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[L’intervista esclusiva] Gigi De Palo (presidente Forum Associazioni Familiari): «Siamo sul baratro, se non fermiamo la denatalità crolleranno PIL, welfare, le pensioni e il Servizio Sanitario Nazionale»

Il tema della crisi della natalità torna spesso nei vari problemi che attanagliano il nostro Paese e che rischiano di renderli quasi irrecuperabili. Per questo bisogna agire subito e in maniera concreta. Ne abbiamo parlato con Gigi De Palo, presidente nazionale del Forum delle Associazioni Familiari e organizzatore degli Stati Generali della Natalità.

Grazie per la sua disponibilità. La scorsa settimana abbiamo aperto la nostra testata con un articolo che poneva l’accento sul fatto che la crisi della natalità dovrebbe unire le forze politiche e non dividerle (https://www.ripartelitalia.it/il-commento-zero-nati-in-italia-nel-2050-la-vera-emergenza-che-dovrebbe-unire-il-paese/). È anche il suo pensiero questo, giusto?

Questo non è solo il mio pensiero, ma è proprio il lavoro che abbiamo fatto negli ultimi 10 anni su questo tema. Quello che abbiamo realizzato come Forum delle Associazioni Familiari è di far capire al mondo della politica che ci sono temi, come la natalità o le politiche familiari, che dovrebbero essere trattati allo stesso modo della diplomazia o del made in Italy. Cambiano i governi, ma non cambia lo stile del governo, qualunque esso sia, su questi temi, perché questi temi hanno a che fare con il futuro del Paese.

Non solo, mi permetto di dire che questa concretizzazione e questo riuscire a mandare e a far cooperare le varie forze politiche lo abbiamo toccato con mano per il lavoro che abbiamo fatto dietro le quinte sull’Assegno Unico, che è stato votato all’unanimità. Un voto all’unanimità su una riforma grande come quella dell’Assegno Unico si può fare solo se ci sono realtà come il Forum che dietro le quinte creano contatti tra le varie forze politiche. Questi temi devono unire, possono essere temi che fanno parte di una grande maggioranza.

Ha ripetuto più volte che non vogliamo e non dobbiamo rassegnarci alla crisi della natalità che stiamo vivendo. Ritiene quindi che una vera ripartenza dell’Italia, e forse dell’intera Europa, non possa prescindere dall’affrontare in maniera efficace l’emergenza del calo demografico?

In realtà non lo dico io, che sono Presidente di una grande associazione che cerca di fare proposte politiche, ma lo dicono i demografi che guardano i numeri. In base a quello che dicono i demografi, se non riparte la natalità, crolla il PIL, quindi diminuisce la ricchezza, crolla il sistema pensionistico, perché ci saranno sempre più anziani e meno giovani, crolla il welfare, cioè non ci possiamo permettere i servizi sociali che abbiamo oggi anche perché aumentare a dismisura il numero degli anziani, crolla il Sistema Sanitario Nazionale, crolla un po’ tutto.

Quindi se l’Italia e anche l’Europa vogliono vincere questa partita devono fare presto. Dico l’Italia in particolar modo perché ci sono paesi europei come la Francia e come la Germania che questa scelta l’hanno fatta. La Germania ad esempio negli ultimi anni sta crescendo notevolmente, perché, credendoci, ha fatto delle politiche per quanto riguarda la famiglia, con una sorta di assegno unico come il nostro ma universale e con cifre superiori, che sta facendo ripartire le nascite.

Quali sono le tre priorità su cui agire per cambiare rotta rispetto alla crisi della natalità?

La prima priorità in assoluto è darsi un obiettivo. Noi parliamo di natalità in maniera astratta, invece l’obiettivo può essere molto concreto: 500 mila nuovi nati nei prossimi 10 anni. Dobbiamo arrivare nel 2033 a 500 mila nuovi nati, se facciamo questo qualcosa si può rompere.

La seconda priorità è migliorare quello che già è presente. Abbiamo visto come in Germania un Assegno Unico senza ISEE, che dia risposte concrete al ceto medio e non sia un semplice palliativo per le famiglie, ma una misura di investimento, concreta e reale. La seconda priorità quindi deve essere migliorare l’assegno unico eliminando l’ISEE e rendendolo universale.

Terza priorità è utilizzare i fondi del PNRR sul tema dell’innovazione, sul tema della digitalizzazione, sul tema dell’ambiente, ma anche sul tema della natalità. Non c’è niente di più innovativo di un figlio che nasce. Non ha senso mettere tante risorse sulla digitalizzazione se non nascono più nativi digitali. Così come per l’ambiente è tutto giusto, ma se non c’è una sostenibilità intergenerazionale crolla comunque tutto. Quindi fare un piano reale per far ripartire le nascite utilizzando i fondi del PNRR.

Le priorità sono sostanzialmente queste tre: darsi un obiettivo, fare meglio quello che è stato fatto come politiche familiari e assegno unico, e fare un piano serio nel PNRR che possa prevedere anche una strutturazione maggiore del lavoro dei giovani che oggi ancora è precario, rendendoli indipendenti per mettere su famiglia in un’età che è più vicina ai 25 che ai 35 anni, aiutare i giovani per l’acquisto della prima casa, tutte cose che creano “famiglia” e fanno inevitabilmente aumentare la natalità.

Ora in Italia c’è un ministro della Famiglia e della Natalità. La vede come una notizia positiva o negativa? Può essere un primo passo nella giusta direzione per provare a trovare qualche soluzione efficace?

In realtà il Ministro della Famiglia c’è da tanti anni, per la prima volta c’è un ministro alla famiglia e alla natalità, che peraltro è una nostra richiesta del 2017. Tutto però dipende da quanto il Ministro ha la forza politica di spendersi e di vincere delle battaglie interne poi nel Consiglio dei Ministri.

Essendo un ministro senza portafoglio, noi avremmo detto che forse sarebbe stato più importante, piuttosto che aggiungere la natalità al ministero della famiglia, dare la delega alla natalità al ministro dell’economia, che ha il portafoglio e può far realmente far ripartire le nascite, altrimenti crolla l’economia. Noi avevamo fatto la proposta di dare una delega piena a chi possa realmente incidere nel cambiamento di un Paese da un punto di vista economico.

Siamo contenti che ci sia un Ministro della Famiglia, i rapporti sono ottimi come con tutti gli altri ministri, però essendo un ministro senza portafoglio la maggior parte delle volte, come è successo in passato, la risposta è “io purtroppo posso arrivare solo fino a un certo punto”. Sul tema della natalità non si può arrivare fino a un certo punto, ma bisogna fissare un obiettivo chiaro e condiviso da tutti, cioè 500 mila nuovi nati nei prossimi 10 anni, poi chi lo realizza non è importante.

Lei è il promotore degli Stati Generali della Natalità che nel 2023 giungeranno alla terza edizione. Quali sono le proposte concrete che sono nate dalle due precedenti edizioni e vi sentite di appoggiare e promuovere?

Quest’anno arriviamo alla terza edizione degli Stati Generali della Natalità, le edizioni precedenti sono andate molto bene, l’obiettivo era (e ci siamo riusciti e ci stiamo riuscendo) quello di bloccare il Paese per due giorni e farlo riflettere su un tema che non è secondario, è un tema determinante che è la natalità in Italia, la ripartenza delle nascite, perché, come ho detto prima, se crollano quelle crolla tutto.

Il primo obiettivo raggiunto è stato quello di porre un tema.

Il secondo obiettivo raggiunto è stato quello di fare l’assegno unico, e venne Draghi a parlare di assegno unico. Ora però questo Assegno deve essere fatto bene, nel senso che ben venga l’impianto legislativo, visto che ormai c’è una legge, però va anche fatto bene, va anche reso una misura capace di impattare.

L’altro obiettivo che è emerso negli stati generali dello scorso anno e che è la campagna che cercheremo di portare avanti nei prossimi anni è l’obiettivo di raggiungere la quota dei 500 mila nuovi anni. Noi quest’anno insisteremo in maniera ancora più evidente sul fatto che per parlare di natalità bisogna darsi un obiettivo chiaro e misurabile.

Poi, tutte le proposte che arriveranno, e già ne sono arrivate tante per esempio dal mondo aziendale dove si sta facendo molto per intervenire per migliorare la vita delle famiglie oltre gli aiuti statali, devono avere come obiettivo il raggiungimento della quota finale di 500 mila nuovi nati nei prossimi 10 anni.

Il 2 dicembre siete stati ricevuti da Papa Francesco. Cosa vi ha detto? Su cosa vi ha esortato ad andare avanti?

Il Papa è sempre generoso con noi, ha visto la nascita partecipando al primo anno degli Stati Generali della Natalità, non ci ha mai fatto mancare il suo sostegno. Ci ha esortato a continuare a fare da pungolo per le politiche familiari in Italia e ad essere una voce libera, forte, capace di “rompere le scatole”, capace di non solo sollecitare ma anche poi verificare che ci sia poi una vera soluzione, un vero modo di lavorare, una vera volontà politica di insistere sul tema della natalità. Quindi ci ha esortato non solo a fare la terza edizione degli Stati Generali, ma anche una quarta, una quinta, una sesta, cioè a insistere fino a quando non cambi veramente la situazione in Italia.

E questa, oltre ad essere una sollecitazione, è anche un grande impegno che ci siamo presi ci prendiamo non solo davanti a lui, ma davanti a tutto il Paese.

Il calo della natalità coinvolge tantissimi aspetti della nostra vita, a partire dalla presenza di giovani ma anche del mondo del lavoro e soprattutto lo scenario per il futuro. Cosa si sente di chiedere all’Italia e all’Europa per invertire questa rotta?

Come l’Italia deve darsi un obiettivo di 500 mila nuovi nati in dieci anni, anche l’Europa deve darsi un obiettivo, e questo è determinante.

Il grande problema è darsi un obiettivo nel minor tempo possibile, perché la denatalità non la risolvi rimandando il problema nel tempo, ma solo facendo un pezzetto per volta. La natalità ha a che fare con le persone, ha a che fare con i numeri, con il numero delle donne fertili in un determinato periodo storico, e ogni anno questo numero di donne fertili si assottiglia sempre di più. Quindi, o adesso, o mai più. Però poi se è “mai più”, dobbiamo accettare il fatto che non è dipeso dalla cattiveria del mondo, ma è dipeso dalla nostra non volontà politica.

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