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Allarme al super vertice di Davos, il 2025 sarà tutto in salita | Lo scenario del World Economic Forum

In vista dell’incontro annuale di Davos, che inizierà lunedì fra le valli dei Grigioni, il World Economic Forum ha lanciato un allarme inquietante: il 2025 si prospetta un anno di gravi rischi per l’economia globale, in gran parte a causa dei conflitti armati e delle tensioni geopolitiche.

Un sondaggio condotto su oltre 900 esperti internazionali, provenienti da accademia, politica e settore imprenditoriale, ha rivelato che quasi uno su quattro degli intervistati considera le guerre e il terrorismo come i principali fattori di rischio per la crescita economica mondiale. Un dato che non può essere ignorato, e che dipinge un quadro estremamente preoccupante per il futuro prossimo.

Il sondaggio, che ha anticipato le discussioni che si terranno la prossima settimana a Davos, evidenzia una realtà che sembra sfuggire al controllo dei governi: la crescente instabilità in molte regioni del mondo. In particolare, le guerre in corso in Medio Oriente e le difficili dinamiche in Siria, sono al centro delle preoccupazioni.

Se già la situazione ucraina ha destabilizzato l’Europa e l’intero ordine internazionale, la crescente escalation dei conflitti armati potrebbe compromettere ulteriormente la sicurezza globale, con ripercussioni economiche disastrose.

La guerra e la violenza armata, come sottolinea il WEF, non solo mettono in pericolo la vita di milioni di persone, ma danneggiano gravemente la crescita economica, con l’incognita di come il mondo possa reagire a queste minacce in continuo aumento.

Nonostante i conflitti emergenti, la questione climatica rimane una preoccupazione di primo piano. La crisi climatica, che l’anno scorso ha visto superare per la prima volta i 1,5°C di riscaldamento globale, minaccia di violare gli impegni presi dai governi nell’ambito dell’accordo di Parigi.

Le temperature estreme, i disastri naturali sempre più devastanti e l’intensificarsi degli eventi meteorologici estremi sono una realtà con cui il mondo deve fare i conti. Le previsioni del WEF per il 2025 non lasciano spazio a illusioni: la crescita economica potrebbe risentire pesantemente di questi fenomeni, con danni irreparabili per le economie già fragili.

Le previsioni per il 2025 sono tutt’altro che rosee. Il 56% dei principali economisti intervistati prevede un indebolimento delle condizioni economiche, mentre solo il 17% vede segnali di miglioramento. L’Europa, per il terzo anno consecutivo, risulta la regione più debole, con prospettive di crescita che si annunciano deboli o quasi nulle.

In contrapposizione, gli Stati Uniti sembrano poter contare su una spinta di breve termine, ma la crescita è temperata dalle preoccupazioni legate al debito in ascesa e all’inflazione. La Cina, uno degli attori principali dell’economia mondiale, sembra anch’essa destinata a un rallentamento, con una domanda interna debole e una produttività che non dà segni di ripresa. Una stagnazione che può estendersi a livello globale, minando la stabilità economica internazionale.

Il contesto politico globale non offre certezze. L’incertezza caratterizza le scelte economiche a livello internazionale, alimentando le preoccupazioni per una crescente frammentazione dei mercati. Più del 90% dei principali economisti prevede una ristrutturazione delle catene di approvvigionamento, mentre le politiche fiscali e commerciali diventeranno sempre più incentrate sulla protezione degli interessi nazionali.

La crescente chiusura dei confini, la limitazione della mobilità del lavoro e l’aumento delle barriere commerciali non fanno che peggiorare la situazione, aumentando i costi per le imprese e per i consumatori. Gli esperti sono unanimi nel ribadire che, in un simile contesto, le soluzioni collaborative saranno fondamentali per evitare che la crisi economica degeneri ulteriormente.

Al di là delle preoccupazioni economiche, Davos si apre quest’anno sotto un altro segno di ipocrisia. Le organizzazioni non governative hanno sollevato il tema delle emissioni causate dai voli privati utilizzati dai partecipanti al Forum.

Mentre il WEF dichiara di essere “neutrale dal punto di vista climatico” e incoraggia i partecipanti a viaggiare in treno, il contributo dell’aviazione privata al riscaldamento globale è in costante aumento. Tra il 2019 e il 2023, le emissioni di CO2 prodotte dai jet privati sono aumentate del 46%.

Eppure, ancora oggi, i leader mondiali si recano a Davos con i loro jet privati per discutere di questioni legate al cambiamento climatico. Un comportamento che alimenta l’ipocrisia e mina la credibilità delle politiche ambientali globali.

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