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Raffaele Spallone, Mimit: “E’ in arrivo un pieno di energia per le imprese con la Transizione 5.0” | Lo scenario

“Un click day? Parliamo di 6,3 miliardi di fondi.

Troppo per immaginare di distribuirli in questo modo.

Sebbene anche a noi convenga fare presto”.

Dopo mesi con i piedi sui blocchi di partenza, gli imprenditori italiani aspettano il colpo di pistola che dia il via alla corsa verso gli incentivi Transizione 5.0.

Un processo che – se non ben gestito – potrebbe andare dallo stallo degli ultimi mesi al rischio ingorgo.

Raffaele Spallone, che al Mimit dirige la divisione digitalizzazione delle imprese, innovazione e analisi dei settori produttivi, non sarebbe contrario, anche per velocizzare il raggiungimento degli obbiettivi di risparmio energetico promessi all’Ue in cambio dei fondi.

Ma su procedure e criteri d’accesso serve chiarezza, soprattutto ora, che i tanto attesi decreti attuativi sono imminenti.

Anche per questo motivo il ministero ha scelto Class Cnbc per avviare un primo dialogo con imprese e associazioni di categoria, e cominciare a fugare i primi dubbi sulle applicazioni delle nuove norme e sui tempi di attuazione.

Il tema resterà centrale sul canale, con una serie di trasmissioni settimanali dedicate al tema, che prendono il via da metà luglio, e proseguiranno a settembre dopo una breve pausa agostana.

Ma a dare il calcio d’avvio all’iniziativa è stato il primo forum organizzato negli studi di Class Cnbc tra i player interessati.

Una trasmissione, tuttora visibile sul sito www.milanofinanza.it, che ha contribuito a sciogliere le prime perplessità sul modus operandi che i decreti attuativi imporranno per l’accesso agli incentivi.

In studio, con Raffaele Spallone, c’erano Riccardo Rosa, presidente di Ucimu, Giacomo Cantarella presidente di AssoEsco, Marco Taisch, presidente di Made, il maggiore dei competence center istituiti dal Piano Industria 4.0 e Massimo Pasquali, responsabile aziende di Banco Bpm.

Tra i primi fattori d’apprensione sollevati dagli imprenditori, che in questi mesi hanno congelato gli investimenti in attesa di comprendere come farli rientrare nei criteri attuativi del piano di governo, c’è la natura dell’iniziativa “Complementare e non alternativa al piano industria 4.0”, dice il ministero.

Sì perché per cominciare – a differenza dei target d’innovazione garantiti alle imprese dal precedente progetto Industria 4.0 – qui l’obiettivo, inserito nel Pnrr e approvato dall’Ue nell’ambito delle deroghe al Repower Eu, è e resta il risparmio energetico.

“Abbiamo immaginato di coniugare digitale e green puntando sulla complementarietà.

Si tratta di un’evoluzione del piano 4.0, un inedito nel panorama incentivante europeo”.

Insomma: per accedere agli incentivi servirà dimostrare, “ex ante ed ex post” specificano dal ministero, la riduzione dei consumi energetici.

“Abbiamo costruito uno strumento per tutti – spiega Spallone – dalle grandi alle piccole imprese».

E per allargare la platea – anticipa il dirigente – «il risparmio potrà essere calcolato sul singolo processo interessato, con un minimo del 3%, o sulla intera struttura produttiva, con una soglia del 5″.

Ci saranno, inoltre, tre scaglioni di risparmio a cui saranno associate aliquote crescenti di credito di imposta.

“Quindi più alto è il risparmio energetico – precisa il Ministero – più sarà alto il credito associato”.

La sfida per le imprese – naturalmente – resta quella di legare il digitale al green.

“Ma si potrà accedere anche per sistemi di autoproduzione, come il fotovoltaico, per il quale c’è la maggior domanda e sul quale sono stati tolti i limiti imposti inizialmente.

E poi l’eolico e il micro idroelettrico”.

Limiti più rigorosi, invece, per quanto riguarda il perimetro definito dall’innovazione e dalla ricerca, che si lega alla filosofia europea di mettere le persone al centro di questa nuova ‘rivoluzione industriale’.

“Su questi temi abbiamo avuto qualche difficoltà implementativa”, ammette Spallone, «ma Innovazione, ricerca, trasferimento tecnologico, sono l’architrave di questo piano», continua il dirigente, chiarendo quanta importanza sarà data anche ai progetti di formazione del personale.

“Il capitale umano sarà una componente essenziale”.

Tra i focus delle aziende c’è, ovviamente, la certificazione, che permetterà l’accesso ai fondi.

“Abbiamo dovuto circoscrivere l’iniziale allargamento dei soggetti abilitati – sostiene Spallone – per evitare conflitti d’interesse».

Due i passaggi previsti per le imprese: la certificazione ex ante “come stima dei risparmi conseguibili” e quella ex post “che non sarà la misurazione dei risparmi ottenuti, ma anch’essa una stima”.

“È possibile che ci siano fattori esogeni che negli anni successivi influenzino il conseguimento dei risultati – ammette il dirigente – ma ne terremo conto, e per quanto ci riguarda, chiediamo che sia concreto il risparmio conseguibile al momento della certificazione ex post”.

Di certo, la raccomandazione per le imprese riguarda l’adozione di una metodologia solida che faccia da base ai processi.

“I certificatori avranno una grande responsabilità e il nostro impegno è accompagnarli con una efficace circolare operativa”.

E poi c’è il grande tema dei tempi: tra gli scogli più difficili dell’applicazione.

“È stata da subito la nostra preoccupazione”, spiega Spallone, “ma i tempi lunghi nel dialogo con l’Europa sono serviti anche per allargare la platea delle imprese potenzialmente coinvolte”.

Ora si corre verso una scadenza piuttosto ravvicinata fissata al 31 dicembre 2025.

E chi ha voluto partire da prima, con investimenti messi in atto dal primo gennaio 2024, vedrà riconosciuta una sorta di retroattività della norma.

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