Ilaria Fontana è Sottosegretaria di Stato al Ministero della Transizione Ecologica; da sempre legata alla difesa dell’ambiente, è stata eletta alla camera dei Deputati nel 2018 con il Movimento 5 stelle e con il governo Draghi ha assunto un ruolo di assoluta rilevanza in uno dei Ministeri centrali per la ripartenza dell’Italia. Siamo andati ad incontrarla per parlare con lei del PNRR, dell’economia circolare e dello spazio sempre maggiore che è necessario garantire a tutti i livelli alle tematiche proprie dell’ambiente e della sostenibilità.
Sottosegretaria Fontana, la Transizione Ecologica è uno degli assi portanti su cui si basa la ripartenza del nostro Paese e la macro-missione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza a cui viene destinata la quota più importante di investimenti, pari a 69,8 miliardi di euro. Come vive il suo incarico di Sottosegretaria di un Ministero così importante?
La consapevolezza che la transizione ecologica avrà un ruolo cardine nell’approvazione degli investimenti del PNRR porta con sé anche una grande responsabilità sia sui contenuti che sulle tempistiche ferree da rispettare. L’obiettivo principale è quello di dimostrare ancora di più che Lavoro e tutela dell’Ambiente non siano assolutamente un trade-off e che la sostenibilità comprenda anche elementi sociali.
La componente a cui il PNRR dedica maggiori risorse (29,5 miliardi) è quella dell’efficienza energetica e della riqualificazione degli edifici. Quali sono le priorità d’azione che vi siete dati sotto questo punto di vista?
L’efficienza energetica andrà incentivata e sostenuta in tutti i settori: dall’edilizia residenziale privata e pubblica, alle strutture delle pubbliche amministrazioni e alle scuole. Bisogna sottolineare che l’efficienza, insieme ai bonus per la riqualificazione e ai bonus per mobili e grandi elettrodomestici, stanno rappresentando un volano importante per l’edilizia grazie agli incentivi in forma di credito d’imposta: una soluzione che fa vincere lo Stato e i cittadini sotto tanti punti di vista dato che questi incentivi tendono ad autoalimentarsi, fanno emergere l’abusivismo e favoriscono ulteriormente l’affidamento di lavori in regola.
Altri due argomenti risultano di assoluta importanza, e anche nella nostra piattaforma li abbiamo ripresi più volte: la transizione energetica e la mobilità sostenibile. Su questo fronte, a cui sono assegnati investimenti per 18,2 miliardi, si aprono molte riflessioni rispetto alle energie rinnovabili, al reale utilizzo dell’idrogeno, alla diseconomicità delle soluzioni tecnologiche ad oggi possibili. Pensa sia arrivato davvero il momento della svolta?
Tempo addietro si discuteva della cosiddetta “grid parity”, ossia la capacità di generare energia rinnovabile ad un costo almeno pari a quello dell’energia da fonti fossili, un traguardo assolutamente non scontato. Adesso è proprio grazie a questa possibilità se possiamo gettare le basi per l’utilizzo di idrogeno verde come vettore energetico. Il PNRR segue la linea dettata dall’Unione Europea per arrivare a breve ad installare almeno 6 GigaWatt da elettrolisi nei prossimi anni. La svolta è dettata dai tempi e deve sostenere la mobilità sostenibile di pari passo: sempre il PNRR punta ad investire almeno 3 miliardi in idrogeno per consentire la ricerca e lo sviluppo finalizzato alla sperimentazione su trasporto stradale e ferroviario.
La tutela e la valorizzazione del territorio, a cui il piano assegna 15 miliardi, è un tema che è tornato spesso nei piani di azione di molti governi, ma non sempre con un’efficacia realizzativa concreta. Cosa ci sarà di diverso questa volta?
La difficoltà maggiormente incontrata in passato è evidente se portiamo come esempio i fondi per il dissesto idrogeologico: oltre ad investire miliardi di euro nella resilienza dei Comuni si è reso necessario mettere a disposizione anche il personale tecnico per la realizzazione dei progetti. Il PNRR con circa 8 miliardi e mezzo di investimenti per la resilienza dei territori affronta con grande impegno anche la prevenzione dei danni. Non soltanto recovery, infine: il governo Conte aveva istituito le Zone Economiche Ambientali, erogando ristori per cali di fatturato dovuti all’emergenza Covid-19 anche a quelle aziende e i professionisti che svolgono attività eco-compatibili nei territori dei parchi nazionali. Questo approccio mira a valorizzare in tutto e per tutto la corretta fruizione delle nostre aree protette.
L’ultima componente del Piano, per quanto attiene alla Transizione Ecologica, riguarda l’impresa verde e l’economia circolare, con uno stanziamento di 7 miliardi. La sostenibilità è un concetto ormai fondamentale, con cui ogni azienda di grandi o piccole dimensioni deve fare i conti e senza la quale è impossibile pensare al futuro. Spesso però gli obiettivi che ci si pongono, come la carbon neutrality o l’emissione zero, sono molto lontani nel tempo. È arrivato il momento di accelerare?
Viviamo in un mondo che è passato dall’avere abbondanza di risorse naturali e bassa disoccupazione all’avere l’opposto, ossia scarsità di risorse naturali e alta disoccupazione. L’economia circolare punta a ristabilire questo equilibrio creando lavoro sulla riduzione dell’uso di nuova materia prima ed stabilisce un nuovo paradigma economico: ci sono materie prime che stanno diventando sempre più critiche e dalle quali dipendono filiere quali quella delle batterie o dei motori elettrici, basarci su un consumo crescente di materia prima senza puntare al recupero di quella esistente e alla longevità dei prodotti sarebbe un errore strategico imperdonabile. Anche la carbon neutrality è un obiettivo fondamentale semplicemente perché la termodinamica del surriscaldamento globale non ammette compromessi e i cambiamenti climatici che stiamo vivendo lo stanno ampiamente dimostrando.
Tra le principali economie dell’Unione Europea l’Italia è al primo posto proprio per la dimensione dell’economia circolare, con il 68% di quota di riciclo complessiva, rispetto alla media europea del 57%. Ma non c’è stata una reale crescita nell’ultimo anno, mentre altri paesi, come la Francia, sono in netto recupero su questo fronte. E’ necessario iniettare nuova linfa in questa direzione?
Abbiamo appena recepito lo scorso anno il pacchetto economia circolare, contribuendo a facilitare la nascita dei centri di riuso, attività che non può rimanere di nicchia. Anche il nuovo Piano d’Azione UE per l’Economia Circolare non ha più un fulcro sulla gestione dei rifiuti: si basa infatti sul diritto alla riparazione, su prodotti più longevi e disponibilità di parti di ricambio a disposizione anche diversi anni dopo l’uscita dal commercio dei beni che costituiscono. Un altro elemento che necessita accelerazione è la definizione di indicatori affidabili, con l’istituzione di etichette contro il green-washing o l’uso di QR code per tracciare la filiera dei prodotti, finalizzati a valorizzare i prodotti più virtuosi.