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Stefano Lepri (La Stampa): «Il lavoro è il problema degli italiani, non i condoni delle tasse arretrate»

“Troppi posti precari, paghe basse, tempo parziale anche per molti che vorrebbero lavorare a tempo pieno: questi sono i problemi di una vasta maggioranza di italiani, e non i condoni delle tasse arretrate o gli altri favori a categorie già protette”.

Così Stefano Lepri commenta sulla Stampa il rapporto Inapp uscito ieri e i programmi fiscali del governo Meloni.

“Negli ultimi trent’anni – prosegue Lepri – la nostra economia non ha creato ricchezza quasi per nessuno. Non è un fenomeno solo italiano il lavoro a termine. Però da noi è parte di un circolo vizioso che scoraggia.

A che serve studiare di più, se tanto troverò solo quello?

A che serve darsi da fare sul posto di lavoro, se l’assunzione stabile è un miraggio?

Quando si rese il lavoro più «flessibile» si sperava che le nostre imprese ne avrebbero approfittato per guadagnare in dinamismo. In teoria l’idea funzionava, in qualche parte ha funzionato.

Ma nel contesto italiano, perlopiù il contratto a termine è risultato uno strumento per abbassare il costo del lavoro; e il lavoro poco costoso può aver perfino scoraggiato gli investimenti in innovazione.

La caratteristica più anomala del mondo del lavoro italiano è infatti che i giovani, anche quando assunti in pianta stabile, stentino a fare carriera.

E già partono dal basso: il primo stipendio di un ingegnere è poco più della metà che in Germania. Se il lavoro dipendente soffre, tra precariato, orari ridotti, basse paghe, alcuni esponenti dell’attuale maggioranza confidano ora in una soluzione che in realtà è vecchissima: tassiamo il meno possibile chi si mette in proprio.

Per questo vogliono allargare ancora il privilegio fiscale di cui i lavoratori autonomi da qualche anno godono rispetto ai lavoratori dipendenti.

Può essere questa la via per il futuro? Negli Usa solo il 6% lavora in proprio. In India il 50%.

L’Italia, con circa il 23%, è già sopra quasi tutti gli altri Paesi europei, tranne la Grecia. Benvenuto chi si dà da fare con una start-up; ma nei grandi numeri non è dall’impresa individuale che ci possiamo aspettare gli aumenti di produttività capaci di elevare il benessere di tutti”.

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