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Carlo Bonomi (presidente Confindustria): «Va riconosciuto il ruolo assolutamente preminente dell’industria di trasformazione alimentare»

«Vi sembra che il ruolo assolutamente preminente dell’industria di trasformazione alimentare sia riconosciuto? Del successo e del vanto del made in Italy nell’agroalimentare? La risposta la sappiamo: è no». Ad affermarlo è Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, che lancia un appello a politica e media sull’importanza di riconoscere il ruolo centrale dell’industria della trasformazione alimentare in Italia.

La politica in particolare dovrebbe attivarsi per mettere in campo una serie di interventi che aiutino rispetto a rischi strutturali del secondo comparto dell’industria italiana, dopo la meccanica. Ha segnalato Bonomi nel suo intervento all’assemblea di Federalimentare. «Eppure i traguardi dell’industria alimentare, il suo progressivo rafforzamento come secondo comparto dell’industria italiana dopo la meccanica, non nascono oggi, non nascono con la pandemia, ma sono il prodotto degli sforzi che da anni sono sotto gli occhi di tutti», ha continuato il numero uno di Viale dell’Astronomia.

«Quanti sanno e ricordano che questa produttività si deve al fatto che nell’ambito del G7 l’industria di trasformazione alimentare italiana è seconda solo a quella degli Stati uniti? Per unità di produzione basate su automazione innovativa, per un numero che non solo supera quello dell’analogo settore produttivo tedesco, ma è superiore alla somma di quelli di Francia, Corea del Sud e Regno unito».

«Quanti si rendono conto dell’attivo commerciale che la nostra industria alimentare porta alla bilancia dei pagamenti italiani? Quanti si rendono conto del fatto che se la quantità delle emissioni clima-alteranti del settore è pari a 30 mln di tonnellate di CO2, nettamente inferiori a quelle di Francia, Germania, Regno unito e Spagna. Ciò si deve all’innovazione produttiva volta alla maggiore sostenibilità», ha detto ancora, rispondendo: «Sono domande retoriche, ma non lo sono affatto per la politica e per i media del nostro paese».

Tuttavia, questo settore, le cui entrate toccheranno probabilmente il 9 per cento del Pil italiano, si trova ad affrontare alcune fragilità strutturali. «Da dieci anni il consumo alimentare domestico scende di un punto percentuale all’anno. Una dinamica negativa su cui pesano fattori di lungo periodo che non si risolvono da un giorno all’altro con un decreto, come l’arretramento del reddito pro-capite dovuto alla bassa produttività e una curva demografica asfittica che modifica sempre più incisivamente l’intero spettro dei consumi», ha segnalato il presidente di Confindustria.

È quindi l’export a garantire la ricchezza del settore. «Ma se l’export continuerà a caratterizzare il traino che il settore assicura all’economia italiana a rafforzamento della nostra posizione attiva come paese nei flussi finanziari esteri, allora la politica deve accendere i fari su alcuni componenti strutturali che si stanno manifestando e che rischiano d’indebolire la solida ripresa del vostro settore», ha detto Bonomi.

Uno dei primi problemi è l’aumento delle commodities alimentari, su cui «il governo deve attivarsi, perché l’Ue intervenga con interventi energici che abbiano sia una componente di agevolazione a tempo usando le nuove leve proposte sulla nuova PAC, sia evitando che i nuovi fenomeni ciclici di natura finanziaria vengano ad aggiungersi». Il secondo ambito d’intervento è quello relativo alla sostenibilità e alle politiche di decarbonizzazione che hanno un impatto sui costi. Per Bonomi bisogna «mantenere un’altissima attenzione alle frontiere o obiettivi indicati dall’Ue per la transizione energetica».

E, ora, secondo il presidente di Confindustria di destinare risorse al comparto. «Abbiamo destinato risorse a tanti settori, mai ad hoc per l’impresa alimentare e di trasformazione», ha segnalato. «Recuperare questa visione è possibile, vista la sensibilità mostrata dal governo Draghi anche direttamente sui vostri problemi».

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