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Claudio De Vincenti, Presidente onorario Merita e Presidente Aeroporti Costa Azzurra: “bisogna proiettare l’Europa verso l’Africa” | Stati Generali della Ripartenza

Nella giornata del 24 novembre, Claudio De Vincenti, Presidente onorario Merita e Presidente Aeroporti Costa Azzurra, ha dialogato con Lirio Abbate, Caporedattore de La Repubblica, durante il panel Il Sud ponte del Mediterraneo: un’opportunità di rinascita per un intero territorio… e di ricollocazione (reshoring) mirata?, nel corso degli Stati Generali della Ripartenza organizzati a Bologna dall’Osservatorio economico e sociale Riparte l’Italia.

Per iniziare, Abbati domanda a De Vincenti se vi sia davvero una grande differenza fra chi opera al sud e chi invece sta al nord a volare, e lui risponde: “Ma io credo che ci sia da lavorare insieme, da agire insieme. Probabilmente sono stato invitato qui, e ringrazio Luigi Balestra e Riparte d’Italia, in qualità di Presidente di Merita, che è una fondazione che si occupa di Mezzogiorno e che i nostri amici qui conoscono e di cui sono stati anche soci fondatori o per cui hanno comunque partecipato alla sua fondazione, e lavoriamo sui temi dello sviluppo del Mezzogiorno. E qui vorrei dire una cosa che secondo me è molto importante. Quello che credo sia venuto fuori stasera in questa nostra discussione, è il bisogno di puntare sulle persone, sulla capacità delle persone di prendersi delle responsabilità, quindi su un’assunzione di responsabilità, sia nella società civile, sia nelle istituzioni meridionali. Credo che tutti, da Don Antonio a Carlo Borgomeo, adesso a Salvatore Martorana per il mondo delle imprese, ma poi a Giuseppe Romano e a Gaetano Manfredi sul versante istituzioni, ci hanno detto questo. E ci hanno detto: vogliamo rimboccarci le maniche, dipende da noi e dalla capacità della società meridionale di prendere in mano le cose. Credo che sia molto vero. E credo che le carte per farlo ci siano”.

“Naturalmente, – spiega De Vincenti – c’è una battaglia da fare, emergeva anche nelle ultime parole di Salvatore Martorana ma anche da quello che diceva Don Antonio prima, i soldi sono anche arrivati, magari non abbastanza, ma sono arrivati, ma sono stati usati male. Ma allora cosa significa? Vuol dire che sussiste il problema di fare una battaglia all’interno delle stesse istituzioni e della società civile meridionale, far emergere le forze vive, le forze positive che al Mezzogiorno ci sono e che sono tante. Per fare questo io però ho l’impressione che cogliere la fase in cui ci troviamo, come Paese e come Europa, ci aiuti forse a ragionare su come potenziamo l’emergere delle forze positive della società meridionale e delle istituzioni meridionali. E io ho l’impressione che la fase in cui ci troviamo sia una fase, che tutti stiamo vivendo, molto drammatica, in cui si sia rotta una speranza che percorreva il mondo, la speranza che in qualche modo la globalizzazione, pur con le sue contraddizioni, aiutasse a tessere una rete nel mondo. Questa speranza si è inclinata proprio ed oggi noi corriamo il rischio di avere, in varie forme, dei blocchi contrapposti. Ora, per l’Italia e per l’Europa è fondamentale che questo non sia. È fondamentale che l’Europa giochi un ruolo nel riaprire queste maglie che si stanno stringendo e che rischiano di soffocare il futuro del nostro Paese e della nostra Unione Europea. E io credo che in questo il tema del Mezzogiorno ponte nel Mediterraneo sia importantissimo, perché qui si gioca il futuro dell’Europa. Noi siamo abituati dagli anni 50 a pensare che è il Sud che deve guardare al Nord e qui invece si apre un’altra fase. Speriamo che l’Europa sia capace di capirlo, ma è il Nord che deve guardare al Sud, perché abbiamo bisogno di proiettare l’Europa verso l’Africa, verso l’Asia e rompere quella contrapposizione che si sta creando tra Occidente e Oriente, tra Nord e Sud del mondo. Allora, in questo il Mezzogiorno ha un ruolo chiave da giocare e io credo che proprio per valorizzare quello che ci hanno detto tutti quelli che sono intervenuti in questa tavola rotonda, noi abbiamo bisogno di fare leva su questa, non dico neanche occasione, perché guardate la situazione è così drammatica che non è un’occasione, è una necessità assoluta che l’Europa capisca che deve guardare al Sud.

E allora c’è il tema che veniva posto nel titolo – continua De Vincenti – e che non è solo quello del reshoring, cioè, noi possiamo far tornare al Sud, a parte che dobbiamo potenziare ciò che al Sud c’è già, e non c’è solo il turismo, c’è una realtà molto grande e ricca di tessuto economico, di terzo settore importantissima e così via, ma poi dobbiamo anche pensare che le imprese possono venire al Sud in funzione delle possibilità che al Sud si formano e quindi anche infrastrutture, eccetera, eccetera. Ad esempio, il ruolo delle ZES è importantissimo, poi adesso si avvicina un discorso troppo lungo sulle ZES e la ZES, insomma, Giuseppe Romano ne sa più di me su questo. Però il punto forse più importante è quello di come si colloca l’Italia e il suo Mezzogiorno in quella che io spero tanto sia, lo dico chiaro, una riglobalizzazione. Che magari passerà per passaggi diversi, si formeranno delle aree regionali, allora noi come ci collochiamo? Qual è la nostra area regionale? Probabilmente l’Africa, il rapporto con l’Africa, il rapporto col Medio Oriente. Abbiamo presente la situazione, però è da lì che passa questa cosa. Allora io credo che, diciamo, il discorso sul Mezzogiorno oggi abbia bisogno, primo, della mobilitazione delle forze vive del Mezzogiorno, ma secondo anche di una politica nazionale ed europea che guardi al ruolo del Mezzogiorno come il ruolo chiave per riaprire i giochi anche a livello internazionale”.

Poi De Vincenti conclude il suo intervento parlando della voglia dei giovani del Mezzogiorno di fare impresa: “Qui siamo in una terra in cui si sta bene come cittadini e si sta bene come imprese. Abbiamo un esempio intorno a noi. Credo che Carlo abbia perfettamente ragione e rispondo alla sua domanda con due numeri. Il primo numero è che negli ultimi anni le esportazioni delle imprese meridionali sono cresciute a un ritmo superiore a quello delle imprese del centro nord, il che significa che sono imprese capaci di stare sui mercati internazionali e stare sui mercati ed essere imprenditore e quindi fare un’impresa di una dimensione infrastrutturale e complessiva più difficile come quella del Mezzogiorno, significa chapeau agli imprenditori meridionali che sanno fare. Secondo, col governo Gentiloni varammo una norma che si chiama Resto al Sud che è ancora in vigore e che significa che i giovani che hanno progetti e voglia di fare impresa presentano il loro progetto a Invitalia e Invitalia mette loro a disposizione il capitale per fare l’impresa. Anche a giovani che quindi non hanno capitale. Questa norma ha prodotto in 5 anni quasi 15.000 nuove imprese, per ogni impresa quasi 4 giovani imprenditori che la mettono in piedi insieme, il che significa più di 50.000 posti di lavoro creati e più di un miliardo di investimenti. I giovani del Mezzogiorno, quindi, hanno voglia di fare impresa”.

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