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Le opportunità per ripartire generate dalla pandemia

“La peste porta un suo beneficio, apre gli occhi, costringe a pensare!” Albert Camus, La peste, 1947

Vista a distanza di mesi dall’esordio, la pandemia da SARS-CoV-2 appare come un fenomeno complesso e complicato, a tratti anche caotico, in cui le difficoltà poste da una minaccia globale si intrecciano con i vantaggi di combattere un nemico comune.

Se è vero come diceva Soren Kierkegaard che “La vita si può capire solo all’indietro, ma si vive in avanti”, allora per ripartire è fondamentale analizzare il recente passato.

Uno strumento molto utilizzato per la pianificazione strategica in vari ambiti è la SWOT Analisi. Tale tecnica aiuta ad abbinare i punti di forza alle opportunità e a convertire i punti deboli in vantaggi, al fine di comprendere la situazione corrente, prima di dare inizio a qualsiasi attività.

Provando ad applicare tale tecnica allo scenario pandemico, da un punto di vista sanitario, punti di debolezza risultano essere:

  • la globalizzazione e il relativo accorciamento delle distanze che favoriscono la diffusione delle malattie trasmissibili
  • la preesistente difficile sostenibilità dei sistemi sanitari di molti Paesi a causa delle malattie croniche
  • la preesistente carenza di personale sanitario, già denunciata anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) da svariati anni.

Su questo terreno si sono innescate le minacce legate a:

  • un patogeno emergente e sconosciuto con un’elevata trasmissibilità
  • una malattia con sintomi aspecifici sovrapponibile a tante del periodo invernale
  • un’elevata proporzione di casi di malattia severa
  • la completa vulnerabilità della popolazione generale, compreso il personale sanitario.

A ciò, tuttavia, fanno da contraltare quali punti di forza:

  • la strabiliante resilienza del personale sanitario di tutto il mondo che ha allestito, senza esperienza precedente, percorsi differenziati e “inventato” alternative per sopperire alla carenza di dispositivi personali di protezione (es. tute da imbianchini e mute impermeabili al posto delle tute di tyvek e buste di plastica al posto dei calzari, maschere da sub al posto degli occhiali)
  • la solidarietà fra i popoli, basti pensare agli scambi di personale e/o di strategie e alle donazioni di dispositivi intercorse fra Cina e Italia o con Cuba, Albania, Armenia
  • la condivisione delle lezioni apprese da parte dei Paesi colpiti più precocemente.

Così la pandemia ha dischiuso nuove opportunità:

  • l’accorciamento dei tempi della ricerca scientifica, quella sul Coronavirus non conosce soste, ma si sposta con il giorno nel moto di rotazione terrestre
  • lo sviluppo di una assistenza per intensità di cure ed erogata da team multidisciplinari per una cura realmente centrata sul paziente e senza rischiose frammentazioni
  • l’adozione di innovazioni tecnologiche e schemi organizzativi agili per una risposta tempestiva ed efficace in situazioni critiche (es. carenza di personale, mancanza di un trattamento consolidato come nel caso di Covid-19).

È proprio su queste opportunità – rivelate dalla “distruzione creativa” del Coronavirus per dirla con Schumpter[1] – che bisogna basare la ripartenza.

Durante la fase 1 dell’emergenza, gli ospedali sono stati come stravolti da uno tsunami che ha spazzato via, senza pietà alcuna, divisioni, targhe e percorsi assistenziali che talora giudicavamo anche vetusti, ma su cui, per inerzia o per abitudine, non avevamo il coraggio o la forza di intervenire. Gli operatori sanitari, pur privati di tali “confortanti” riferimenti, con straordinario impegno, singolare resilienza e grande coesione, hanno fronteggiato l’emergenza e continuano a farlo, a rischio della propria salute psico-fisica. Tutto l’ospedale è stato trasformato in una enorme area medica, stratificata per intensità di cure e deputata alla cura della malattia da Coronavirus, con annessa un’area medica residuale per la cura delle altre patologie mediche, un’area chirurgica con meno posti letto e accorpamento di specialità per le urgenze e le elezioni non differibili, e poco altro (pediatra, ostetricia, psichiatria, ecc.).

 In Pronto soccorso gli accessi per codici bianchi e verdi si sono ridotti del 40-50% e i medici hanno potuto svolgere il lavoro loro proprio, le emergenze-urgenze, senza il retro-pensiero di dover fare una TAC in più per un sintomo banale, solo per evitare denunce.

In tante realtà si è stabilita una alleanza fra strutture sanitarie e sociali, impensabile fino al giorno prima quando l’integrazione era difficile o addirittura conflittuale.

Allora, consideriamo questa emergenza come una prova generale della sanità del futuro. Utilizziamo le risorse della ripartenza per disegnare una sanità diversa perché correggere l’attuale non è facile.

Ripensiamo gli ospedali come luogo di cura a cui si ricorre solo per ciò che non può essere gestito fuori da essi. Continuiamo a far sì che i professionisti sanitari che in questi mesi sono andati a casa dei pazienti con Covid-19, portando a domicilio le loro competenze, continuino a farlo, anticipando il peggioramento dei cronici ed evitando che i “fragili” magari peggiorino in ospedale. Esistono point of care per la diagnostica di laboratorio, ecografi portatili leggerissimi, dispositivi per tele-monitoraggio e teleconsulto. E se non è possibile fare una indagine di secondo livello a casa, si potenzieranno ovunque le “case della salute“.

Ma soprattutto, ridefiniamo gli spazi ospedalieri non per specialità, ma per aree omogenee di intensità di cure, compiamo quel salto culturale che ci permetta davvero di approcciare il paziente nella sua interezza.

Durante la fase 1 dell’emergenza, le équipe dei reparti ospedalieri sono state spesso riassortite in senso multispecialistico e multiprofessionale perché Covid-19 si è dimostrata una malattia sistemica, e ha funzionato.

Ebbene, consolidiamo questa organizzazione e formiamo professionisti con competenze e abilità necessarie a coordinare équipe multidisciplinari per la cura ospedaliera del paziente acuto polipatologico in continuità con i servizi territoriali.

Il medico di riferimento per il paziente ospedalizzato rappresenta un’esigenza reale e concreta dei pazienti e delle loro famiglie, ma anche degli operatori sanitari, nonché una “scelta” di qualità, sicurezza e sostenibilità per i decisori.

Una figura del genere cambierebbe sensibilmente la gestione dei pazienti poli-patologici -oltre 30% dei soggetti < 65 anni e dal 55% al 90% dei soggetti over 65- attualmente fatta di molteplici, isolati e sequenziali interventi specialistici che spesso richiedono spostamenti da un reparto all’altro o accessi in numerosi ambulatori con pericolose perdite di informazioni e discontinuità di cura, nonché costi eccessivi dovuti a ridondanze ed eventi avversi.

In merito a ciò, è opportuno ricordare che proprio lo scorso anno presso l’Università di Genova si è conclusa la prima iniziativa concreta di formazione in tal senso, il master di II livello “Hospitalist”.

Il Coronavirus ci ha dimostrato che l’innovazione organizzativa e l’ottimizzazione delle risorse sono possibili, dopo anni di inconcludenti discussioni, lentezze burocratiche e problemi di privacy o di responsabilità.

Esperti di “innovazione digitale” hanno affermato che con l’emergenza Coronavirus l’Italia ha fatto un balzo in avanti di 10 anni in 10 giorni.

Accanto ad aziende che hanno riconvertito la loro produzione per fornire dispositivi di protezione personale e ventilatori, molte sono state anche le aziende del settore tecnologico che, a tempo di record hanno sviluppato software e sistemi di telemedicina per il monitoraggio dei pazienti Covid-19 gestiti a domicilio o le visite di pazienti con altre patologie per evitarne l’ingresso in ospedale, o ancora robot per ridurre l’esposizione degli operatori sanitari al virus.

È strabiliante la rapidità con cui è avvenuto tutto ciò, a conferma che la “motivazione” resta il maggior determinante dell’efficienza ed efficacia lavorativa, ma soprattutto del cambiamento.

Proseguiamo in questo processo di digitalizzazione sanitaria, ma che sia una digitalizzazione umana. Progettiamo e promuoviamo prodotti che ci sostituiscano nell’esecuzione di compiti semplici, “burocratici” (compilazione moduli, prenotazioni e loro modifiche), lasciando all’uomo task superiori come il ragionamento clinico e il rapporto con il paziente.

Un’assistente virtuale che accoglie il paziente appena arriva nel reparto/ambulatorio, lo introduce all’organizzazione del servizio, inizia a raccogliere informazioni socio-anagrafiche, numeri di telefono dei contatti, pregressi patologici, caratteristiche di rischio, lista farmaci e/o, fuori dall’ospedale, ricorda gli appuntamenti, notifica immediatamente eventuali variazioni, farebbe sentire il paziente preso in carico e seguito, snellirebbe il lavoro dei sanitari aumentando il tempo a loro disposizione per le decisioni cliniche e le relazioni umane.

Bibliografia di riferimento

Società Italiana di medicina d’emergenza/urgenza (SIMEU), Effetto Coronavirus: calano fino al 30% gli accessi in Pronto Soccorso, February 26th 2020. Available online at: https://www.simeu.it/w/articoli/leggiArticoloWp/3785

Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari (Agenas), I quaderni di Monitor: Assistenza h24 e accessi impropri in Pronto Soccorso: evidenze e indirizzi, Maggio 2013. Available online at: https://www.quotidianosanita.it/allegati/allegato5810422.pdf

“Crespi (PoliMi): Coronavirus e lavoro da remoto, ecco come renderlo smart working” intervista al Direttore dell’osservatorio che monitora l’organizzazione di imprese e PA, Open Innovation Regione Lombardia, 7/4/2020. Available online at: https://www.openinnovation.regione.lombardia.it/it/b/635/crespipolimicoronaviruselavorodaremotoeccocomerenderlosmart

Luiss Business School- Il sole24h RAdiocor,  Emergenza Coronavirus, intervista al Country General Manager Microsoft Italia, Aprile 2020. Available online at: https://i2.res.24o.it/pdf2010/Editrice/ILSOLE24ORE/ILSOLE24ORE/Online/_Oggetti_Embedded/Documenti/2020/04/09/DIGITAL_ECONOMY.pdf.

Pietrantonio F, Orlandini F, Moriconi L, La Regina M. Acute Complex Care Model: An organizational approach for the medical care of hospitalized acute complex patients. Eur J Intern Med. 2015 Dec;26(10):759-65. doi: 10.1016/j.ejim.2015.08.011. Epub 2015 Sep 11. PMID: 26365373.

La figura dell’Hospitalist in Italia. Guest Editors: F. Orlandini, M. La Regina, A. Fontanella, M. Campanini, P. Gnerre. Quaderni dell’Italian Journal of Medicine. 2018

https://doi.org/10.4081/itjm.q.2018.3


[1] Economista austriaco, autore della teoria delle innovazioni in ambito economico.

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