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[Il documento] Dalla crisi per il Covid alla recessione. Ecco perché la Germania non può rinunciare al gas russo

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L’Unione Europea cerca strade alternative per compensare le forniture di petrolio provenienti da Mosca, mentre la Germania ne frena l’embargo.

L’embargo petrolifero alla Russia e le difficoltà degli Stati Membri

La Commissione europea sta elaborando proposte per un embargo petrolifero come hanno fatto già altri Paesi come Canada e Stati Uniti, che però dipendono meno dall’approvvigionamento russo rispetto all’UE.

Per prevenire una crisi di approvvigionamento, Bruxelles vuole aumentare le forniture di gas e petrolio sui mercati internazionali. L’UE infatti è dipendente per circa il 27 per cento dalle importazioni di petrolio russo, tanto che le uniche misure restrittive riguardanti forniture energetiche adottate fino ad ora hanno colpito il carbone (con entrate per Mosca per 8 miliardi di euro/anno).

I Paesi membri dell’UE sono però divisi sulla possibilità di percorrere tale strada, in particolare è la Germania a frenare l’iniziativa considerando insostenibile il taglio immediato alle forniture in entrata da Mosca.

Il rapporto tedesco: rischio recessione

Un gruppo di istituti di ricerca economica tedeschi ha pubblicato un rapporto per conto del Ministero federale dell’economia e della protezione del clima. Nello studio “Dalla pandemia alla crisi energetica – imprese e istituzioni in costante stress“, si afferma che un embargo immediato sulle forniture russe di petrolio e gas all’UE potrebbe far finire l’economia tedesca in una “forte recessione”, stimando una contrazione del PIL tedesco di circa il 2,2 per cento nel 2023.

Il rapporto contiene infatti una previsione dettagliata dell’economia tedesca a breve termine fino al 2023 e una proiezione a medio termine dello sviluppo economico fino al 2026. L’attenzione è rivolta in particolare a come la decarbonizzazione influenzerà il potenziale produttivo tedesco.

“Oggi l’economia tedesca sta attraversando acque difficili”, confermano gli esperti. Le tendenze economiche che la attraversano sono contrastanti, da un lato c’è una spinta in avanti dovuta alla revoca delle restrizioni pandemiche, dall’altra invece le conseguenze della crisi economica e le onde d’urto della guerra in Ucraina stanno rallentando la crescita. Ciò che tutte queste influenze hanno in comune è il loro effetto sulla determinazione dei prezzi.

Le previsioni a breve termine per l’economia tedesca

Nell’ultimo semestre invernale, le misure di protezione contro la pandemia hanno in particolare frenato la produzione economica. Supponendo che la guerra in Ucraina non si intensifichi ulteriormente per quanto riguarda l’attività economica, la ripresa economica prenderà il sopravvento dalla primavera. Dopo un inizio anno debole, è probabile che il prodotto interno lordo aumenterà in modo significativo nel secondo trimestre, ma “senza l’onere della guerra in Ucraina il vantaggio sarebbe stato più forte”, confermano gli economisti.

Nel complesso, ciò significa che il processo di recupero economico viene nuovamente ritardato. “Il livello pre-crisi della produzione economica – viene scritto nel rapporto – sarà quindi raggiunto solo nel terzo trimestre dell’anno in corso”. Nel complesso, gli istituti prevedono un aumento del prodotto interno lordo del 2,7% per quest’anno e del 3,1% per il prossimo.

Gli effetti dell’embargo sulla Germania

Nel prossimo anno, l’economia tedesca rischia di andare alla deriva. Le ragioni principali di ciò sono l’elevato arretrato di ordini nell’industria e il recupero dell’attività dei consumatori. “In caso di embargo immediato sulle forniture di petrolio e gas dalla Russia all’Unione Europea, invece, l’economia tedesca cadrebbe in una forte recessione”, è la conclusione individuata nel rapporto. In questo caso, la perdita cumulativa della produzione economica complessiva dovrebbe ammontare già a circa 220 miliardi di euro nel biennio 2022 e 2023, che corrisponde a oltre il 6,5% della produzione economica annua.

Le ricadute della guerra sull’economia tedesca

“L’attacco della Russia all’Ucraina ha provocato gravi danni all’economia globale sotto tanti punti di vista”, precisano gli economisti tedeschi. “I prezzi dei combustibili fossili e di alcuni metalli industriali, per i quali la Russia e in una certa misura l’Ucraina sono i principali fornitori sui mercati mondiali, sono saliti alle stelle”. La guerra e le sanzioni contro la Russia stanno provocando un nuovo strappo alle già tese catene di approvvigionamento globali in alcune zone specifiche.

È probabile che nei prossimi mesi gli aumenti di prezzo e i colli di bottiglia che si creeranno nella filiera delle consegne alimenteranno l’inflazione, che è già elevata in molti luoghi. Anche Russia e Ucraina scompariranno in gran parte dei mercati di vendita nel prossimo futuro. Dopotutto, la guerra rende più difficili molte decisioni economiche perché rende il mondo meno sicuro. Tuttavia, le reazioni sui mercati finanziari sono state finora piuttosto moderate.

I due possibili scenari

Si aprono a questo punto due possibili scenari.

Se il conflitto militare, pur continuando, non si estenderà oltre i confini dell’Ucraina e le sanzioni rimarranno in vigore è probabile che inizialmente le esportazioni delle materie prime russe verso l’Unione Europea non verranno fermate e, in particolare, che sarà evitato il razionamento dei consumi di gas in Europa. In questa ipotesi, è probabile che i prezzi delle materie prime abbiano già raggiunto il picco e nei prossimi mesi torneranno gradualmente a scendere in linea con i prezzi sui mercati.

Viceversa, se gli sviluppi politici ed economici in Russia e nell’intera regione rimarranno fonte di accresciuta incertezza nel periodo di previsione e danneggeranno l’economia internazionale, ci sarà l’interruzione totale delle consegne di materie prime. Il forte aumento dei prezzi delle materie prime che ne deriverà obbligherà l’inflazione a rimanere alta in tutto il mondo.

“Non è prevedibile un rapido calo dell’inflazione”, concludono gli economisti tedeschi; “al contrario, è prevedibile un suo ulteriore aumento nel corso della primavera. Perché l’invasione della Russia in Ucraina ha causato un forte aumento dei prezzi delle materie prime e dei prodotti agricoli”.

La posizione degli altri Stati Membri

Ma non è solo Berlino a frenare l’embargo del petrolio russo. Oltre alla Germania, altri Stati membri, come Austria e Ungheria, sarebbero contrari all’inclusione di un embargo petrolifero nel sesto pacchetto di sanzioni contro la Russia.

Nel quadro dei suoi obiettivi climatici, l’UE aveva già previsto una riduzione sul consumo di petrolio del 30 per cento entro il 2030, rispetto ai livelli del 2005. Da prima dell’invasione effettiva dell’Ucraina, la Commissione Europea si stava muovendo velocemente sulla scena internazionale per arrivare entro l’estate a varare una nuova strategia per un dialogo internazionale sull’energia, per sostenere gli Stati membri nei loro contatti internazionali per le forniture energetiche che non siano con la Russia.

Il “partenariato multisettoriale” con i Paesi del Golfo Persico

Nella presentazione dei dettagli del piano ‘REPowerEU’ calendarizzata per il prossimo 18 maggio, l’unione Europea indicherà la strada per raggiungere l’indipendenza dai combustibili fossili russi entro il 2027.

Indipendenza che deve passare attraverso nuovi fornitori, tanto che la Commissione UE sta lavorando per un nuovo “partenariato multisettoriale” con i Paesi del Golfo Persico (Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Iran, Iraq, Kuwait, Oman, Qatar) che sono i principali fornitori internazionali di idrocarburi, i componenti essenziali del petrolio greggio, dei gas naturali e di altri combustibili.

L’iniziativa è tesa “a vedere con occhi nuovi le relazioni tra l’UE e il Golfo” sostiene Bruxelles, soprattutto sul piano della sicurezza energetica dell’UE. Uno dei pilastri su cui si fonderà il “futuro dialogo” con i Paesi del Golfo è proprio dedicato all’energia e alla transizione verde.

La sollecitazione all’OPEC e la fredda risposta

Mentre un sesto pacchetto di sanzioni è sul tavolo di Bruxelles, si cerca di capire come tagliare le entrate energetiche della Russia senza andare incontro a gravi ripercussioni per l’economia europea. La commissaria europea competente, Kadri Simson, ha chiesto ai Paesi produttori di gas e petrolio dell’Organizzazione dei Paesi esportatori di Petrolio (OPEC) “di agire in modo responsabile e a considerare la loro capacità di aumentare le forniture sui mercati internazionali, in particolare dove la produzione non raggiunge la piena capacità”.

Simson ha ribadito quanto già avevano espresso i Paesi membri del G7 (Germania, Canada, Stati Uniti, Francia, Italia, Giappone, Regno Unito) in una dichiarazione congiunta di inizio marzo, sottolineando il ruolo dell’OPEC per allentare le tensioni sul mercato dell’energia conseguenti alla guerra in Ucraina.

La replica dell’OPEC è stata fredda e alla richiesta di aumentare le forniture il segretario generale Mohammad Barkindo ha risposto che “sulla volatilità del mercato, gli attuali sviluppi geopolitici in Europa, insieme alla pandemia di Covid-19 in corso, hanno creato un mercato estremamente volatile e che questi ‘fattori non fondamentali’ sono al di là del controllo dell’OPEC”.

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