di recente si è fatto uno sforzo importante, dopo anni di vincoli all’assunzione di nuovo personale. Per rendere maggiormente attrattivo l’impiego pubblico, specie per le figure con elevata competenza tecnica, si è prevista anche l’istituzione di un’ulteriore area funzionale, destinata al personale di alta qualificazione specialistica, intermedia tra i funzionari e i dirigenti. Passi importanti di cui si dovrà valutare l’efficacia.

Con l’attuazione del PNRR il servizio idrico integrato italiano è chiamato a chiudere i divari ereditati dal passato e a porre le basi per affrontare le sfide poste dai cambiamenti climatici, dalla riduzione nella disponibilità della risorsa idrica e dalla tutela dell’ambiente. Molti passi avanti sono stati compiuti dal 2012 con il mandato di regolazione conferito ad ARERA e con l’istituzione della “gestione unica” d’ambito territoriale ottimale nel 2014. Ma ai progressi delle Regioni del Centro-Nord si sono accompagnati solo deboli progressi in talune realtà del Mezzogiorno, e segnatamente in Campania, Molise, Calabria e Sicilia. I dati che caratterizzano il water service divide mostrano chiaramente che i maggiori ritardi affliggono i territori in cui il riassetto della “catena di comando” non si è ancora conclusa, dove mancano operatori industriali e persistono le gestioni dirette dei Comuni. In questi territori, le inerzie e le inadempienze, sia degli Enti pubblici locali, sia delle Regioni, hanno inibito sino ad oggi lo sviluppo del settore. Ancora di recente, la società pubblica partecipata dallo Stato e dalle Regioni voluta dalla legge di stabilità per il 2018 per rimettere in sesto l’approvvigionamento idrico nel Distretto dell’Appennino Meridionale è rimasta lettera morta. Il water service divide nella gestione e nella erogazione del servizio idrico si è dunque ampliato facendo emergere in modo chiaro l’esigenza di una iniziativa centrale dedicata al Mezzogiorno. Il PNRR ha indicato altresì un palinsesto di riforme e di linee di investimento volte a ricucire le distanze. Tra la fine del 2021 e i primi mesi del 2022 diverse misure hanno trovato applicazione o avvio. Rimangono, tuttavia, aspetti che dovrebbero essere rinforzati in tempi celeri per non pregiudicare l’accesso ai fondi del PNRR e perdere l’opportunità di rilancio. Si tratta, in particolare, di accelerare i tempi per la costituzione della società dell’approvvigionamento idrico del Mezzogiorno, quale soggetto abilitatore degli interventi necessari e la gestione dei trasferimenti di risorsa idrica tra le Regioni del Mezzogiorno; della previsione di termini perentori per l’affidamento ai gestori unici d’ambito e l’attivazione di misure di enforcement a garanzia di tale rispetto, con profili sanzionatori per le Amministrazioni inadempienti; di una iniziativa a forte valenza centrale che preveda affidamenti transitori a soggetti dotati di adeguate capacità industriali e organizzative per superare lo stallo dei mancati affidamenti al gestore unico, o comunque di supporto all’avvio nel caso di operatori affidatari costituiti ex-novo, al fine di garantire l’acceso ai fondi del PNRR e la realizzazione degli opere. Nei prossimi anni il settore della gestione del ciclo dei rifiuti sarà interessato da profondi mutamenti, in particolare con l’implementazione delle politiche e strategie di derivazione comunitaria finalizzate a sostanziare l’economia circolare. Diversi ostacoli ancora frenano una gestione efficace ed efficiente dei rifiuti nel Paese. Basti pensare ai deficit territoriali di talune frazioni critiche di rifiuto, come il rifiuto indifferenziato e l’organico, o al mancato completamento della governance su tutto il territorio nazionale. O ancora, all’eccessiva lunghezza delle tempistiche nella realizzazione delle opere preposte alla gestione delle diverse fasi del ciclo, in particolare per il trattamento/smaltimento, anche a causa dei fenomeni NIMBY e NIMTO particolarmente pronunciati, e ai divari di qualità del servizio. Relativamente alle disposizioni contenute nel PNRR, per il settore dei rifiuti, a prevalere, è il pilastro delle riforme, dal momento che non sono stati previsti rilevanti investimenti infrastrutturali, stante una dotazione di appena 2,1 miliardi di euro. Decisivo sarà dunque l’apporto offerto dai tre interventi riformatori settoriali: la Strategia Nazionale per l’Economia Circolare, il Programma Nazionale per la Gestione dei Rifiuti e il supporto tecnico alle Autorità locali. Circa lo stato di avanzamento del Piano per i rifiuti, il primo semestre del 2022, e in particolare il secondo trimestre, rappresenta un momento cruciale, dal momento che verranno definiti compiutamente i contenuti delle riforme e dovrebbe iniziare a delinearsi un quadro più chiaro in merito agli interventi infrastrutturali. Quanto meno per la Strategia e il Programma nazionali, le informazioni rese disponibili con le versioni preliminari delle riforme consentono di delineare un buon punto di partenza. Tuttavia, è parso opportuno suggerire alcuni sviluppi che, se recepiti, potrebbero consentire una maggiore efficacia delle riforme. Parimenti, circa gli investimenti, è occorsa una proroga di un mese nel lasso di tempo entro cui inviare le domande, a causa delle poche proposte avanzate dal Mezzogiorno, l’area ove è maggiore la carenza infrastrutturale. La proroga ha consentito di accrescere il valore delle richieste complessive e, segnatamente, di quelle provenienti dal Mezzogiorno. Sarà fondamentale che gli impianti vengano prima individuati e, successivamente, realizzati, nel limite dei tempi stringenti dettati dall’attuazione del PNRR, proprio a partire dalle aree del Paese a maggiore fabbisogno.

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