A cento giorni esatti da quello che, il prossimo primo luglio, dovrebbe essere il suo debutto, Massimo Calvi su Avvenire si occupa dell’Assegno unico e universale per i figli a carico.
«Usiamo il condizionale – premette Calvi – perché questo impegno, scritto nella Legge di Bilancio (e che di per sé è già un rinvio rispetto alla promessa iniziale del primo gennaio 2021) rischia di conoscere l’ennesimo slittamento».
«In tal caso si tratterebbe di un messaggio negativo oltre che di un segnale preoccupante. L’Assegno unico e universale è qualcosa di molto semplice, sull’esempio di quanto già esiste nella maggior parte dei Paesi europei».
«Si tratta di un benefit pagato a tutti i genitori per ogni figlio a carico, dal settimo mese di gravidanza fino ai 21 anni, con una parte fissa universale e una legata al reddito Isee della famiglia, fino a un massimo di circa 250 euro al mese a figlio».
«La sua “unicità” dipende dal fatto che dovrebbe riunire in un solo contributo anche le attuali detrazioni per i figli a carico e gli altri bonus legati alla prole. Al di là dei dettagli sulle cifre e sull’importo definitivo, si capisce che questa riforma ha le caratteristiche per essere definita epocale».
«Cento giorni, dunque, possono essere pochi, ma anche moltissimi, a seconda delle priorità che intende darsi la politica di fronte a uno strumento pensato per sostenere economicamente le famiglie con figli e per tentare di contrastare almeno un po’ la crisi demografica che ha investito l’Italia più di altri Paesi».
«In questo lasso di tempo si deve trovare il modo, infatti, di far approvare la legge delega al Senato e poi predisporre i decreti delegati da sottoporre alle Commissioni prima del via definitivo. L’ostacolo maggiore, al momento – conclude Calvi – sembra però essere anche un altro, e riguarda le poche risorse stanziate inizialmente, 6 miliardi annui a regime».