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[L’analisi esclusiva] La pandemia gonfia i risparmi. 20 miliardi in più per le famiglie italiane e 30 per le imprese. Ma la paura di spendere è il vero nemico

Spenderemo? Spenderanno?

Come un nuotatore che abbia raccolto le sue forze e trattenga il fiato nella frazione di secondo che precede il tuffo in piscina, l’economia italiana e quella europea sono sospese nell’interminabile attimo che precede l’azione.

Mai come quest’anno, la ripresa d’autunno è circondata da dubbi.

Le risorse ci sono, ma anche le paure.

L’estate e le vacanze hanno confermato che il virus è ancora tra noi e potrebbe costringere ad un’altra quarantena, come ha già fatto capire il presidente francese Macron.

In Italia, lo sapremo ai primi di ottobre, quando potremo cominciare a misurare gli effetti sulla pandemia della riapertura delle scuole. Il paradosso è che il circolo vizioso per cui una quarantena – o anche solo un inasprimento delle precauzioni, spontanee o imposte – congela o rallenta l’economia si realizza anche senza quarantena, se manca la fiducia nel futuro.

Lo sforzo massiccio messo in campo da governi, istituzioni europee, Bce in questi mesi ha accumulato il potenziale per una ripresa vigorosa.

L’enorme liquidità immessa nel sistema ha gonfiato il portafoglio di famiglie e imprese, nella speranza – ma non nella certezza – che torni a circolare nell’economia.

E’ una fiumana di soldi. Fra luglio 2019 e luglio 2020 i depositi bancari nell’eurozona sono cresciuti del 10,3 per cento, superando la cifra record di 12 mila miliardi di euro.

Sui conti delle imprese europee ci sono oltre il 20 per cento di soldi in più, rispetto ad un anno fa.

In quelli delle famiglie oltre il 7 per cento.

Per l’Italia, che destina il 60 per cento delle sue esportazioni ai paesi dell’Unione europea, per un totale di 500 miliardi di euro l’anno, il futuro di quei soldi è cruciale.

Resteranno in banca o verranno spesi, consumati, investiti? Dipende dall’evoluzione della pandemia, certo: se il virus viene sconfitto, torna la normalità.

Ma l’effetto diretto di un lockdown, con la chiusura di fabbriche, uffici, negozi racconta solo una parte della paralisi dell’economia.

La quarantena impedisce materialmente di spendere e comprare, perché la roba non c’è e i negozi sono chiusi.

Molto, però, dipende anche dalla percezione dei risultati della lotta al virus. Anche solo dalla sensazione che il contenimento sia efficace.

Negli Usa, il paese occidentale più scosso dall’epidemia nelle ultime settimane, i sondaggi dicono che ulteriori misure di stimolo, oggi – siano sussidi o bonus – non riuscirebbero, probabilmente, a infrangere l’isolamento dettato dalla paura: il 70 per cento degli uomini (per le donne la percentuale è assai inferiore) dichiara che, se il governo distribuisse altri sussidi, metterebbero i nuovi soldi in banca: il risparmio dà sicurezza.

I dati sulla liquidità delle imprese e delle famiglie italiane si fermano, per il momento, a giugno.

Due soli mesi, dunque, post-quarantena, ma vanno nella stessa direzione di quelli europei.

Fra febbraio e l’estate, le famiglie italiane hanno accumulato risparmi, nonostante la crisi. C’è chi è affondato e chi ha rischiato di affondare.

Ma metà dell’occupazione nell’industria, buona parte del resto del settore privato, tutti gli impiegati pubblici, tutti i pensionati hanno continuato a percepire il normale reddito, senza poterlo spendere.

Se, dunque, molti hanno dovuto drenare il conto in banca per tirare avanti, altri lo hanno, anche involontariamente, rimpinguato.

Fra l’uno e l’altro movimento, il risultato netto premia i più fortunati.

Nonostante la crisi, a giugno nei conti correnti degli italiani ci sono 20 miliardi di euro in più, rispetto a febbraio.

L’aumento, nel complesso, è limitato: 2 per cento. Ma in qualche modo inatteso, in tempi di crisi e, in ogni caso, significa che i consumatori italiani hanno nei loro portafogli, oggi, oltre mille miliardi di euro.

Quanti ne spenderanno nelle prossime settimane?

Forse, però, non è ai consumatori che bisogna guardare.

Se parliamo di liquidità ferma e del suo rapporto con la fiducia nel futuro, più che alle famiglie, bisogna guardare alle imprese.

La grande sacca dove, per ora, si è fermata la liquidità immessa da governo e Bce sono i bilanci delle imprese.

Fra febbraio e giugno, i depositi bancari delle famiglie sono aumentati del 2 per cento, ma quelli delle imprese del 10 per cento. In banca, le aziende italiane hanno fermato, da febbraio, 30 miliardi di euro: in totale, i loro depositi sono cresciuti fino a oltre 330 miliardi di euro.

Cosa ne faranno? Li investiranno? Per spenderli, bisogna che ci credano.

E’ la grande scommessa di questo settembre.

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