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I certificati verdi della UE hanno prezzi più che raddoppiati in due anni | L’analisi

La crescita del prezzo dell’anidride carbonica pesa sull’industria italiana.

L’Emissions trading system (Ets) dell’Ue, il sistema europeo di scambio di quote di emissione di gas a effetto serra, per cui ogni operatore dei settori più energivori (tra cui cemento, acciaio, alluminio, ceramica, vetro, chimica) ha un tetto massimo di emissioni consentite oltre le quali deve acquistare sul mercato le quote mancanti per compensare la CO2 prodotta, ha generato valori di scambio che oggi si attestano sugli 82 euro per ogni tonnellata di CO2 equivalente dopo avere toccato i 90 all’inizio dell’estate.

Dieci anni fa, nel 2013, il prezzo si aggirava sui 4 euro alla tonnellata; nel 2019 era a 20; all’inizio del 2021 a 40.

Oggi è pressoché raddoppiato. E la paura è che salga ancora.

“Per l’industria del cemento le quote Ets rappresentano il primo fattore di costo”, dice Nicola Zampella, direttore generale di Federbeton, al Sole 24 Ore.

“Per una tonnellata di cemento vengono prodotti 650 kg di CO2.

Se moltiplichiamo questa cifra per 90 euro a tonnellata, si arriva a oltre metà del valore del prodotto.

Vediamo crescere la quota delle importazioni”, osserva Zampella che tra i motivi dell’aumento dei prezzi indica anche l’annuncio della graduale eliminazione delle quote gratuite destinate agli operatori a maggior rischio di delocalizzazione (taglio del 2,5% nel 2026, per arrivare alla scomparsa nel 2034), compresa nella riforma dell’Ets approvata lo scorso aprile dal Consiglio dell’Ue.

“Siamo preoccupati per la corsa dei prezzi delle quote della CO2.

Crediamo nella decarbonizzazione, ma per noi è diventata un doppio onere: abbiamo stimato investimenti necessari per 4,4 miliardi di euro, a cui si aggiungono 1,4 miliardi di costi, con un ritorno esclusivamente ambientale”, sottolinea il direttore generale di Federbeton.

“Chiediamo quindi che le risorse raccolte con il sistema Ets – 3,2 miliardi complessivi nel 2022 alle aste del Gse, di cui 120 milioni dal settore del cemento – vengano restituite all’industria per permetterci di investire nella transizione.

In sistemi di cattura della CO2, per esempio, che è una soluzione su cui un settore hard to abate come il nostro sta lavorando.

Chiediamo inoltre che il dazio sul carbonio (Cbam, uno strumento contemplato nell’ultima riforma dell’Emissions trading system, ndr) entri in vigore prima possibile, per salvaguardare la competitività delle nostre imprese”.

La riflessione di Michele Bianchi, presidente della Federazione Carta Grafica, è sulla stessa linea: “la CO2 è arrivata a valori alti, che impattano tantissimo sulle aziende.

Il problema del sistema Ets a questi prezzi, in un settore hard to abate come quello della carta, è che non ci sono soluzioni tecniche alternative di facile ed economica implementazione.

C’è quindi tutto un percorso ancora da individuare, visto che al momento le cartiere usano principalmente il gas per produrre energia elettrica e sviluppare quella termica per asciugare la carta.

Pagare le emissioni di CO2, senza che queste risorse vengano indirizzate allo sviluppo di soluzioni alternative purtroppo non aiuta la transizione, aumentando il già significativo divario competitivo con altri Paesi europei e globali.

In un contesto in cui il costo del credito in espansione forza a essere prudenti negli investimenti da fare”.

Dello stesso avviso Giovanni Savorani, presidente di Confindustria Ceramica: “il prezzo degli Ets ha un impatto negativo.

Diventa sempre più difficile investire per crescere.

Per esempio, per aggiungere un forno in più bisogna comprare quote.

È una tassa ideologica, poco tecnica, che non è utile alla transizione energetica: non ha effetti positivi, e rischia di provocare una forte delocalizzazione, favorendo una produzione in posti dove non c’è.

Una multinazionale mette un nuovo forno in America se la ha possibilità, dove non ci sono le quote Ets e il gas costa meno”.

“Per decarbonizzare bisogna fare investimenti tecnici e lavorare sulla ricerca, che non ha una data certa per i risultati.

Al momento abbiamo bruciatori a idrogeno disponibili e possiamo elettrificare molto di più di quanto fatto finora.

Noi investiamo sul risparmio energetico: è uno dei costi principali, il maggiore in questi ultimi anni.

Si cambia un forno con uno che consuma meno, si studiano prodotti con meno massa, più sottili, con meno impatto di CO2 sia nei trasporti che nei processi”, aggiunge il presidente di Confindustria Ceramica.

Le sue richieste coincidono con quelle degli altri settori: “chiediamo di usare queste risorse per investimenti nella transizione.

Chiediamo inoltre di dedicare le quote Ets solo agli utilizzatori, senza lasciarle sul libero mercato, soggetto alla speculazione”, conclude Savorani.

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