«La maggioranza è saltata, c’è massima polarizzazione politica ed è subito partita la campagna elettorale». Questo il contesto in cui il governo si trova a fare il suo lavoro e che rappresenta l’elemento più problematico del momento. «Il problema degli affari correnti non è il concetto in sé per sé», spiega Stefano Ceccanti, costituzionalista e deputato del Pd, interpellato a proposito di quello che il governo potrà o non potrà fare in questi due mesi che mancano alla data delle elezioni, sempre più probabili il 25 settembre.
«Tutti i nuovi decreti vanno incontro ad una situazione complicata. Il problema degli affari correnti» spiega Ceccanti «è strettamente politico, non giuridico. Non potendo porre la fiducia alle camere, senza un’intesa stringente tra le forze parlamentari rischiano di rimanere vittima del fuoco incrociato della campagna elettorale» aggiunge il deputato dem. «Se ognuno mette in votazione i propri emendamenti e si vota senza fiducia non è detto che il decreto faccia in tempo a essere convertito».
Insomma «lo strumento della decretazione è fortemente indebolito. Non dagli affari correnti, ma dal contesto parlamentare in cui gli affari correnti si collocano». Quanto invece ai decreti attuativi come quelli sulla riforma del fisco e della giustizia secondo Ceccanti «dipenderà molto dalla situazione in Consiglio dei ministri. I pareri delle Camere non sono vincolanti, ma tutto dipende dall’operatività politica dell’esecutivo. Ancora non sappiamo se tutti i ministri rimarranno in carica o se ci saranno delle dimissioni».