Secondo quanto emerge dalla “Dinamica delle temperature e attività economica in Italia: un’analisi di lungo periodo” – un “Occasional Papers” della Banca d’Italia a firma Michele Brunetti, Paolo Croce, Matteo Gomellini e Paolo Piselli – «le temperature medie in Italia sono aumentate di circa 2°C dall’inizio del secolo scorso con una sostanziale omogeneità dei trend di crescita a livello territoriale. Questi aumenti hanno avuto un impatto negativo sulla crescita del pil pro capite, accentuatosi alla fine del Novecento parallelamente all’incremento delle temperature nel periodo 1981-2001».
Sulla base delle analisi effettuate, «incrementi che portassero le temperature medie nel 2100 a essere più elevate di +1,5°C rispetto a oggi (scenario corrispondente a un quadro di future emissioni di gas serra “intermedio”) ridurrebbero la crescita economica fino a ottenere nel 2100 un livello di pil pro capite inferiore tra il 2,8 e il 9,5% rispetto a quello che prevarrebbe in un’ipotesi di crescita pari a quella registrata dall’inizio del Novecento di circa +2% l’anno».
«Nell’ipotesi che la sensibilità del pil pro capite all’incremento delle temperature si attesti nel futuro sui livelli medi stimati per il Novecento,» sottolineano «si sono proiettate in avanti le analisi realizzate per il passato e calcolati i potenziali effetti al 2100 del riscaldamento atteso nei prossimi decenni. Sulla base delle analisi effettuate con metodologie panel e Ardl, uno scenario di emissioni con aumenti di temperatura di +1,5°C al 2100 potrebbe frenare la crescita del pil pro capite riducendone l’incremento annuo in un range tra 0,04 e 0,13 punti percentuali, fino a determinarne a fine secolo un livello tra il 2,8 e il 9,5 per cento inferiore rispetto a quello che prevarrebbe se crescesse al suo trend storico. Queste valutazioni, che per la natura dell’esercizio effettuato sono necessariamente connotate da un grado di incertezza elevato, risultano coerenti con quelle di altri studi realizzati a livello crosscountry».
Infine, oltre alle temperature medie, lo studio ha esaminato l’impatto della persistenza di temperature elevate. «Si è rilevato come l’incremento nella frequenza di temperature giornaliere superiori a 28°C abbia influito negativamente sull’attività economica, in particolare negli ultimi 20 anni del Novecento quando tale frequenza si è acuita significativamente, incidendo principalmente sul settore dell’agricoltura ma con effetti negativi registrati anche nell’industria e nei servizi».