Tra i drammi di fine inverno del governo Draghi svetta imponente la questione delle concessioni balneari, sulla quale alcune componenti della maggioranza cercano facile popolarità. Come al solito, c’è chi approfitta per montare intorno al caso una campagna antieuropea, che occorre contrastare. Basta un po’ di creatività e di ragionevolezza.
Stiamo parlando dell’applicazione di una direttiva europea, approvata da oltre tre lustri e trasposta da tempo nel nostro ordinamento, ma alla quale non abbiamo molto a lungo dato applicazione. Alla fine, il Consiglio di Stato ha deliberato che così non si poteva continuare e ha posto un termine tassativo per l’applicazione della direttiva, che impone che le concessioni a scadenza vengano messe a gara. Circolano al riguardo varie proposte, che forse l’Autorità di concorrenza potrebbe aiutare il governo a trasformare in norme per la transizione al nuovo regime.
Una possibilità credo consentita dalla norma europea è, in prossimità della scadenza delle concessioni, di avviare un dialogo con il concessionario attuale, in base al quale definire lo standard di servizio che esso è disposto a garantire. La gara potrebbe poi estendersi ad altri soggetti, chiedendo al minimo di garantire lo stesso standard di prestazione, se possibile di miglioralo.
Si può anche immaginare di costruire insieme al concessionario una stima del valore del goodwill (avviamento) dell’azienda, prevedendo che il nuovo entrante ne corrisponda il valore al concessionario uscente.
Insomma, non c’è bisogno, per avviare la concorrenza, di stravolgere il mercato e di compromettere i valori accumulati nell’azienda dal concessionario esistente, si può accompagnare il sistema in maniera più soffice verso un regime più aperto alla concorrenza.