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[Lo scenario] L’Italia eviterà la recessione e ridurrà il debito pubblico. La promessa del ministro dell’Economia

Se riuscirà a sfuggire ai “grossi rischi” legati alla guerra e ai prezzi energetici, l’Italia riuscirà a evitare la recessione e a ridurre il debito anche quest’anno dopo il calo di oltre quattro punti di Pil nel 2021. A sostenerlo è Daniele Franco è al suo esordio al Forum economico mondiale come ministro dell’Economia. E sono tante le domande che gli piovono addosso nei due panel cui partecipa a Davos, in una fase economica dominata dalle incertezze della pandemia prima, della guerra e dei violenti rialzi energetici poi. Il ministro preferisce parlare di «resilienza» e «imprese e famiglie che resistono».

Grossi rischi, ma rimane fiducia nella crescita

 «Le previsioni, anche sulla base dei dati della Commissione europea, indicano che non avremo una recessione, anche se vediamo rischi legati agli sviluppi in Europa orientale e ai prezzi energetici, che se restano molto alti non aiutano». Certo l’economia italiana fronteggia «grossi rischi» dai prezzi energetici e dagli sviluppi della guerra in Ucraina come altre economie. Ma in assenza di grandi shock «ci aspettiamo di continuare a crescere quest’anno, anche se a un ritmo sensibilmente più basso a quello dello scorso anno». Se la situazione peggiora, sul gas, sulle forniture, «le prospettive saranno peggiori, come per chiunque altro».

Il discorso, in uno dei due panel di Davos, verte inevitabilmente sul debito dell’Italia. Durante guerre e crisi come quella innescata dai prezzi energetici, ricorda Franco, è più difficile ridurlo. Ma grazie a stime prudenti nel Def, e alla tenuta della crescita (attesa attorno al 3% con un 2,2% ereditato dal trascinamento dal 2021), anche nel 2022 ci sarà “un risultato simile” al calo del debito dello scorso anno di oltre quattro punti di Pil. Il costo medio del debito continuerà a scendere nonostante i tassi d’interesse siano arrivati a un’inversione di rotta, rassicura Franco. Una sfida in più al calo del debito è data dal sostegno della banca centrale europea – che ha finanziato i disavanzi del 2020 e del 2021 – che da luglio si farà meno generoso: la Bce agli inizi di quel mese interromperà gli acquisti “netti” di debito, per poi iniziare ad alzare i tassi.

Il ruolo della Bce

A tal proposito, la presidente Christine Lagarde, oggi, si è fatta ritrarre nei salottini del Forum di Davos accanto al consigliere olandese Klaas Knot, uno dei falchi con cui era volata qualche scintilla nei giorni scorsi per la scelta prudente di alzare i tassi di 25 punti base a luglio, e probabilmente anche a settembre. Una “rappacificazione” rimbalzata su twitter e ri-postata dallo stesso Knot, come a dare un segnale di unità nel Consiglio Bce: Knot ora appoggia “pienamente” l’approccio prudente di Lagarde. Di sicuro lo appoggia Franco: il ministro italiano sa bene, e lo dice esplicitamente a Davos, che la Bce «dovrà equilibrare la necessità di mettere sotto controllo l’inflazione con la necessità di evitare un’altra recessione in Europa, è un bilanciamento difficile». Del resto «sappiamo tutti che i tassi saliranno, il punto è la velocità a cui salgono».

Secondo Franco il fatto che gran parte dell’inflazione in Europa sia da offerta, legata ai prezzi energetici, «credo che anzitutto dovrebbe farci concentrare sui prezzi energetici, e poi dovrebbe essere considerato nella velocità con cui sono alzati i tassi». Parole che rinviano alle iniziative europee per contenere l’impatto pesante sulla crescita dei rincari del gas. E, di fatto, allontanano scenari all’americana, dove la Fed sta procedendo con rialzi “jumbo” dei tassi da mezzo punto per volta, grazie a una crescita più robusta vista la lontananza fisica dall’Ucraina, e a un’inflazione più legata ai consumi e investimenti che ai ricatti di Putin.

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