Un grado di aumento della temperatura globale porta a una perdita del 12% del Pil mondiale: significa oltre 12.000 miliardi. Che il cambiamento climatico sia una minaccia per l’economia del pianeta è un fatto su cui quasi nessuno ha dubbi. Ma una quantificazione esatta mancava: una ricerca di Adrien Bilal di Harvard e Diego Kanzig della Northwestern University colma nel modo più traumatico la lacuna. “Finora si pensava che l’impatto sul Pil globale dello shock climatico fosse nell’ordine dell’1-3%, tutto sommato tollerabile”, spiega il report, secondo quanto riporta Affari&Finanza di Repubblica.
Ora c’è la dimostrazione scientifica che il danno può arrivare a sei volte di più: “abbiamo preso a riferimento un periodo di sei anni da un trauma, come la certificazione di un aumento di un grado, e individuato la perdita globale di ricchezza, produttività, raccolti agricoli, posti di lavoro. Senza contare le perdite umane dovute a inondazioni, siccità, uragani, incendi. Perché gli effetti vengano meno, sempre che siano rimosse le cause dello shock ovvero che si riduca sostanzialmente l’emissione di CO2, devono passare almeno altri dieci anni, e non è detto che si riesca a recuperare del tutto”.
Se non si interviene con decisione, scrive il report, si va incontro a una perdita del 31% del “welfare” mondiale, gli interventi di assistenza ai cittadini. I due ricercatori documentano in 70 pagine fitte di equazioni, tabelle, modelli econometrici le loro stime. Puntualizzando che solo con una visione globale di fenomeni climatici quali l’innalzamento delle temperature degli oceani, l’andamento dei venti lungo l’asse terrestre e i capricci di El Niño, si possono ipotizzare i pericoli: “il più delle volte si fa riferimento a valutazioni Paese per Paese: invece occorre guardare alle temperature medie di tutto il mondo, fermo restando che le aree più calde sono più esposte”.
Una constatazione, quest’ultima, che depone malissimo per l’Italia, già additata come vittima sacrificale nella crisi del clima. L’economista Enrico Giovannini, che riuscì da ministro nel governo Draghi a far inserire in Costituzione la tutela dell’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi “nell’interesse delle future generazioni”, avverte che la situazione sta degenerando. Il Copernicus Data Space Ecosystem, il programma dell’Ue di rilevazioni sulla salute del pianeta, calcola che fra aprile 2023 e marzo 2024, la temperatura in Italia è salita di 1,5 gradi.
“Un campanello d’allarme gravissimo”, avverte Giovannini, direttore scientifico dell’Asvis, Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile, che ha in corso proprio in questi giorni i suoi eventi annuali. “Anche noi abbiamo predisposto, insieme a Oxford Economics, una serie di scenari con le possibili conseguenze. Nel peggiore, in cui la temperatura continua a salire in mancanza di interventi e arriva a +5 gradi per fine secolo, il Pil si riduce del 30% nel 2050, e nel 2100 a zero perché l’economia è annichilita del tutto”, spiega. Per fortuna ci sono una serie di scenari intermedi, che però richiedono un’azione più decisa di quella attuale.
“Anche nelle ipotesi più ottimistiche è prevista una crescita globale delle temperature dell’1,5% sull’era preindustriale, e fino al 3% in Italia. La sfida è accrescere il Pil con una spinta all’innovazione, non solo energetica, a tutto campo”, aggiunge. Non c’è scelta se non spingere sulla trasformazione del sistema economico moltiplicando gli interventi e sperando che gli altri facciano altrettanto.