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[L’intervento] Marco Mayer (esperto di Intelligence e Cybersecurity): «La transizione digitale e la grande confusione»

Con il Web seminar dell’8 Aprile 2021 sulle Reti, Fratelli d’Italia ha il merito di aver acceso i riflettori sulla confusione politica che caratterizza tuttora il tema della transizione digitale nel nostro paese.

Paradigmatici a questo proposito sono stati due interventi provenienti dal mondo accademico: da un lato Maurizio Mensi della SNA ha evidenziato come UE e NATO  stiano attrezzandosi in modo sempre più incisivo per fronteggiare la minaccia cibernetica che proviene della Cina; dall’altro Nicola Blefari Melazzi, Presidente del CNIT ha auspicato un approccio diverso: confermare e potenziare l’ attuale apertura verso altre sponde straniere. Sotto la guida del Professor Blefari il CNIT collabora da tempo strettamente con il maggiore  colosso statale delle telecomunicazioni cinesi: la ZTE, una azienda  strettamente collegato al Partito Comunista Cinese, come sottolineato da MERICS, il  think thank europeo i cui ricercatori sono stati recentemente colpiti dalle sanzioni di Pechino.

Nel corso del mese di marzo quasi tutti i ministri del governo Draghi sono stati convocati in audizione dalle commissioni parlamentari competenti per discutere le modifiche alla prima Bozza del Piano Nazionale di Ricostruzione e Resilienza (PNRR) elaborato alla fine del 2020 dal Governo Conte 2.

Il nuovo piano da circa 200 miliardi non è ancora definito, ma dai lavori delle Commissioni Parlamentari risulta evidente che il PNRR avrà implicazioni di rilevanza primaria in materia di sicurezza nazionale, alleanze internazionali, mediterraneo e rilancio della vocazione euro-atlantica dell’Italia. Pochi ricordano che una delle priorità fondamentali del programma Next Generation EU (deliberato dal Consiglio Europeo nel luglio 2020) è irrobustire la resilienza istituzionale degli Stati membri.

A parole tutti concordano sul fatto che per rendere l’Italia più resiliente sia indispensabile ridurre la sua forte dipendenza dalle importazioni tecnologiche dalla Cina, dipendenza testimoniata in modo emblematico dalla rapida e consistente penetrazione delle imprese del Dragone nelle nuove reti 5G e nelle forniture per la broad band. Come ha sottolineato il Professor Mensi un uso intelligente dei fondi del PNRR potrebbe servire ad invertire la tendenza, potenziando sicurezza nazionale e resilienza euro atlantica dell’Italia digitale 

Per ragioni di spazio non cito i dati inquietanti (sottolineati dal Copasir) in merito alla crescita dell’influenza economico-finanziaria della Cina nel nostro Paese nell’ultimo quinquennio (2015/2020). Mi riferisco in particolare a quanto il Copasir ha segnalato in materia di investimenti diretti (talora abilmente mascherati con etichette europee),  joint ventures, importazioni di prodotti, componenti, piattaforme e servizi, forniture PA via Consip o altre migliaia di stazioni appaltanti, accordi con università italiane per la diffusione di tecnologie cinesi di varia natura.

In seguito alle sue indagini il COPASIR ha ipotizzato di bandire le tecnologie cinesi perché i numeri parlano chiaro: negli ultimi anni la Cina (con i suoi colossi finanziari, tecnologici e energetici) ha potuto contare sull’Italia come una piattaforma preziosa per attuare la sua strategia di penetrazione e commerciale in Europa e nel Mediterraneo (basta consultare i documenti ufficiali sullo stato di avanzamento della Bri e in particolare i segmenti Digital, Marittime ed Enviromental Silk Road).

Molti politici sperano di risolvere il problema con una alternativa puramente europea, ma ci vuole molta attenzione perché – come sempre – il diavolo si nasconde nei dettagli. Mentre a parole si declama la presunta sovranità digitale  europea si tiene nascosto che nei mega progetti “europei” sono recentemente entrate alcune delle più potenti e aggressive aziende tecnologiche cinesi: China Mobile e China Telecom nella “O- RAN Alliance” per il 5G e Alibaba e Huwaei in ” Gaia-X” per il Cloud Edge Computing.

In un’era sempre più dominata dal cloud computing non si capisce bene – almeno nel medio periodo – come l’Europa possa essere del tutto autosufficiente. Non a caso per il Cloud Enel e Banca Intesa hanno promosso specifiche joint ventures rispettivamente con Amazon e con Google.

Nel corso del Webseminar promosso da Fratelli D’Italia, l’onorevole Adolfo Urso, vicepresidente del Copasir ha sottolineato come nell’ambito dell’economia digitale l’Italia possa tornare ad avere una centralità mediterranea e atlantica a condizione che lo Stato diventi Stratega, più precisamente uno Stato Stratega.

Per Urso si tratta di un ruolo decisivo perché nelle democrazie le istituzioni pubbliche sono chiamati a proteggere la dignità e le libertà delle persone in qualità di cittadini; a differenza di altri Stati (come ad esempio in Cina) dove le persone sono considerate consumatori sulla base di tradizioni storiche e di una cultura politica profondamente diversa.

Dal dibattito – a poche settimane dal 30 aprile –  l’impressione è che ancora non ci siamo. Dal luglio 2020 (da quando Il Consiglio Europeo ha varato i 200 miliardi del Next Generation EU)  l’Italia sembra non avere ancora le  idee chiare in materia di transizione digitale. Forse ha esagerato, ma non troppo, Franco Bernabè quando ha  sottolineato: “A 15 anni dal piano Rovati siamo ancora più indietro di allora. Di questo passo non riusciremo a spendere neppure un euro dei tanti miliardi di euro stanziati per l’ Italia”.

Nel corso del dibattito è stato interessante ascoltare anche le dettagliate risposte di Luigi Gubitosi alle critiche che  Franco Bassanini ha rivolto alla gestione del gruppo TIM. Fa piacere sapere che TIM sia oggi molto più coesa  e proiettata all’innovazione sotto la leadership italiana; d’altra parte le divisioni e le incertezze del passato (comprese le complesse relazioni con Mediaset e con i francesi) non sono un’ invenzione di Bassanini.

Franco Bernabè ha anche sottolineato l’importanza di superare i tanti luoghi comuni che  circondano il dibattito pubblico  in materia delle reti di telecomunicazioni. Il dibattito continua a ripercorrere formule che non hanno senso nella realtà contemporanea.  Sotto questo profilo numerosi relatori hanno messo in luce  come oggi  non servono gli scorpori della rete di cui si è parlato negli anni scorsi;  per Bassanini e altri operatori anche la tanto decantata rete unica non è la soluzione magica che risolve tutti i problemi di efficienza e sicurezza; la chiave fondamentale è una vera regia pubblica, mai esercitata dai governi negli ultimi anni.  

Dalla nascita di Internet la dimensione  fondamentale è  l’ interazione e l’ integrazione tra sistemi di reti, la complessa connessione di reti di  reti, la sicurezza e l’efficacia di piattaforme, servizi e infrastrutture. Da qui deriva la centralità delle piattaforme cloud che come ho accennato in precedenza mutano radicalmente anche l’approccio alla sicurezza delle infrastrutture e alla Cybersecurity.

Nel webseminar in assenza di decisioni strategiche del Governo anche gli interventi dei Ministri Colao e Cingolani sono dovuti necessariamente  restare un po’ sul vago. E’ positivo che si siamo impegnati per una forte accelerazione dei tempi e per un consistente snellimento delle procedure, ma non hanno potuto indicare obiettivi prioritari da realizzare nel medio e lungo periodo. 

Il rappresentante di Vodafone ha accennato a voucher per gli utenti e incentivi di detassazione per gli.operatori, ma a che fine? E non c‘è il rischio di favorire indirettamente gestori e vendor cinesi che oltre alle minacce alla sicurezza possono peraltro contare sui consistenti aiuti di stato di Pechino? Lo stesso discorso vale per i progetti proposti dal CNIT o altri centri universitari che hanno accordi d ZTE, Huwaei o Wind.

Nel corso del  webseminar di FdI una nuova e interessante prospettiva è stata offerta da Franco Gabrielli, nel suo primo intervento pubblico dopo la  sua nomina a Autorità Delegata per la Sicurezza della Repubblica.

Dopo aver ribadito la nitida ispirazione politica europea e atlantica del Presidente Draghi Gabrielli ha ricordato in primo luogo l’imminente upgrading della Polizia Postale e Scientifica che diventerà una  Direzione Generale del Dipartimento Pubblica Sicurezza del Viminale Polizia Postale e ed Europol si confermano due presidi fondamentali per la polizia di prevenzione e il  rule of law enforcement in area Cyber

In ambito digitale per Gabrielli serve inoltre un salto di qualità sin  dai progetti che saranno  decisi  la settimana prossima dal CISR politico. Ciò  che veramente serve  non è l’ennesima normativa perfetta sulla carta, ma occorre unire consapevolezza  e senso pratico in analogia  con quanto si attua per la  sicurezza stradale; riprendendo un tema sollevato da Stefano Mele, il Prefetto Gabrielli ha sottolineato, inoltre,  come  occorra più trasparenza nei rapporti tra pubblico e privato, anche per superare sia alcune residue opacità  sia le distinzioni manichee.

Franco Gabrielli, infine ha concluso il suo intervento con un messaggio di carattere più strategico: occorre procedere distinguendo più nettamente tra regolamentazione cyber defence  e  resilienza cibernetica. In questa prospettiva spetta al legislatore definire una nuova autorità o agenzia  di regolazione a 360 gradi in un campo per presidiare un campo in cui sin ad oggi gli organismi di intelligence hanno lavorato bene, ma svolgendo (dal 2017 in poi) una funzione di supplenza per compiti non propri.

Per inciso la distinzione è assolutamente condivisibile, ma  resta un problema interno al sistema per la sicurezza della repubblica. All’epoca della riforma (legge 124)  Forza Italia ed altri partiti si opposero alla creazione di una agenzia di Cyberdefence che offrisse il necessario supporto all’Aise e all’Aisi. L’obiettivo era trovare l’unanimità sulla riforma e la proposta fu accantonata. Il problema di affrontare la dimensione cyber all’interno dei servizi resta una assoluta necessità. Ma non è facile perché il mondo delle telecomunicazioni, delle tecnologie digitali e delle reti mediatiche preferisce non aver organi di intelligence con cui doversi confrontare.

Molto netta, infine, la relazione conclusiva di Giorgia Meloni che ha usato più o meno queste parole:  “Anche se sono allo opposizione spero nel coraggio in Mario Draghi perché utilizzi la sua grande autorevolezza internazionale perché la transizione digitale del PNRR si ispiri pienamente ai valori della democrazie europee e occidentali”.

Oltre a “sperare in Draghi” Giorgia Meloni ha sollevato un altro aspetto assai delicato. Il Parlamento si è pronunciato sullo schema di PNRR del Governo Conte 2, ma rischia di non poter dire la sua sulla versione che l’Italia presenterà all’Unione Europea entro il 30 Aprile prossimo. La preoccupazione espressa da Giorgia Meloni è sacrosanta e condivisibile da tutte le forze politiche. Ma c è una soluzione a portata di mano.

Per non bypassare il Parlamento il primo passo è riattivare il Copasir per un esame sui capitoli strategici del PNRR che sono fondamentali per sicurezza nazionale, mediterraneo e irrobustimento alleanze euro-atlantiche.

Il litigio tra Lega e Fratelli d’Italia per la Presidenza del Copasir può essere sciolto anche a maggio; un parere ben meditato del COPASIR con il supporto dell’Autorità Delegata sul PNRR, invece, serve subito. L’auspicio è che nell’interesse della Nazione Fratelli d’ Italia non ponga ostacoli alla ripresa immediata del funzionamento del COPASIR, le cui attività sono ferme da fine gennaio.

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