L’Unione Europea potrebbe imparare dal Regno Unito come utilizzare e utilizzare bene le risorse che potrebbero essere sbloccate da qui ai prossimi anni, fino a 700 miliardi di euro.
Lo scrive in un editoriale per il Financial Times l’ex presidente della Bce ed ex premier italiano Mario Draghi, secondo cui “il bilancio adottato questa settimana dal governo britannico offre alcune idee interessanti a questo specifico riguardo”.
“Il governo britannico – sottolinea Draghi, autore del rapporto sulla competitività europea, nel quale ha sollecitato investimenti per 800 miliardi di euro all’anno o l’Ue sarà ‘a rischio sopravvivenza’ – ha scelto di aumentare significativamente gli investimenti pubblici nei prossimi cinque anni e ha adottato regole precise per garantire che l’indebitamento sia utilizzato solo per finanziare questi investimenti.
Inoltre, per garantire la qualità della spesa, le transazioni saranno convalidate da autorità indipendenti.
Ciò aumenta la probabilità che gli investimenti pubblici abbiano un valore attuale netto positivo, favorendo così la sostenibilità di bilancio”.
Approvata la riforma del Patto di stabilità, ricorda l’ex premier, i Paesi dell’Ue stanno ora presentando “i loro primi piani di bilancio secondo le nuove regole di bilancio europee”, ma “i primi dati suggeriscono due importanti differenze nel loro approccio rispetto al Regno Unito”.
“In primo luogo – spiega Draghi nell’editoriale intitolato “L’Europa può imparare la lezioni di bilancio dal Regno Unito su come raggiungere i suoi obiettivi – la maggior parte dei Paesi che dispongono di spazio fiscale e non si trovano di fronte a un grave deterioramento delle prospettive macroeconomiche stanno optando per un percorso di consolidamento più breve, di quattro anni piuttosto che di sette.
Sembra improbabile che questi governi utilizzino i margini per aumentare gli investimenti previsti dalle nuove regole.
In secondo luogo, per i Paesi che intendono avvalersi dell’estensione di sette anni, la garanzia che il denaro venga speso bene spetta alla Commissione.
Questo richiede che sia un partner negoziale esigente, che applichi rigorosamente gli obiettivi di investimento e che valuti la qualità degli investimenti e se questi rispondono ‘alle priorità comuni dell’Unione'”.
L’ex presidente della Bce osserva come finora obiettivi come “la mitigazione e la prevenzione” dei cambiamenti climatici, “le interconnessioni energetiche, la ricerca e la difesa sono stati sottofinanziati: è una questione aperta se questo divario persisterà in futuro”.
Secondo Draghi, “a livello nazionale, le traiettorie del debito sembrano essere state elaborate solo per soddisfare le analisi di sostenibilità del debito.
E a livello di Ue, finora non è stata effettuata una valutazione comune per stabilire se i piani individuali dei Paesi soddisfino le esigenze collettive del blocco.
Certamente, la maggior parte degli investimenti dovrà essere finanziata dal settore privato.
Ma il finanziamento privato non risponderà senza un’agenda coordinata di riforme”.
Dunque, è il monito dell’ex premier, “l’U può avere una preferenza dichiarata per essere un leader sul clima, un innovatore digitale e un attore geopolitico, ma per ora le preferenze dei suoi membri sono diverse.
Se non utilizza il suo spazio fiscale e riforma i mercati, è difficile capire come l’Europa potrà realizzare le sue ambizioni”.