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[L’intervento] Ignazio Visco (governatore Banca d’Italia): «Il ritardo del Sud grava sull’intero paese, il PNRR può essere l’occasione per ripartire»

Riportiamo di seguito in versione integrale l’intervento di Ignazio Visco, Governatore della Banca d’Italia, al Convegno “Il divario Nord-Sud: Sviluppo economico e intervento pubblico”, che si è tenuto a Roma.

«Porgo i miei saluti e do il benvenuto al Ministro Mara Carfagna, ai componenti del panel di discussione, ai partecipanti e a quanti ci seguono sul nostro canale YouTube. Nell’aprire i lavori di questo convegno non posso che sottolineare la gravità del ritardo di sviluppo del Mezzogiorno. Ne conseguono profonde disuguaglianze economiche e sociali e ne risulta frenata la crescita dell’intera economia nazionale. Le analisi dei ricercatori della Banca d’Italia sintetizzate nel Rapporto che viene oggi pubblicato offrono un quadro aggiornato dell’evoluzione dei divari territoriali. Indicano le debolezze strutturali su cui è necessario incidere per invertire tendenze che non sono sostenibili, per riportare le regioni meridionali su un sentiero di sviluppo sostenuto».

«All’uscita dalla crisi pandemica, anche se in un contesto reso purtroppo quanto mai incerto dal conflitto in Ucraina, la nuova stagione progettuale avviata con il Piano nazionale di ripresa e resilienza offre una straordinaria opportunità per aggredire i fattori di ritardo della nostra economia, certo per la maggior parte non nuovi, e di rafforzare la coesione territoriale del Paese, un obiettivo “permanente” se non solo un’aspirazione, della nostra storia unitaria. Abbiamo quindi oggi la possibilità di muovere in modo progressivo ma risoluto per superare infine quella che da decenni va sotto il nome di “questione meridionale”».

Tendenze macroeconomiche

«Nel decennio che ha preceduto la pandemia, il peso economico del Mezzogiorno si è ulteriormente ridotto. Il divario con il Centro Nord in termini di tassi di occupazione e di prodotto pro-capite è tornato ad ampliarsi; i livelli di produttività sono rimasti ampiamente inferiori a quelli del resto del Paese. Per la fragilità del settore privato e i limiti intrinseci del loro sviluppo, le regioni meridionali hanno risentito più delle altre aree territoriali delle politiche di consolidamento dei conti pubblici che, pur necessarie per contrastare l’aumento del peso del debito sul prodotto, hanno finito per penalizzare gli investimenti e contenere i trasferimenti destinati al Sud e alle Isole. L’ulteriore arretramento del sistema produttivo meridionale è la manifestazione in forma più intensa delle difficoltà che l’intera economia nazionale ha incontrato nel tenere il passo con le trasformazioni in atto a livello globale».

«Le proiezioni disponibili prefigurano per il Mezzogiorno una contrazione della popolazione in età da lavoro ancora più forte di quella attesa per l’Italia nel suo complesso, riflesso anche di una minore capacità delle regioni meridionali di attrarrei lavoratori stranieri e trattenere i giovani nel territorio. Senza un deciso innalzamento della partecipazione al mercato del lavoro, delle opportunità di impiego e dei livelli di produttività, queste tendenze finirebbero per indebolire ulteriormente lo sviluppo del Mezzogiorno con evidenti conseguenze per l’intero Paese».

I problemi strutturali

«I ritardi strutturali sono in larga parte noti e ampiamente confermati dalle analisi del Rapporto. Il sistema produttivo, sottodimensionato rispetto al peso demografico dell’area, è caratterizzato dal prevalere di microimprese, da una specializzazione nei servizi a minore valore aggiunto e da una bassa densità di attività manifatturiere, che ne limitano l’accesso ai mercati internazionali. I tassi di partecipazione al mercato del lavoro, soprattutto per le donne, si collocano su livelli tra i più bassi nel confronto internazionale, anche rispetto alle altre regioni europee in ritardo di sviluppo. Una parte ampia dei giovani non lavora, né è impegnata in attività formative. Ne derivano un rischio concreto di esclusione sociale per quelli meno istruiti e forti incentivi a migrare per quelli più qualificati».

«Oltre a dar conto di più della metà del divario nel prodotto pro capite rispetto al Centro Nord, i bassi livelli di occupazione costituiscono la fonte primaria della elevata diseguaglianza dei redditi familiari che caratterizza le regioni meridionali. Da questo dipende in gran parte la maggiore dispersione dei redditi delle famiglie italiane rispetto alla media dell’Unione europea. Le fragilità del sistema produttivo sono amplificate da un intervento pubblico nell’insieme non adeguato. Sono ampi i ritardi nella dotazione di infrastrutture, così come nella quantità e nella qualità dei servizi offerti, siano essi erogati dallo Stato   o dagli enti territoriali. Vi incide in alcuni casi una carenza di risorse, ma altrettanto importanti appaiono i problemi nella qualità della loro organizzazione e gestione».

«Come ho avuto modo di sottolineare in più occasioni, infine, la diffusione di fenomeni illegali e della criminalità organizzata, oltre a incidere pesantemente sulla qualità della vita dei cittadini, impone costi alle imprese e falsa il funzionamento del mercato. Le analisi mostrano come l’infiltrazione della criminalità possa incidere anche sullo sviluppo delle aree più avanzate del nostro paese; costituisce ancora oggi un ostacolo di primaria rilevanza per il rilancio dell’economia meridionale».

Le risposte della politica economica

«Il miglioramento dell’insieme delle politiche pubbliche è una precondizione per ogni altro intervento diretto a favorire lo sviluppo del Meridione. Sono necessari progressi sia nell’azione dello Stato e delle sue articolazioni locali, sia in quella degli enti territoriali. Senza un migliore funzionamento ordinario di tutte le amministrazioni, che ponga al centro una rilevazione costante e sistematica dei risultati conseguiti, vi è il rischio che le politiche per lo sviluppo territoriale risultino inefficaci e che le risorse rese disponibili per affrontare i ritardi siano invece utilizzate come strumento improprio di redistribuzione del reddito».

«Vanno assicurate in maniera soddisfacente le funzioni essenziali dello “Stato minimo”, a partire dalla tutela della legalità e dal funzionamento della giustizia, per proteggerei diritti fondamentali, incoraggiare l’esercizio delle attività produttive, ricostruire un capitale di fiducia tra i cittadini e verso le istituzioni. Va rafforzata altresì l’azione dello “Stato complementare”, chiamato a facilitare l’iniziativa privata e a creare le condizioni per un più elevato sviluppo sociale, attraverso l’investimento in infrastrutture e servizi pubblici di adeguata qualità».

«Una rilevanza specifica hanno gli investimenti in conoscenza. Nell’istruzione, fattore fondamentale per lo sviluppo delle economie moderne, sono evidenti i ritardi del Mezzogiorno. Non si può assistere con rassegnazione ai deludenti risultati degli studenti delle regioni meridionali: essi incidono sulla loro capacità di proseguire nei livelli più elevati di istruzione, sulle loro possibilità di impiego, sulla loro crescita culturale. Su questo piano è necessario muovere con decisione dalle analisi puntualmente svolte dall’Invalsi all’azione concreta per il contrasto di quello che possiamo definire il più ingiusto dei divari. Anche le Università del Mezzogiorno devono essere sostenute in un necessario percorso di miglioramento. Da esse deve venire un contributo fondamentale alla crescita del capitale umano e all’innalzamento della qualità del tessuto produttivo».

«Per rafforzare il sistema imprenditoriale del Mezzogiorno occorre, da un lato, potenziare il ruolo delle città meridionali nel catalizzare e far prosperare l’iniziativa economica privata, dall’altro favorire i segmenti più dinamici delle imprese, con interventi mirati ad accrescere le capacità manageriali e l’uso delle nuove tecnologie digitali. Un ruolo importante può svolgere l’attrazione di investimenti diretti provenienti dal resto del Paese o dall’estero, che può contribuire ad accrescere la presenza di iniziative imprenditoriali di maggiore dimensione e in settori a più alto contenuto tecnologico».

«Non si può, tuttavia, non sottolineare come la possibilità di incidere sui fattori di freno allo sviluppo dipenderà anche dai comportamenti e dalle scelte degli stessi cittadini e delle classi dirigenti meridionali, chiamati a favorire i cambiamenti che le politiche possono promuovere. Un ruolo centrale devono avere gli imprenditori meridionali, pur muovendosi in un ambiente economico e sociale difficile, essi devono necessariamente aprirsi all’innovazione e investire in tecnologie e competenze per accrescere la qualità delle produzioni. È questa una condizione fondamentale per cogliere le opportunità di un contesto produttivo in rapida trasformazione, sulla spinta della transizione verde e di quella digitale e di una possibile ridefinizione dell’organizzazione delle catene globali del valore».

«Il Piano nazionale di ripresa e resilienza e i fondi resi disponibili da altri programmi europei e dal bilancio pubblico nazionale mettono in campo risorse ingenti per il prossimo decennio. Le riforme che il Piano delinea potranno apportare alle regioni meridionali benefici maggiori, in quanto sono in esse più ampi i ritardi da colmare. Per mettere pienamente a frutto le ingenti risorse disponibili sarà tuttavia necessario un impegno duraturo volto anche a migliorare la gestione ordinaria delle risorse pubbliche e delle amministrazioni, seguendo le linee di intervento che il Piano correttamente individua. Non si potrà prescindere da un riscontro accurato e continuo dei risultati conseguiti e, se necessario, si dovrà intervenire con decisione, anche a livello centrale, per correggere ritardi e inadempienze».

«Il conflitto in Ucraina aumenta i rischi e le incertezze sugli equilibri futuri. Si fa più forte l’esigenza di prepararsi al nuovo contesto, facendo leva sui progetti già delineati per accrescere il potenziale di sviluppo dell’economia. Se sapremo ben impiegare le risorse a disposizione e perseverare nei programmi di riforma, non c’è motivo di ritenere che non si possano interrompere le tendenze negative del passato per riportare il Mezzogiorno e l’intera economia nazionale su un sentiero di sviluppo sostenuto. Nel ringraziare il Ministro Carfagna, gli ospiti che hanno accettato di discutere i risultati del rapporto, gli autori degli studi sottostanti, gli organizzatori e tutti i partecipanti, formulo l’augurio di un profondo e proficuo scambio di idee».

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