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Gian Domenico Caiazza (Presidente Unione Camere Penali Italiane): «Per riformare la giustizia giudichiamo pure i giudici. Prioritaria la riduzione dei tempi dei processi»

«Per riformare la giustizia giudichiamo pure i giudici». Così il presidente dell’Unione delle Camere Penali Italiane, Gian Domenico Caiazza, intervistato da Libero.

«La priorità – sottolinea – è ridurre i tempi dei processi. Un punto chiave della riforma devono essere i riti alternativi: in altri Paesi i dibattimenti non superano il 30%, da noi sono il 90. La gran massa dei processi pendenti è anche dovuta alla deresponsabilizzazione di pm e gip».

«La riforma della prescrizione – ha affermato Caiazza – ha introdotto un principio barbaro, ovvero, che il cittadino possa restare prigioniero del processo a tempo indeterminato. La magistratura è in una crisi indiscutibile, non so, però, se questo può costituire un auspicio per una riforma».

«Io non vorrei nemmeno ragionare in questi termini, spererei solo che questa condizione rafforzi la consapevolezza di una assoluta necessità di riformare il sistema giudiziario».

«Noi indichiamo due priorità – sostiene – la necessità di intervenire sulla durata irragionevole dei procedimenti senza intaccare le garanzie difensive e, in secondo luogo, il nodo dell’assetto ordinamentale della magistratura».

«L’opinione pubblica è stata abituata a confondere precetti morali e precetti penali per cui qualsiasi comportamento giudicato riprovevole sembra richieda una fattispecie di reato con relativa sanzione. Il che ha portato a degli eccessi talvolta ridicoli».

Sul caso Palamara, Caiazza poi commenta: «io dico che la vicenda Palamara non è solo la vicenda Palamara. Lui è stato l’interprete di un ruolo di mediazione che gli era stato affidato dal sistema. Era la persona delegata da tutta la magistratura associata a risolvere i conflitti elettivi tra le toghe. Palamara può averlo interpretato in modo più o meno spregiudicato, ma questo è un ruolo che c’è sempre stato nella magistratura e non mi stupisce per nulla ciò che ora leggiamo nero su bianco».

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