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[L’intervista] Pietro Antonio Patanè (Presidente ANMA): «La vaccinazione nelle aziende sarà possibile solo su organizzazioni di scala; le realtà più piccole dovranno necessariamente consorziarsi»

Pietro Antonio Patanè è stato eletto a novembre 2020 Presidente di ANMA, l’Associazione Nazionale Medici di Azienda e Competenti che raccoglie mille medici competenti in tutta Italia. Lo abbiamo intervistato per capire lo stato di avanzamento sulla possibilità della somministrazione dei vaccini nelle aziende.

La somministrazione dei vaccini in azienda è un’ipotesi sempre più concreta. Come funzionerà?

In alcune Regioni, seguendo le indicazioni del Piano Vaccinale Nazionale, c’è una accelerazione per arrivare a fare le vaccinazioni nelle realtà produttive quando ci sarà una disponibilità di vaccini ampia.

Sono stati firmati dei protocolli con le Rappresentanze Associative Imprenditoriali e di Lavoratori e, attraverso dei Tavoli Tecnici, sono stati formulati dei Disciplinari per delineare le condizioni tecniche e sanitarie per offrire la vaccinazione nelle realtà lavorative.

C’è un comprensibile interessamento anche da parte delle strutture centrali dello Stato per includere i luoghi di lavoro come aree vaccinali e non è da escludere che anche da questi Organi arrivino delle indicazioni in merito.

I disciplinari fino ad oggi formulati (Lombardia e Veneto) prevedono un inquadramento delle vaccinazioni in ambito di Salute Pubblica e la partecipazione di Aziende tramite gli Organi Associativi. Poi sono richiesti alcuni requisiti e adempimenti che, a mio avviso, si adattano ad aziende di dimensioni congrue e con risorse organizzative ed economiche significative.

Lo scopo di portare le vaccinazioni in azienda è quello di ampliare la platea dei vaccinati e questo può avvenire su organizzazione di scala; realtà più piccole, per accedere a questa possibilità, dovranno necessariamente consorziarsi. È d’altronde impensabile che i 25 milioni di lavoratori in Italia possano farlo tramite la soluzione aziendale.

Quali sono i requisiti per cui un’azienda potrà aderire?

Innanzitutto, la disponibilità del proprio medico competente o di Servizi Sanitari Privati.

Altro requisito importante ma non vincolante è la numerosità della platea dei lavoratori da vaccinare: come dicevo, l’impegno richiesto in termini organizzativi ed economici non è alla portata di tutti.

L’adozione dei disciplinari, seppur formulati in termini volutamente non dettagliati, richiede un impegno su questi punti: l’informazione ai lavoratori, il reclutamento di quelli che aderiscono, la documentazione in termini di Privacy, consenso e raccolta di dati sanitari, l’individuazione di spazi idonei e sufficientemente grandi per accogliere più vaccinatori, un piano di gestione delle emergenze, la registrazione delle vaccinazioni effettuate.

Un ruolo importante potranno e dovranno averlo i collaboratori sanitari abilitati alla somministrazione del vaccino e i Centri di Servizi Sanitari Privati, che con la loro organizzazione potranno affiancare il medico competente.

Su questi punti, il medico e le aziende dovranno impegnarsi accuratamente per rendere fluido il processo vaccinale e allo stesso tempo offrire tutte le garanzie del caso.

Il coinvolgimento dei medici competenti nella vaccinazione avverrà su base volontaria? Ritiene che ci sarà una buona adesione?

Sia nei documenti che, come Anma, abbiamo pubblicato, sia nei tavoli istituzionali, la libera adesione del Medico Competente è stata affermata con decisione. Questa volontarietà tiene conto della libertà professionale, non trattandosi di un’attività propria del Medico Competente e della responsabilità professionale: il Medico Competente valuta le caratteristiche dell’Azienda e quindi esprime una sua adesione in base alla presenza o meno di condizioni necessarie.

Tra i medici competenti ci sono molte domande e anche perplessità sulla praticabilità di questa attività in azienda con garanzia per le condizioni di sicurezza; d’altro canto molte aziende e sicuramente le più grandi sono orientate ad abbracciare questa possibilità al fine di rendere meno precaria la sicurezza in azienda riguardo al Covid.

In un contesto di utilizzo di vaccini ‘nuovi’, la mancanza di uno scudo penale e l’incertezza sulle coperture assicurative non favoriscono l’adesione del Medico Competente che  assume la responsabilità del processo vaccinale.

Regione Lombardia ha già firmato un protocollo d’intesa con Anma, Confindustria e Confapi, e altre regioni si stanno muovendo nella stessa direzione. Qual è stato il contributo di Anma nel raggiungimento dell’intesa?

Anma, Associazione Nazionale Medici di Azienda e Competenti, è una Associazione Scientifica e come tale assume delle posizioni, indica dei contenuti, formula delle proposte. Questo è stato il suo unico ruolo e solo in questa veste continua a partecipare ai tavoli e ai consessi. Certo, la nostra è una Associazione viva il cui contributo non è solo teorico ma nasce dall’esperienza di 1000 medici associati che, inseriti nel contesto aziendale, conoscono profondamente dinamiche e problematiche dei luoghi di lavoro. Insomma, parliamo di ciò che conosciamo.

Quali sono i prossimi passi perché questa iniziativa possa partire?

Ritengo che dove c’è già la disponibilità del ticket Medico Competente e azienda, si debba partire; questo sarà utile per valutare fattibilità e punti critici.

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