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[Lo scenario] Siamo sull’orlo della recessione e l’inflazione è arrivata al picco massimo. Ecco cosa può succedere

Cosa potrebbe far tornare agli investitori la voglia di rischiare? Dopo 4 mesi, particolarmente sfiancanti per i nervi degli investitori, il mercato è entrato in una fase di lateralizzazione caratterizzata da una volatilità sempre elevata, ma una de-escalation del conflitto Russia-Ucraina potrebbe sostenere l’appetito per le azioni europee. Invece di elaborare scenari più o meno tangibili sull’evoluzione del conflitto, è più utile concentrarsi sui 3 principali catalizzatori che potrebbero far tornare l’appetito per il rischio agli investitori.

1. Un notevole calo dell’inflazione che comporti una politica meno austera da parte delle banche centrali. Questo catalizzatore appare evidente, considerando come l’inasprimento delle condizioni finanziarie ha depresso gli operatori.

2. Una ripresa dell’economia cinese trainata da una riapertura e da uno stimolo fiscale pronunciato. Gli utili europei in effetti sono particolarmente esposti alla crescita cinese, sia direttamente con i redditi generati in Cina, che indirettamente con la catena d’approvvigionamento. Per questo, la riapertura progressiva di Shanghai è una buona notizia e le recenti spese infrastrutturali dovrebbero contribuire a sostenere l’economia cinese e, di conseguenza, il consumo di prodotti europei.

3. Aziende che riescono a mantenere i propri margini, smentendo i pronostici più negativi. Il consenso prevede che l’utile per azione delle aziende europee aumenterà del 13% in media quest’anno e del 7,6% se escludiamo i settori legati alle materie prime. Si tratta di dati nettamente superiori a quelli di inizio anno, quando si prevedeva un aumento massimo del 7%. Tuttavia, la traiettoria dell’economia e soprattutto l’applicazione di una politica monetaria meno accomodante ci convince ad essere più prudenti del consenso.

Certo, se l’economia europea non dovesse cadere in forte recessione, c’è la possibilità che l’ondata di deterioramenti prevista non si verifichi, poiché la compressione dei margini potrebbe essere parzialmente compensata da ricavi più significativi. È necessario però sottolineare che, se il crollo dei prezzi è probabilmente finito (siamo vicini al picco d’inflazione), il rischio che si trasformi in un calo giustificato dalla flessione negli utili è sempre più probabile. Più rapido sarà il calo dell’inflazione, più miglioreranno le valorizzazioni grazie al calo dei tassi. Ma, se il calo dell’inflazione significa anche recessione, gli utili ne risentiranno parecchio e faranno molto più che semplicemente compensare l’effetto positivo dei tassi. Per ora, non esiste ancora un consenso su una recessione globale dell’economia. Purtroppo, però, non è necessario che l’economia entri in recessione per osservare un calo negli utili.

Perché? La risposta sta nel concetto di leva operativa. Le vendite possono essere volatili, ma i costi (dominati dagli stipendi) sono fissi e ci mettono molto più tempo ad adattarsi. Se la crescita delle vendite è superiore a quella dei costi, l’effetto leva sulla crescita degli utili diventa considerevole. È la magia dell’effetto della leva operativa. Se, però, avviene il contrario, la magia diventa incubo. L’effetto della leva operativa s’inverte e gli utili crollano. Meglio, perciò, limitare il peso delle società più cicliche, ad eccezione di quelle di servizi, che approfitteranno moltissimo della riapertura dell’economia dopo l’ondata Omicron. Troppo presto per riposizionarsi in modo significativo sulle azioni europee. L’Europa è già in stagnazione e sull’orlo della recessione nei prossimi trimestri.

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