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Il futuro sta morendo | L’analisi di Ramiro Baldacci

12 mila giovani in meno in 10 anni. Questi i dati che la Cgia ha reso noti sul Molise, una delle regioni con il tasso di denatalità tra i più alti d’Italia.

A livello provinciale la realtà che negli ultimi 10 anni ha registrato la diminuzione più importante è stata la provincia di Isernia, -22,2%, -15,6% in quella di Campobasso. Nel primo caso la popolazione giovanile si è ridotta di 4.418 unità, nel secondo di 7.935.

Il crollo della popolazione giovanile mina alle fondamenta il futuro del Molise, perché si inserisce in un quadro di calo demografico davvero preoccupante.

Il numero di figli per donna in Molise è il penultimo in Italia, 1,09. L’età media delle donne alla nascita del primo figlio è di 32,9 anni, la terza più alta d’Italia. Il tasso di mortalità è il secondo più alto d’Italia.

La percentuale di presenza dei giovani è la terza più bassa d’Italia, il 10,9%. Gli anziani invece rappresentano il 26,5% della popolazione, la terza percentuale più alta d’Italia.

Insomma, quella molisana è una popolazione anziana, dove nascono pochissimi figli e i giovani se ne vanno.

Se vogliamo capire in che direzione sta andando l’Italia e quale situazione raggiungerà da qui a pochi anni, basta studiare da vicino le dinamiche demografiche che hanno definito il quadro attuale del Molise e che presto interesseranno le altre regioni.

Non nascono bambini semplicemente perché sono finite le madri “potenziali”, come conseguenza del calo demografico degli anni precedenti. La popolazione invecchia sempre di più, quindi aumenta necessariamente il numero dei decessi. Il saldo naturale, ossia la differenza tra nascite e decessi, nel 2022 è stato di -2605. In un solo anno sono sparite dalla mappa del territorio molisano città della grandezza di Baranello o Frosolone.

Entro il 2070, secondo le previsioni Istat, il Molise perderà 107 mila abitanti, ossia tutta la provincia di Isernia e il 14% della provincia di Campobasso.

Le conseguenze sono di varia natura: economica, con l’abbassamento del PIL e la crescita delle spese sanitarie e previdenziali, imprenditoriale, con una manodopera sempre più scarsa, sociale, con poche persone che lavorano e devono sostenere le tante che non lo fanno, innovativa, con l’assenza totale della spinta innovativa che caratterizza la presenza dei giovani.

Molti sono i fattori che incidono su questo crollo demografico, e non va dimenticato in questo senso il flusso migratorio. Il Molise, infatti, come molte regioni del centro e sud Italia, subisce un lento e continuo spopolamento dovuto anche alle migrazioni interne, ossia ai cittadini che dal Molise decidono di andare a vivere in altre parti d’Italia. Nel corso del 2022 il Molise ha perso 6973 persone che sono andate ad abitare in altre regioni e 773 residenti che sono andati all’estero. Tra le destinazioni prescelte, si notano soprattutto le regioni del Mezzogiorno e del Centro Italia, in particolare l’Abruzzo, la Campania e il Lazio.

È avvenuta tuttavia una forte compensazione, perché in Molise si registra il tasso migratorio in ingresso dall’estero più alto d’Italia (+7,0), tanto che il saldo migratorio tra entrate e uscite fa crescere la popolazione del Molise di quasi 300 unità. Le crescite di popolazione più significative si registrano nei comuni di Vinchiaturo, Ferrazzano e Oratino.

L’ingresso degli stranieri ha un riflesso diretto sul mercato del lavoro e due sono gli indicatori fondamentali da tenere sotto osservazione per provare a far ripartire la natalità. Da un lato la disoccupazione giovanile, che in Molise si attesta al 28,5%, inferiore quindi alla media Italia (29,7%). Nella provincia di Isernia la disoccupazione giovanile scende al 14,1%.

L’altro elemento è quello dell’occupazione femminile, che in Molise è inferiore al resto d’Italia, raggiungendo solo il 39,7% della popolazione femminile, contro il 49,4% dell’Italia (che pure è una delle percentuali più basse d’Europa).

Questo ci permette di fare una considerazione importante. Nonostante il flusso migratorio in ingresso, la natalità in Molise non riparte. Questo perché i giovani e le donne straniere che arrivano in Italia si trovano ad affrontare le stesse problematiche di precarietà lavorativa, di acquisto di un’abitazione e di indipendenza economica (senza tra l’altro la presenza di nonni, figure fondamentali nella crescita dei figli) che vivono le giovani coppie italiane. Quindi assumono presto le stesse abitudini riproduttive su cui si è attestata ormai l’Italia.

Per far ripartire la natalità non esiste una formula magica, né una soluzione da applicare nel concreto per avere riscontri immediati. Bisogna lavorare su più fronti, agendo tutte le leve possibili, a livello nazionale e locale. La cosa fondamentale sarebbe quella di darsi un obiettivo locale, per non dire comunale, certo e raggiungibile sulla natalità.

Non servono interventi bonus, che lasciano il tempo che trovano, servono interventi economici strutturati che mettano al centro la famiglia e non l’assistenzialismo.

Bisogna agire sul mondo del lavoro, dialogando con le imprese locali per agevolare la maternità e la paternità dei dipendenti.

La facilitazione dell’ingresso nel mondo del lavoro deve essere una priorità su cui lavorare a livello locale. Quindi anche la dimensione scolastica è da monitorare costantemente, per garantire un reale e veloce ingresso nel mondo del lavoro da parte dei giovani, sia attraverso lo sviluppo degli ITS che attraverso un contrasto continuo dell’abbandono scolastico.

Serve l’aiuto di tutti, a partire dalle Istituzioni che tanto possono in fare in ogni direzione, un aiuto che sia indirizzato a risolvere uno dei più grandi problemi che colpisce in questo momento tutto il territorio italiano. Sul fronte della natalità, in particolare, serve un aiuto che prescinda da qualsiasi appartenenza politica o confessionale, perché i figli sono un bene comune, sono l’unica vera infrastruttura che possiamo sviluppare per garantire un futuro all’Italia.

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