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I decreti attuativi vivono di ritardi perenni | L’analisi

La Farnesina e il Ministero dell’Ambiente della sicurezza energetica sono l’alfa e l’omega, rispettivamente l’amministrazione più solerte e la più lenta nell’adottare i provvedimenti attuativi di volta in volte previsti dalle norme che arrivano in Parlamento. Due poli opposti, benché il confronto debba tener conto del numero di decreti che i due dicasteri si trovano di volta in volta a varare, tanto più che l’ex Transizione ecologica è uno dei ministeri per il quale transita una delle fette più consistenti delle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Il confronto, tuttavia, dice che per il ministero degli Esteri l’indicatore per l’anno 2022 sulla capacità di licenziare i provvedimenti nei tempi previsti (di solito 180 giorni) è stato pari al 100%. Di contro, scrive MF-Milano Finanza, il ministero dell’Ambiente e della sicurezza ecologica ha fatto registrare uno zero spaccato, secondo quanto riportato per lo scorso anno dal dipartimento per l’attuazione del programma di governo, guidato dal sottosegretario Giovanbattista Fazzolari.

Nel mezzo un quadro di non rigorosa celerità nello sbloccare norme cui nella maggioranza dei casi è legato l’effettivo utilizzo delle risorse stanziate nei decreti che via via si succedono. Si prenda il ministero dell’Economia e delle Finanze. Il dicastero di Via XX Settembre è quello per il quale passa il maggior numero di decreti attuativi. Nel 2022 la percentuale dei provvedimenti previsti per l’anno e attuati stando nelle scadenze è stata del 57,9%.

Tra i provvedimenti che mancano all’appello, ad esempio, ci sono gli attuativi per il progetto Glam di Amco, la società di gestione dei crediti deteriorati del Mef, che punta a mettere in sicurezza i crediti garantiti emessi durante la pandemia. Proprio i decreti attuativi per Glam sono uno dei molti dossier finiti in stand-by per il rinnovo del dg del Tesoro, benché in teoria le norme sarebbero dovute arrivare entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto Aiuti-bis, iniziando quindi il conteggio dallo scorso 22 settembre.

Un dato non dissimile dalla capacità di licenziare le norme nei tempi previsti è quello sullo smaltimento dei decreti lasciati nei cassetti nelle due legislature passate, quindi riferiti ai governi Draghi e Conte e, andando con la memoria a ritroso fino al 2013-2018, agli esecutivi presieduti da Enrico Letta, Matteo Renzi e Paolo Gentiloni. L’indicatore, in questo caso, segna 57,1%. In Via XX Settembre molto dipende anche dalla collaborazione con altri ministeri. Il grado di adozione dei decreti attuativi del Mef lo scorso anno è stato dell’80,5% quando non erano richiesto il parere di altre amministrazioni o di lavorare di concerto con altri ministeri. In caso contrario la percentuale scende al 50%.

Percentuali simili si registrano al ministero delle Infrastrutture. Quando il dicastero di Porta Pia lavora da solo è sugli stessi numeri del Mef, di concerto con altre amministrazioni fa meglio (61,1% il grado di attuazione). Va però a rilento: appena il 15,4% dei provvedimenti con scadenza 2022 è arrivato puntuale. Lo stesso indicatore è al 34,8% al ministero delle Imprese e del Made in Italy e al 26,3% al ministero del Lavoro, dove, peraltro, la percentuale di attuativi senza sentire altri ministeri si ferma al 62,5%.

Svettano invece per tempestività Giustizia e Difesa, con indici al 71,4% e all’80%. Negli ultimi decreti il governo Meloni ha pertanto scelto di inserire soprattutto norme auto-attuative. Con alcune accezioni, su tutte la manovra. I provvedimenti previsti in leggi di Bilancio sono 118 e finora ne sono arrivati tre. C’è poi il decreto Aiuti quater con 19 attuativi, di cui al momento soltanto uno ha visto la luce.

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