Il secondo mandato di Donald Trump comporta opportunità ma anche sfide per l’economia statunitense.
Se rispetterà le intenzioni annunciate in campagna elettorale, quale impatto ci si può aspettare?
Le principali aree di influenza riguardano le politiche fiscali, il commercio internazionale, la politica monetaria e la regolamentazione.
Per quanto riguarda il primo punto, il neo-presidente si è detto favorevole a ulteriori sgravi fiscali per le persone fisiche e a ridurre l’aliquota sulle imprese dal 21% a un minimo del 15%.
Una politica fiscale più espansiva, con potenziali nuovi tagli fiscali o aumenti della spesa pubblica per sostenere la crescita economica, rischia però di portare a un incremento del deficit di bilancio.
Se il governo federale dovesse poi continuare ad aumentare la spesa senza un oculato controllo, scrive MF-Milano Finanza, l’inflazione riprenderebbe a salire.
Di conseguenza la Fed potrebbe decidere di rallentare il trend di riduzione dei tassi al fine di arginare l’aumento dei prezzi al consumo.
Sul fronte invece della politica commerciale, l’aumento dei dazi e una posizione più intransigente nei confronti dell’immigrazione potrebbero avere anch’essi l’effetto collaterale di far salire l’inflazione, con la conseguenza che la politica monetaria potrebbe rimanere restrittiva.
E, come osservato nelle scorse settimane, l’incremento dei differenziali dei tassi di interesse va di pari passo con forti movimenti valutari.
Trump ha poi più volte espresso l’ipotesi di una tassa di confine del 10% su tutti i beni che arrivano negli Stati Uniti dall’estero e di dazi fino al 60% sulle importazioni dalla Cina.
Al di là delle cifre specifiche, queste dichiarazioni indicano la volontà di assumere una posizione aggressiva in politica commerciale che andrebbe oltre la Cina.
“Un approccio di questo tipo potrebbe creare le premesse per ottenere concessioni da altri Paesi sia in materia di commercio sia per perseguire fini politici, come ad esempio premere sugli alleati europei affinché aumentino le spese per la difesa.
Ma un’azione unilaterale sui dazi porterebbe probabilmente ad azioni di ritorsione da parte dei Paesi presi di mira”, spiega Gil Fortgang, Washington associate analyst di T. Rowe Price.
Il primo mandato di Trump ha comportato frizioni con vari Paesi e un approccio cauto alle organizzazioni multilaterali.
Le nuove tensioni potrebbero creare incertezza nei mercati emergenti, con un riflesso negativo sulle loro valute, come si è già visto.
Per farsi un’idea precisa sarà però necessario conoscere meglio gli obiettivi di politica estera che intende perseguire.
Durante la campagna elettorale il tycoon ha assunto chiaramente una posizione contraria alla guerra.
Ha inoltre dichiarato di essere intenzionato a porre fine al conflitto tra Russia e Ucraina, il che richiederà probabilmente l’aiuto della Cina nei negoziati.
Infine, per quanto riguarda le big tech, Trump ha manifestato una posizione ambivalente.
Se infatti da un lato ha espresso scetticismo nei confronti delle grandi piattaforme tecnologiche, accusandole di avere troppo potere e di esercitare un’influenza eccessiva sull’economia, specialmente su questioni legate alla libertà di espressione e alla concorrenza, dall’altro vuole proteggere il settore per evitare che le aziende tecnologiche cinesi prendano il sopravvento.