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Ecco i rischi che incombono sulla finanza verde nell’Unione Europea | Lo scenario

È stata approvata una serie di norme finalizzate a dare rilevanza alle tematiche della sostenibilità ambientale, nell’ambito del Green Deal europeo. Si ricordano il Regolamento Ue 2019/2088 relativo all’informativa sulla sostenibilità nei servizi finanziari (il Regolamento Sfdr, Sustainable Finance Disclosure Regulation) e il Regolamento Ue 2020/852 relativo all’istituzione di un quadro che favorisce gli investimenti sostenibili e fissa i criteri per valutare la sostenibilità di un prodotto finanziario.

La Direttiva 2022/2464 (Corporate Sustainability Reporting Directive, Csrd) ha riformato la precedente normativa sulle informazioni non finanziarie delle società ampliando il novero delle imprese che dovranno fornire nei bilanci una rendicontazione di sostenibilità. Altre disposizioni sono quelle che hanno modificato la Mifid per i distributori di prodotti finanziari, oltre a linee guida e consultazioni da parte delle autorità di vigilanza.

Il quadro in continua evoluzione (con il rischio di un non perfetto coordinamento delle diverse norme nei contenuti e nei tempi di entrata in vigore), se da un lato viene incontro alle esigenze di favorire una transizione dell’economia e della finanza verso un sistema sostenibile e in linea con gli impegni internazionali, dall’altro ha destato allarme tra gli operatori finanziari di fronte alle numerose incertezze e difficoltà applicative e interpretative di una normativa così sostanziale entrata in vigore in tempi molto rapidi.

È emblematica la “Call for evidence” in materia di greenwashing lanciata dalle autorità di vigilanza europee nel settore finanziario oltre al consultation paper di Esma relativo a linee guida sull’uso dei termini Esg o connessi alla sostenibilità nella denominazione dei fondi. Da tali documenti emerge che nell’attuale incertezza ed evoluzione normativa (mentre la normativa di secondo livello sugli standard tecnici, i cosiddetti Rts, per chiarire in che modo un prodotto finanziario prende in considerazione i fattori di sostenibilità sono entrati in vigore il 1 gennaio 2023, la Csrd, che faciliterà la comprensione di quando una società persegue obiettivi sostenibili, non sarà immediatamente operativa) diviene difficile per i gestori definire con certezza quando un prodotto finanziario soddisfa i criteri di sostenibilità di cui all’art. 8 o 9 del Regolamento Sfdr.

In particolare, l’esigenza che i prodotti finanziari ex articolo 9 debbano includere esclusivamente investimenti sostenibili (e l’esigenza che i prodotti di cui all’articolo 8 contengano almeno l’80% di investimenti sostenibili) e la difficoltà a definire un investimento quale “sostenibile” in attesa della piena applicazione della Sfdr, fa correre alle imprese di investimento (e ai distributori) il rischio di contestazioni di greenwashing con conseguenti sanzioni da parte delle autorità di vigilanza e azioni legali per misselling da parte degli investitori.

Tale rischio si è già materializzato negli Usa, dove Goldman Sachs Am è stata sanzionata dalla Sec per valutazione non corretta dei fattori ambientali in relazione ad alcuni prodotti finanziari dichiarati “sostenibili” mentre in Europa non è passata inosservata la decisione di importanti operatori del risparmio gestito, quali Amundi, Blackrock, Pimco e Bnp Paribas, di riclassificare da articolo 9 ad articolo 8 prodotti per circa 100 miliardi di euro; se vi è un rischio, forse è più rilevante quello del greenbleaching rispetto al greenwashing e quello di non fornire investimenti sostenibili che rispondano a esigenze e richieste degli investitori.

Potrebbe essere utile riconoscere il ruolo di revisori terzi che attestino quando un prodotto finanziario risponde ai requisiti di cui all’articolo 8 o 9 oppure che attribuiscano un rating di sostenibilità riconosciuto, dando maggiore comfort a operatori e investitori analogamente a quanto previsto dalla Csrd, ove è previsto un ruolo dei revisori nell’asseverazione dei bilanci anche per quanto riguarda l’informativa non finanziaria e a quanto previsto nel recente accordo tra Consiglio e Parlamento Europeo sulle obbligazioni che potranno utilizzare la denominazione “green bond”. Di Paolo Barbanti Silva, partner De Berti Jacchia.

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