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L’ex amico a Pechino | L’analisi di Federico Rampini

Federico Rampini sul Corriere della Sera analizza l’evoluzione dei rapporti Usa-Cina:

Siamo tornati alla casella di partenza – scrive l’editorialistaal Ground Zero delle guerre commerciali.

Dagli anni Ottanta all’inizio del millennio fu l’establishment americano — due Bush, repubblicani, Clinton e Obama democratici; più il Gotha del capitalismo industriale e finanziario — a scommettere sulla Cina. La classe dirigente Usa volle integrare la Repubblica Popolare nella globalizzazione, prevedendo benefici immensi.

Le delocalizzazioni industriali dall’America alla Cina ingrassarono i profitti di tanti capitalisti ma impoverirono pezzi portanti del tessuto sociale Usa, alimentando rivolte no-global di sinistra e di destra, fino al trumpismo. Nel frattempo con l’ascesa al potere di Xi Jinping si era frantumata ogni illusione di liberalizzazione politica, la leadership comunista non nascondeva più le proprie ambizioni imperiali.

A Washington già sul finire della presidenza Obama subentrava una valutazione più lucida e preoccupata della minaccia cinese. Nell’alternanza Trump Uno-Biden-Trump Due si è consolidato un consenso bipartisan, cementato dalle tremende lezioni della pandemia: l’ascesa della Repubblica Popolare va quantomeno ostacolata e rallentata.

Pechino – ricorda Rampinisi è preparata a questa resa dei conti. Ha costruito un’economia più autarchica, ha eretto difese contro le misure americane, ha studiato il modello Putin su come si resiste a un regime sanzionatorio. A differenza della Russia, la Repubblica Popolare ha un grosso mercato interno e punte di eccellenza in tutte le tecnologie avanzate. Come dimostrò nella pandemia, la Cina controlla componenti essenziali in moltissime filiere, per cui può mettere in difficoltà vari settori industriali americani o europei.

In questa nuova fase dello scontro con Washington, Xi parla di convertire la crescita cinese alimentandola con i consumi interni (un’operazione simile a quella annunciata da Friedrich Merz in Germania). Ma ci vorrà tempo.

Se Xi affronta questa prova con fiducia, le ragioni sono extra-economiche. Guardando anche a Putin, è convinto che i regimi autoritari abbiano più resistenza e tenacia delle democrazie, perché – conclude – possono infliggere disagi superiori alle proprie popolazioni.

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