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[Lo scenario] Il Pnrr nel pantano. Sono già a rischio i 20 miliardi della rata di dicembre

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza dell’Italia è in ritardo, e la rata di fine anno è a rischio. Il governo ne è consapevole e sta preparando una serie di interventi, forse un decreto prima di Natale. Da Bruxelles arriva un richiamo: “Il piano va attuato e le scadenze devono essere rispettate”.

Il problema è che la capacità di spesa non funziona: l’esecutivo teme di impiegare quest’ anno meno di 20 miliardi (rispetto ai 30 immaginati dal Def) e poi molte gare stanno andando deserte per colpa dell’aumento dei prezzi.

La manovra prevede un fondo per gli extra costi da 10 miliardi, ma si sta ragionando se riordinare i fondi della coesione. In più, i ministri Giorgetti e Fitto stanno pensando a una serie di opere da stralciare dal Pnrr perché irrealizzabili.

Si profila invece una soluzione per sbloccare la riforma della giustizia: un emendamento del governo al decreto Rave stabilisce, come richiesto dai magistrati, una norma transitoria che regolerà l’entrata in vigore del provvedimento che porta il nome della ex ministra Marta Cartabia.

Il ministro Carlo Nordio ha garantito al commissario europeo per la Giustizia che comunque “le riforme entreranno in vigore rispettando le scadenze”.

Il Piano italiano vale 191,6 miliardi di euro e a fine anno la Commissione dovrebbe pagare un’altra tranche da 19 miliardi, ma andranno centrati tutti i 55 obiettivi (45 quelli già realizzati nel primo semestre 2022).

All’articolo 68 della manovra è stato inserito il fondo per fronteggiare gli aumenti dei prezzi dei materiali e dei beni energetici che impattano sugli appalti del Pnrr.

Le risorse stanziate sono pari a 10 miliardi: 500 milioni per il 2023, un miliardo per il 2024, due miliardi per il 2025, tre per il 2026 e tre miliardi e mezzo per il 2027.

Il tema degli extra costi è uno degli ostacoli alla realizzazione del piano. Nei mesi scorsi sono andate deserte decine di gare a causa del caro prezzi. Un esempio è l’investimento fissato dal Pnrr per gli asili nido e le scuole per l’infanzia.

Le risorse si attestano a 4,6 miliardi e già 3,7 miliardi sono stati messi a bando fra gli enti territoriali. Ebbene, secondo uno studio dell’Ufficio parlamentare di bilancio, un numero consistente di Comuni non ha partecipato ai bandi.

Correggere il Pnrr, non riscriverlo, e riprogrammare i fondi europei eliminando le opere considerate ormai irrealizzabili. Questa è la strategia che il governo vuole portare avanti nei prossimi mesi.

La questione più importante è quella della revisione, che andrà gestita di pari passo con l’Ue. Le opere da stralciare, sia per problemi di costi, sia per i ritardi autorizzativi che si sono accumulati, vanno sostituite con quelle veramente importanti, su cui punta il Paese.

Prime fra tutte le infrastrutture energetiche. Anche le priorità sulle grandi opere con il governo Meloni sono cambiate. Da questo punto di vista vuole giocare un ruolo da protagonista il Ponte sullo Stretto di Messina. Salvini ha annunciato di voler chiedere un cofinanziamento europeo. Opere bloccate.

Sulle opere pesa l’incognita della magistratura. Il Tar della Puglia ha appena sospeso l’autorizzazione paesaggistica della Regione al progetto della nuova rete ferroviaria nella zona di Lama San Giorgio, a sud di Bari, che prevede il raddoppio della ferrovia.

Il Tar si è pronunciato sul ricorso dei comitati ambientalisti e dei proprietari dei terreni. In attesa del Consiglio di Stato, la decisione del tribunale amministrativo è un caso. Salvini ha definito la sentenza “assurda” e ha promesso un intervento.

Intanto, l’autorizzazione paesaggistica annullata dal Tar della Puglia potrebbe fare scuola. Situazioni simili si stanno esaminando in Trentino, in Calabria e nelle Marche. Se così fosse rischia davvero di saltare il banco.

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