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La mannaia sulla Corte dei conti | L’analisi di Michele Ainis

I magistrati contabili – ricorda Michele Ainis su Repubblica – sono poche centinaia, un’isoletta nel gran mare del nostro apparato giudiziario.

Non hanno certo la forza politica e mediatica dei diecimila giudici ordinari. Anche l’istituzione che li accoglie, con quel nome – Corte dei conti – che evoca castelli e cavalieri medievali, rimane misteriosa per i più. Sarà per questo che la mannaia sulle loro funzioni cade nell’indifferenza generale.

Eppure sono funzioni quantomai importanti, di rango costituzionale. La Corte dei conti – per richiamare le parole che usò nel 1995 la Consulta – è “garante imparziale” degli equilibri di bilancio, nonché “della corretta gestione delle risorse collettive”.

In sintesi, è un presidio di legalità, nel Paese dove l’illegalità ha fin troppi seguaci. Ed è il giudice che castiga il danno erariale, ossia quello sofferto dalle casse dello Stato per colpa di chi ne amministra i denari. Che sono poi i denari di noi tutti, di ciascun cittadino, raccolti attraverso il pagamento delle tasse.

Questo custode del patrimonio nazionale, tuttavia, sta per venire disarmato. Effetto d’una legge proposta nel dicembre 2023 da Tommaso Foti, all’epoca capogruppo di Fratelli d’Italia, oggi ministro per gli Affari europei.

Il 9 aprile, dopo mesi di dibattiti e ulteriori peggioramenti del testo in commissione, la Camera ha dato il suo via libera. Seguirà, a breve, il Senato. Con la conseguenza di comprimere la giurisdizione della Corte dei conti, di svaporare la responsabilità amministrativa.

Come? Attraverso una fitta rete di salvacondotti, che tutelano il portafoglio individuale degli amministratori a scapito del portafoglio pubblico.

Morale della favola: stiamo per fare un altro passo verso l’annullamento dello standard etico richiesto ai servitori dello Stato.

Ma pazienza, non è ancora finita. La prossima volta possiamo offrire un premio a chi procura un bel danno erariale.

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