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[Lo scenario] Il tracollo del made in Italy online per colpa delle sanzioni

Secondo quanto emerso dall’analisi di Netcomm, il Consorzio del Commercio Digitale Italiano, sull’incidenza degli acquisti online cross-border in Russia, il Made in Italy delle imprese che fanno commercio on line perderà 700-800 milioni di euro, circa il 6% del totale, a causa delle sanzioni imposte alla Russia. In Italia, circa il 56% delle aziende si avvale di canali digitali per vendere i propri prodotti o servizi ad altre aziende o consumatori stranieri, ma quasi il 75% di queste esporta tramite canali digitali prodotti e servizi equivalenti a meno del 20% del proprio fatturato totale.

Cross-border eCommerce

In altre parole, sempre più aziende fanno ricorso al cross-border eCommerce come canale di vendita per il mercato straniero, ma, allo stesso tempo, il peso dell’export digitale sull’intero fatturato rimane abbastanza modesto (13,5 miliardi nel 2020). Tuttavia, secondo il report 2021 “Esportare la dolce vita”, l’incidenza degli acquisti cross border è altissima in Russia, il cui valore costituisce il 74% del totale eCommerce. Dato che il fatturato totale delle vendite eCommerce in Russia è di 20 miliardi di euro, questo significa che circa 14,8 miliardi di euro di questi sono fatturati al di fuori della Russia.

L’uscita di scena della Russia dal mercato digitale globale è dovuta non solo al blocco delle merci e alle sanzioni dirette, ma anche all’interruzione generale delle catene di approvvigionamento e alle difficoltà causate dal bando degli strumenti di pagamento, con ricadute dirette sui consumatori russi che non potranno completare l’iter di acquisto online. «La Russia è uno dei Paesi più rilevanti al mondo per i brand italiani. Pensando in particolare alla quota di export italiano generata dai canali online, supponiamo una perdita di circa 700-800 milioni di euro come conseguenza diretta della chiusura del mercato russo, pari al 5-6% del valore totale dell’export via eCommerce in Italia», commenta Roberto Liscia, Presidente di Netcomm.

Il turismo

«Anche il turismo russo in Italia costituiva un driver ulteriore per l’acquisto di prodotti italiani: in molti casi, i turisti provenienti dalla Russia, rientrati nel proprio Paese, continuavano a comprare online i prodotti acquistati di persona in vacanza. In sostanza, l’interruzione del turismo russo sul nostro territorio ha bloccato le vendite sia offline sia online nel mercato russo di prodotti Made in Italy. A subire questa battuta d’arresto sarà principalmente il settore Fashion, che in Italia rappresenta il 53% dell’export online di beni di consumo, per un valore totale di circa 7,1 miliardi di euro. Gli altri due settori principalmente interessati saranno Food (alimentari e bevande) e Arredamento, che in Italia pesano rispettivamente il 14% e l’8% sul valore complessivo dell’export digitale di prodotti di consumo».

«Lo scenario geopolitico attuale sta producendo un incremento dell’inflazione dovuto all’aumento dei costi energetici e, di conseguenza, dei costi delle intere filiere, a cui si accompagnerà, secondo Netcomm, una riduzione dei consumi, generando quindi un effetto recessivo. Tuttavia, porterà anche cambiamenti importanti nelle dinamiche di mercato, che potrebbero tradursi in un’uscita di scena della Russia insieme ad un consolidamento ulteriore dei mezzi digitali per gli acquisti cross-border e allo sviluppo di ulteriori mercati interessanti».

Le perdite del made in Italy

«È fondamentale per le imprese italiane ragionare su altri mercati di sbocco, così da poter parzialmente compensare le gravi perdite che stanno subendo. Oltre al tanto menzionato mercato cinese, infatti, vi sono alcuni mercati fortemente attrattivi per il nostro Made in Italy come Indonesia, Turchia, Iran e Arabia Saudita per la propensione agli acquisti online, in particolare di beni di lusso. Infine, l’Africa costituisce un mercato non ancora esploso, che si sta però velocemente digitalizzando, il che suggerisce che ci sono ampi margini di crescita in ambito eCommerce per le imprese nostrane. Resta comunque probabile che serviranno almeno due anni per compensare le perdite già citate», conclude Roberto Liscia.

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