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Il colpo di Unicredit nello stagno europeo | Le analisi

“Non è solo un’operazione industriale e finanziaria l’offerta d’acquisto e scambio lanciata da Unicredit sul Banco Bpm”.

Lo scrive Daniele Manca sul Corriere della Sera spiegando che “da un lato si tratta di una sveglia, di una scossa, all’Europa. Dall’altro di un cambio significativo nel mondo del credito italiano. In una situazione geopolitica così in movimento (dall’invasione russa dell’Ucraina al Medio Oriente all’attesa ansiosa della presidenza Trump), l’Unione europea deve mostrare di saper uscire dallo stallo dei dibattiti. L’Europa deve tornare a pensarsi come un attore e non uno spettatore di ciò che accade nel mondo. Questo necessariamente si sposa non solo con le scelte politiche ma anche con quelle economiche. Non è stata Bruxelles a fermare l’Unione bancaria – ricorda Manca – ma gli interessi di Paesi come la Germania, tanto per non fare nomi, che ha sicuramente un sistema del credito più arretrato nel Continente. E a chi giova avere due grandi network borsistici, uno a Parigi e l’altro a Francoforte? Come pensiamo di fare concorrenza a Wall Street? Con tante buone intenzioni? Non che l’offerta di Unicredit sul Banco e quindi su un’operazione all’interno di un unico Paese abbia così tanto peso a livello continentale. Ma sicuramente – scrive l’editorialista – le due operazioni potenzialmente sì. Posto che Unicredit e il suo management siano in grado di condurle in porto entrambe. Il messaggio inviato a Commerz è chiaro, ci possono essere altre strade. Ma sarebbe anche un segnale da Roma e dall’Italia sulla volontà di uscire dallo stallo economico continentale. Dovremmo certo abbandonare la fastidiosa tendenza dell’Italia a considerarsi un’italietta e non un Paese membro fondatore dell’Europa in grado di imprimere una svolta all’Unione stessa. E questo a prescindere se l’operazione Bpm si farà o no. Quella lanciata da Unicredit è un’operazione di mercato. Prova ne sia che non tutti gli analisti l’hanno giudicata positivamente. Un’altra cosa infatti deve essere chiara. Se l’operazione italiana può ridare smalto al dinamismo europeo, dal punto di vista industriale l’offerta lanciata da Unicredit interrompe un percorso. Il percorso, virtuoso, avviato da Giuseppe Castagna da quando è alla guida di Banco Bpm”.

Orcel, Castagna, Caltagirone e Giorgetti: mercato contro Stato, sfida finale

“Cosa sta per colpire l’economia mondiale? Si chiedeva l’Economist della settimana scorsa a proposito dell’avvento di Donald Trump alla Casa Bianca. Cosa sta per colpire il sistema bancario italiano dopo l’annuncio di un’opa di scambio di Unicredit su Banco Bpm, fresco di intesa con Anima, Francesco Milleri e Francesco Gaetano Caltagirone per la presa di controllo del Monte dei Paschi di Siena?”.

Lo scrive nel suo editoriale su Milano Finanza il direttore Roberto Sommella.

“La risposta è composita e si presta a tante valutazioni. Tre su tutte. La prima è che il ceo di Piazza Gae Aulenti Andrea Orcel è diventato più tiepido sulla scalata a Commerzbank, sia per le resistenze interne che soprattutto per l’estrema debolezza del cancelliere tedesco Olaf Scholz, prossimo alla competizione elettorale e scosso dai venti nazionalisti che hanno reso la sua leadership sui lander tra le più brevi della storia della Germania. Di conseguenza Orcel si è indirizzato su una preda italiana che aveva già preso in considerazione qualche tempo fa, ma che gli costerà, se tutto andrà a buon fine, comunque 10 miliardi di euro, più dell’istituto di credito estero. In secondo luogo, la mossa di Unicredit risponde a logiche di mercato – come ha ricordato egli stesso e pensa il suo amico Alberto Nagel, ceo di Mediobanca – rispetto all’operazione sovranista orchestrata qualche giorno fa a perfezione (almeno finora) dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti su Mps. In Unicredit-Bpm dirà la sua il mercato, in Mps-Bpm-Anima-Milleri-Delfin-Caltagirone ha già detto la sua il governo, previo assenso di Bce e Bankitalia. In terzo luogo, occorrerà capire se questa sventagliata sull’ormai ex foresta pietrificata del credito italiano riuscirà ad andare davvero in porto perché la mossa di Orcel “comunicata ma non concordata”, come ha sottolineato Giorgetti, dovrà essere sottoposta al vaglio degli organi competenti, neutrali ma pur sempre italiani: Bce tramite Bankitalia, molto criticata dal leader della Lega Matteo Salvini per il suo immobilismo, Consob e Antitrust. La nostra banca centrale dovrà fare una valutazione di vigilanza per inviarla poi a Francoforte; l’organismo di Borsa di Paolo Savona controllerà che l’oggetto di ops, cioè il Banco Bpm di Giuseppe Castagna, osservi la regola della passivity rule e non cerchi cavalieri salvatori; l’Autorità per la concorrenza guidata da Roberto Rustichelli esaminerà eventuali sovrapposizioni di sportelli che pur sempre ci saranno in Lombardia e al Nord. Infine il governo ci metterà il carico da novanta, facendo scattare l’esame previsto dalla normativa e dall’esercizio del Golden Power (probabilmente deciso dall’esecutivo di Giorgia Meloni). Esame non semplice per Orcel, visto che vuole acquistare un asset strategico come una banca e ha come primo azionista il fondo americano Blackrock, il quale detiene il 7% di Unicredit. Non sarà un test facile per il numero uno della banca che prova a rincorrere l’operazione a freddo Mps-Bpm perché di fatto un pezzo di scalata è americana e bloccherebbe gli appetiti dei francesi di Agricole nel terzo polo. Anche se non è da escludere un accordo col governo per evitare guerre bancarie e contenziosi. A questo punto ci sarà una grande operazione trasparenza nel nostro Paese. Si vedrà se in Italia comanda il mercato, ma l’offerta di Orcel viene ritenuta ancora bassa da alcune fonti vicine al governo interpellate da MF-Milano Finanza, oppure il salotto buono meneghino- romano che da Piazza Meda a Milano e Rocca Salimbeni si protrae tra Via XX Settembre, al Mef, Via Barberini, headquarter di Caltagirone, e Palazzo Chigi, sede del governo. Chi può stare alla finestra, oltre a Giorgetti, il quale ovviamente non resterà però immobile e guarda con stupore all’assalto di Orcel, è Francesco Gaetano Caltagirone, avendo egli partecipazioni in tutti i soggetti coinvolti dal doppio risiko ma anche quote rilevanti in Mediobanca e Generali, asset collaterali di questa battaglia bancaria che ricorda le scalate del 2004. Caltagirone osserva e intanto incassa i rialzi in borsa dei suoi titoli, mentre in questo momento Castagna da predatore è diventato preda per di più obbligata al silenzio. Il titolare del Mef controlla curioso l’ops di Unicredit e aspetta di leggere le carte, ben sapendo che è una soluzione di ripiego rispetto a Commerzbank che avrebbe costretto gli italiani a spostare la sede in Germania con conseguenti veti della maggioranza sovranista. Meloni infine può vantare un record: guida il governo che per la prima volta ha un comparto bancario che va a gola a molti, forse troppi operatori. Ma è la bellezza del mercato dove dovrebbe funzionare l’articolo cinque del vademecum di Enrico Cuccia: chi ha i soldi vince” conclude Sommella.

I blitz di Unicredit non guardano all’Italia ma all’Europa

“Il contropiede è stato improvviso. Il lancio dell’ops totalitaria da parte di Unicredit su Bpm avviene nello stile del blitzkrieg di Andrea Orcel. Raro il completo riserbo su tale iniziativa”.

Lo sostiene l’economista Angelo De Mattia dalle colonne del quotidiano Milano Finanza.

“Il primo tentativo esperito non molto tempo fa con lo stesso target, cioè Bpm, fu vanificato da una fuoriuscita della notizia. Quell’evento avrà fatto scuola, dunque; prima ancora, le trattative avviate con il Tesoro per un’aggregazione con il Montepaschi non si erano concluse perché Orcel aveva ritenuto che non si prospettasse l’accoglimento di sue importanti richieste; l’assunzione di un’importante partecipazione in Commerzbank con la possibilità di arrivare al 30% finiva con il presentare Unicredit come orientato verso quella importante acquisizione, con gli occhi, dunque, rivolti all’Europa. Qualcuno aveva vagamente ipotizzato un ritorno d’interesse dell’Istituto di Piazza Gae Aulenti nei confronti di Mediobanca, ma senza solide spiegazioni. E invece “dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur”: mentre si discute di terzo polo con Bpm-Montepaschi-Anima, ecco che invece Unicredit con la sua iniziativa si candida, esso, al terzo polo, ma non in Italia, bensì in Europa (e primo in Italia?). Si può immaginare che il progetto sia stato curato nei minimi dettagli e che comunque Castagna, abbia avuto sempre presente l’eventualità di offerte da parte di Unicredit ( o di altro istituto), donde la stessa operazione Montepaschi da concepire anche come ostacolo a tentativi eventualmente non graditi di concentrazione. Vedremo gli sviluppi, innanzitutto il giudizio che il Banco darà sull’ops che è pari a un valore di 10 miliardi circa – per il quale si prevederebbe un prossimo aumento di capitale dell’offerente – per passare alla richiesta delle occorrenti autorizzazioni, a iniziare da quella Consob per il prospetto. Si ricorderà certamente il tentativo di opa del 1999 da parte dell’allora Credit sulla Comit che non fece strada perché il Credito Italiano sosteneva che la sua era un’offerta consensuale, ma ciò era negato dalla Comit che la riteneva, invece, ostile. Perciò non fu possibile autorizzare da parte della Banca d’Italia, una richiesta fondata sulla consensualità che era, al contrario, negata. Il non avere osservato i passaggi previsti dalle disposizioni di Vigilanza sull’informativa preventiva costituiva un’aggiunta, ma non era il fattore decisivo, dell’impasse dell’operazione che poi fu abbandonata in piena concordia tra i vertici del tempo – che godevano di stima per l’indubbia professionalità – e quelli di Palazzo Koch. Si può ritenere che ora vi sia stato un preventivo coinvolgimento della Vigilanza Bce sugli intendimenti dell’Istituto di Orcel, che naturalmente resta l’unico responsabile della scelta? Fin qui abbiamo sottolineato alcuni passaggi formali, procedurali, l’effetto sorpresa eccetera. Ma non si tratta solo di esaminare come si sviluppa una competizione nel campo bancario. Le aggregazioni debbono rispondere a precise finalità strategiche; non la fusione per la fusione o per il gigantismo ovvero ancora per il mero rafforzamento e la scalata nelle diverse graduatorie. È immaginabile che esista un articolato piano strategico che veda le aggregazioni come necessarie per rispondere meglio alla ragion d’essere di una banca, sostenere famiglie e imprese e tutelare il risparmio. Questo è il fine ultimo che deve essere visibile nei diversi passaggi, a maggior ragione perché riguarda una banca, la Bpm, che ha una grande tradizione, a cominciare dal non vicino insediamento nel mondo delle popolari ed è ben condotta dal vertice attuale. Poi vi è il ruolo del personale al quale l’operazione deve parlare con argomenti e prospettive validi e non a giochi compiuti. A maggior ragione perché si tratta di un’operazione che può costituire la leva per una più estesa rioreganizzazione nel settore. Risposte sul futuro del Monte diventano ora più importanti e urgenti, per cui è innanzitutto il Tesoro che è chiamato a un atto di parresia che già prima veniva richiesto. Unicredit ha dichiarato altresì che l’operazione Commerzbank è indipendente da quella Bpm e resta autonoma. Gli sviluppi si potranno, però, verificare dopo le elezioni in Germania. Ciò rende in ogni caso ancor più impegnativa l’azione di Unicredit che deve tenere sotto controllo e agire su due fronti, italiano e tedesco. E così aumentano la complessità e l’importanza dell’operazione, nonché il carattere cruciale della posizione che delibererà la Bpm” conclude De Mattia.

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