Michele Foglio, amministratore delegato di Maniva S.p.a., azienda fondata a Bagolino, in provincia di Brescia, alle pendici del Monte Maniva, ha rilasciato un’intervista esclusiva all’Osservatorio Economico e Sociale Riparte l’Italia. Tra i suoi ultimi successi, l’Acqua Minerale Maniva è stata scelta come “good water” al summit COP27 sul Clima, tenutosi Sharm el-Sheikh dal 6 al 18 novembre 2022.
L’ultima delle iniziative che avete portato avanti riguarda il radicale restyling del packaging della vostra Acqua Minerale con “Smile Box”, che è molto di più di un cambio di look. Ci può parlare di questa nuova idea e dei vantaggi di questo nuovo modello di confezionamento?
«No, non è solo un restyling. A fine giugno siamo partiti installando la linea per riempire questi cartoni, realizzati con tecnologia Tetrapak, con due formati: 500ml e 1litro. Il riempimento messo a punto in ambiente asettico, con tutta la garanzia di Tetrapak, leader mondiale in questo tipo di confezionamento. Nel mercato dell’acqua italiano questo tipo di packaging è ancora poco conosciuto, ma analizzando il mercato abbiamo notato come in Europa e nel mondo ormai si sia affermato il consumo di acqua minerale in cartone. Mentre in Italia, dove c’è una tradizione secolare di acqua, nata prima nel vetro, poi nella plastica PET, ma sempre in contenitori trasparenti. Il consumatore italiano vedeva il confezionamento del cartone come un qualcosa di inusuale, perché era abituato a vedere l’acqua in un contenitore trasparente».
«Questi due anni di Covid, però, hanno cambiato le percezioni e le abitudini, i modi di consumo. Un anno fa abbiamo compreso che c’era la possibilità di lanciare questo modello di prodotto anche in Italia. Da Natale dell’anno scorso abbiamo concluso l’accordo con Tetrapak e assieme abbiamo avuto la possibilità di segnare un piccolo record – soprattutto in un momento in cui c’è scarsità di materiali. Abbiamo allestito la linea di riempimento dei cartoni in soli 6 mesi. È stata una corsa incredibile, ma ce l’abbiamo fatta. Ora siamo in piena fase di lancio», ha spiegato l’ad di Maniva.
«Questo contenitore ci parla anche di sostenibilità, in quanto è composto per l’81% da cellulosa che proviene da foreste scandinave preposte a questa finalità (FSC). Il restante 19% è il tappo, che non proviene dal petrolio, che come sappiamo è una fonte fossile, ma da canna da zucchero che viene polimerizzata. Si tratta, quindi, non solo di una fonte rinnovabile, ma anche un materiale (la canna da zucchero) che nel suo sviluppo assorbe anidride carbonica», ha sottolineato. «L’impronta ambientale di questo tipo di prodotto non è zero, perché ogni attività dell’uomo ha un impatto, però è molto ridotta rispetto ad altri tipi di packaging».
«Un altro aspetto interessante di questo tipo di packaging è la protezione che il cartone dà dai raggi del sole, dal calore esterno. Dunque, si presta molto bene al consumo fuori casa, in estate, in spiaggia: ha l’importante qualità di preservare la freschezza dell’acqua più a lungo rispetto altri tipi di bottiglie normalmente in commercio. Questa sicurezza in più è vista con molto interesse sul mercato, che comincia a dare valore a questo tipo di prodotto».
Non a caso siete stati invitati a partecipare al summit COP27. Cosa ha significato per voi vedere il vostro marchio accanto a chi si trova a dover riflettere e intervenire sugli effetti della crisi climatica?
«Per noi è stata un’occasione straordinaria. Siamo stati contattati dall’organizzazione di COP27 giusto un mese prima dell’evento, quindi tempi strettissimi. Anche perché la fase di ideazione della grafica, della stampa dei cartoni, del trasferimento al nostro stabilimento, del riempimento dei cartoni, e del trasferimento via nave in Egitto di tutto il prodotto – circa un milione di brik – avrebbe richiesto tempi ben più lunghi di un mese. Grazie anche all’aiuto di Tetrapak, che hanno collaborato in maniera eccezionalmente stretta con noi, abbiamo realizzato questo piccolo “miracolo”: il giorno prima dell’apertura dell’evento a Sharm el-Sheikh siamo riusciti a recapitare tramite container via nave tutto il prodotto. La stessa organizzazione si è complimentata con noi. È stata una vera scommessa farcela nei tempi».
«Essere sul tavolo dei grandi decisori della terra su un argomento così delicato come quello del cambiamento climatico, vedere Biden bere dal nostro brik, così come molti altri interlocutori e capi di stato di livello internazionale, è stata una soddisfazione straordinaria. Sui tavoli delle nazioni si vedeva una schiera dei nostri brik, il che ha rappresentato anche un’occasione unica di promozione. Tant’è che siamo stati già contattati da diverse realtà, sia estere che italiane, che hanno visto il nostro prodotto su quei tavoli».
Sembra evidente che la sostenibilità sia di primaria importanza per la vostra azienda, a testimoniarlo sono le vostre iniziative, che negli anni hanno provveduto sia a ridurre il consumo energetico che alla transizione verso l’utilizzo di fonti di energia pulita. In questo ambito, quale sarà il prossimo passo per Maniva?
«Il nostro prossimo passo è già in moto: sviluppare ulteriormente il vetro a rendere, che nell’economia circolare adempie al discorso del riutilizzo dei contenitori. Queste bottiglie di vetro a rendere vanno nei ristoranti, vanno nelle famiglie dove c’è l’abitudine del consumo di acqua in vetro, e ritornano poi da noi vuote, dove verranno poi lavate e riempite nuovamente. Il ciclo di vita di una bottiglia di vetro per noi è di trenta volte dopo il primo utilizzo».
«Noi siamo tra i fondatori e sostenitori del consorzio Coripet, strettamente privato, costituito dai maggiori produttori di acqua minerale in Italia e riconosciuto dal ministero dell’Ambiente. A oggi il Consorzio ha installato 700 macchine mangia-plastica, dove le bottiglie vengono prese, schiacciate e poi riutilizzate da noi produttori per rifare nuove bottiglie PET. Questo Consorzio, di natura privatistica, senza aiuto pubblico, sta mettendo in campo una rete di queste macchine, che arriveranno fino a 2500 nell’arco di un biennio. Nella responsabilità estesa del produttore, che oggi l’Unione europea sta portando avanti, ecco che noi produttori di acqua minerale ci siamo fatti carico di questo discorso».
«Un’altra innovazione recente è l’acqua seltz in fusti di acciaio da 20 litri, anche questi a rendere. I locali che hanno bisogno di questo prodotto per la miscelazione, ma ora anziché rivolgersi alle solite bottiglie usa e getta da 1,5litri, con Maniva possono entrare in una logica di economia circolare. Senza considerare che questi fusti hanno una durata media di diversi decenni, quindi molto lunga».
Come dicevamo, la vostra azienda ha scelto di investire nella transizione ecologica con diversi anni di anticipo rispetto a molte altre aziende. Cosa vorrebbe dire a chi è ancora restio a fare importanti investimenti strutturali nell’ambito della riduzione nell’impatto delle proprie emissioni?
«La nostra piccola storia racconta che ci abbiamo creduto in periodi in cui eravamo in pochi a farlo nel nostro settore, con investimenti che avevano un ritorno molto incerto – sia in quantità che nel tempo. Come sempre, nella vita come nelle attività economiche, crederci fa la differenza. Noi ci abbiamo creduto quando sembrava ancora una scommessa rischiosa, oggi, a distanza di anni, cominciamo a vedere i ritorni in maniera consistente che ci confortano e danno ragione alla nostra scelta. Se si lavora pensando al breve termine si va incontro a una delusione: sono progetti che vanno spesi pensando al medio-termine. Per questo tipo di iniziative serve lungimiranza».
Già a partire dal nome della vostra azienda è evidente il vostro forte radicamento al territorio. Quanto questo aspetto ha influito sulle vostre politiche di tutela dell’ambiente e di economia circolare?
«Questa domanda mi fa molto piacere. Noi ci troviamo a Bagolino, un paesino medievale di montagna di 2500 anime dove ci si conosce tutti. I nostri dipendenti sono tutti del luogo. Viviamo lì, la nostra vita è lì. Ci si incontra tutti i giorni anche fuori dall’ambiente di lavoro. La responsabilità sociale non è solo un concetto vago per noi, è qualcosa che si vive tutti i giorni. Vedere delle famiglie giovani, che sarebbero emigrate – come è succede spesso – perché non c’era lavoro, scegliere di rimanere nel nostro paese, che si creano una famiglia e fanno vivere il nostro territorio per noi è una grandissima soddisfazione».
«Infatti, anche le autorità politiche locali, il nostro sindaco, così come anche il presidente della comunità montana e quello della provincia di Brescia, spesso ci danno incoraggiamento. Fare economia in montagna, con tutti i disagi che comporta (dalla viabilità alla lontananza dai centri), è molto difficile. Ci sono ormai poche attività di questo tipo, per questo ci incoraggiano a tenere duro e a mantenere la gente sul territorio».
Vivendo a stretto contatto con la natura, avete anche una più diretta visione degli effetti della crisi climatica.
«Esatto. Leggevo di recente un’analisi climatologico-statistica dove si evidenziava in maniera chiara come, in Italia, il cambiamento climatico a livello di incremento di gradi rispetto allo storico è più marcato proprio nelle aree alpine. Dalla montagna in su c’è questo differenziale termico che è più marcato rispetto alle altre aree del Paese. In montagna ci accorgiamo sulla nostra pelle l’effetto del cambiamento climatico: una volta nevicava molto di più, il freddo era molto più intenso, le giornate di gelo ora si sono praticamente dimezzate».
Ci avviciniamo alla fine dell’anno ed è dunque tempo di bilanci e propositi per l’anno a venire. Quali sono le sue aspettative per il 2023?
«È un panorama molto incerto per tutti, con poche aspettative ma grandi domande. Ad esempio: cosa succederà sul potere d’acquisto degli italiani? Noi viviamo molto di consumi fuori casa, il canale Ho.Re.Ca., quello della ristorazione. Nel 2023 quante possibilità avranno gli italiani di uscire e mantenere questi consumi ai livelli attuali? Nel 2022 c’è stato un rimbalzo significativo dei consumi fuori casa, sarà così anche il prossimo anno o questa galoppante inflazione li porterà a una nuova riduzione? È un grande punto di domanda per tutti. Al momento non abbiamo risposte, ma gli ultimissimi dati del consumo fuori casa evidenziano che per ora gli italiani hanno ancora voglia e capacità di uscire. Ma l’anno a venire potrebbe riservarci sorprese in negativo».
«Il secondo canale di vendita è quello della distribuzione moderna. Qui sappiamo che negli ultimi due mesi c’è stato qualche segnale di calo degli acquisti da parte dei clienti del canale dei supermercati. Abbiamo quindi già un primo segnale di flessione. Quanto proseguirà? Anche questa è una grande domanda che ci si pone, che non ha una risposta, ma sta creando grande preoccupazione agli operatori».