Analisi, scenari, inchieste, idee per costruire l'Italia del futuro

[L’intervista] Alessio Butti (sottosegretario telecomunicazioni): «Il governo vuol far diventare TIM un’azienda più italiana»

Quell’angolo di Roma barocca che dalla Dataria collega Fontana di Trevi al Quirinale da anni è il crocevia del potere. Televisivo e telefonico.

Lì, a Largo di Brazza’, esploratore dei primi del Novecento, Maurizio Gasparri ha scritto l’omonima riforma che doveva spedire Rete4 sul satellite, Antonio Maccanico ha provato a formare un governo (l’ennesimo) tecnico, Paolo Gentiloni vergò il criticato e mai approvato disegno di legge sul tetto del fatturato delle imprese audiovisive.

Lì, anche se forse non ci è mai passato, Silvio Berlusconi è sempre stato il convitato di pietra. Dunque quello slargo non è territorio di successi assicurati.

Oggi lo scenario è cambiato e il nuovo inquilino, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega alle telecomunicazioni, Alessio Butti (Fdi), ha sul tavolo due belle grane: la stentatissima nascita della rete unica e cosa fare della travagliata Telecom Italia, partecipata da Cdp ma controllata dagli ostici francesi di Vivendi.

Il suo mandato è chiaro: far tornare a contare l’Italia della premier Giorgia Meloni nell’azienda guidata da Pietro Labriola. Milano Finanza lo ha intervistato per Class Cnbc in occasione della Milano Finanza Digital Week. Ecco i suoi piani.

Sottosegretario Butti, il settore delle telecomunicazioni ha sofferto durante il lockdown e soffre oggi ancor di più la preponderanza delle grandi piattaforme digitali. C’è ancora un futuro per questo settore in Italia o servono aggregazioni?

Guardi, gli operatori di telecomunicazioni sono in una gravissima situazione. Penso a quando qualche tempo fa c’era un presidente di Agcom che diceva: io ho consentito che in Italia i costi fossero i più bassi in assoluto. Bene. Si deve però ricordare, come regolatore, due cose: l’utente finale e gli operatori. Perché se gli operatori non stanno in piedi le migliaia decine di migliaia di persone che lavorano per quell’operatore ovviamente sono a rischio. Si tratta di coniugare le esigenze. Penso che gli operatori, ed è un messaggio chec io ho voluto dare anche ad Asstel, debbano rapportarsi diversamente, ad esempio anche con gli over the top. Con essi occorre arrivare a negoziare, perché se pensano di poter sostenere una battaglia con gli ott, è evidente che la perdono.

Anche Telecom ha perso in partenza senza un piano per la rete unica?

Guardi in Italia parliamo di rete unica dal 2006 col famoso piano Rovati, stiamo parlando dell’era Prodi. Dopo di che sono cambiate un po’ di cose. Innanzitutto perché abbiamo chiesto di sospendere questo Memorandum of understanding (Mou).

Perché avete chiesto la sospensione del Memorandum di Cdp?

Perché sono mesi che rivolgiamo delle domande e queste domande rimangono senza risposte. Perché siamo preoccupati del fatto che si continui a parlare di rete unica quando invece è necessario rimettere sul mercato quei pezzi di rete ridondante.

Quali pezzi?

Possono essere le aree nere, parte delle aree grigie. Però è evidente che l’Europa per tutelare il mercato, la concorrenza e quant’altro richieda questo tipo di concorrenza infrastrutturale.

C’è preoccupazione per Tim?

Siamo preoccupati per la situazione di Tim e per gli esuberi di Tim. Il Memorandum non prevedeva un piano per gli esuberi e siamo preoccupati di una serie di cose. Però ritengo che sia un motivo di soddisfazione poter parlare di rete pubblica. Non è semplice. Fino a qualche anno fa, gli unici a parlare di rete pubblica eravamo noi di Fratelli d’Italia, cioè una rete aperta gestita certamente dallo Stato, che però non significa nazionalizzare la Rete. Ma dare a tutti quanti gli operatori un accesso uguale e una parità di condizioni che garantisca il mercato. Io credo che questa sia la soluzione.

Sul tema c’è parecchia confusione.

Ci sono degli strumenti diversi sul tavolo. Cassa Depositi e Prestiti aveva un suo progetto, qualcun altro parla di Opa totalitaria, che non è certamente la nostra soluzione; questa opzione non è mai stata ipotizzata.

A che soluzioni pensa quindi, tolta l’Opa?

Ci possono essere delle altre possibilità con soggetti pubblici che ovviamente consentano di detenere pubblicamente la rete con le condizioni che io le ho detto.

Aiuta che lo Stato sia in Open Fiber come in Tim?

È un controsenso naturalmente, ma è la situazione attuale. Non abbiamo mai capito il motivo industriale per cui Cdp fosse in Tim e contemporaneamente in Open Fiber, oggi potrebbe essere utile risolvere questo conflitto di interesse.

Che soluzione ci sarà?

Non posso svelare nulla perché c’è un tavolo in corso e bisogna essere molto cauti, perché parliamo di una società quotata in Borsa e parliamo di decine di migliaia di operatori e quindi bisogna stare veramente attenti. Certamente a quel tavolo di lavoro come governo affronteremo tutte le questioni che potranno consentirci di gestire una rete magari separandola dai servizi, perché si sa che anche Tim non è competitiva sui servizi.

Quindi la strada maestra resta quella della separazione della rete di Telecom Italia con un imprinting pubblico.

La mia personale opinione sarebbe quella di mantenere al momento un’unica azienda. Dopodiché’ qualcuno ragiona sulla separazione della rete, qualcun altro sulla separazione dei servizi. Insomma, si tratta di trovare una sintesi e di farlo anche nel minor tempo possibile. Però è evidente che il cash flow si genera sulla rete. Naturalmente questo è abbastanza chiaro. Quel Mou è stato firmato da cinque soggetti, ma trattandosi di un tema di politica industriale, occorre raccogliere l’opinione di tutti gli stakeholder e poi vedere qual è la cosa migliore da fare. Magari non si può andare sempre d’accordo, ma almeno c’è chiarezza. Invece qui sono stati persi mesi a cincischiare su chi dovesse fare cosa e purtroppo adesso abbiamo veramente poco tempo per tutto quello che le dicevo prima. Dobbiamo cablare il Paese, dobbiamo avere una rete pubblica e all’avanguardia.

Convocherà anche i francesi di Vivendi che sono azionisti di maggioranza di Tim?

Certamente, parlerò anche con loro.

A proposito di sistemi all’avanguardia, a che punto è la tecnologia 5G? È vero che siamo in ritardo col Pnrr?

Allora, siamo sicuramente in ritardo per quanto riguarda la tecnologia del 5G. Per la verità non solo in Italia, anche se in altre zone del mondo stanno già ragionando attorno al 6G. Addirittura ipotizzano un 7G. Noi ancora abbiamo delle ovvie difficoltà per quanto riguarda il 5G. Ritengo che il 5G non debba essere dedicato esclusivamente, come spesso accade, alla residenziale. Cioè, se io voglio scaricarmi un film sul telefonino piuttosto che sull’iPad, non posso usare evidentemente il 5G. Ma il 5G deve essere dedicato all’impresa, deve essere dedicato all’industria, deve essere dedicato alla piccola e media impresa, a chi intende, relativamente ai processi industriali, intervenire con la digitalizzazione spinta, ad esempio i nostri artigiani che attendono di poter stampare in 3D in modo proficuo e direi anche frequente. Quindi noi dobbiamo fare un salto di qualità cioè il paradigma del 5G deve essere dedicato all’impresa. Ecco perché è fondamentale.

E invece?

E invece purtroppo siamo in ritardo perché le tre gare per rispettare i milestone target imposte del Pnrr istruite dal precedente governo, per motivi diversi, hanno sortito effetti direi non proprio performanti. I bandi di gara non sono stati redatti in modo corretto, dal mio punto di vista e dal punto di vista del dipartimento che guido. Ad esempio sulle aree grigie il bando da 3 miliardi e 700 milioni è stato pubblicato come tutti ricorderanno il 14 di gennaio e il 15 di gennaio venne ritirato, perché si accorsero che in base a quel bando avrebbe potuto partecipare una sola società.

Quanti lavori sono partiti?

Qualche lavoro sicuramente è partito, ma le gare non sono state di certo affollate. Un altro aspetto che mi preoccupa tantissimo è quello relativo alle aree grigie. Il cablaggio delle aree grigie coinvolge anche investimenti del Pnrr molto importanti. Sono state fatte 15 gare, otto le ha vinte Tim, sette le ha vinte Open Fiber.

E qual è il problema?

Che non stanno lavorando, cioè non stanno posando fibra e questo è un problema serissimo, perché dovremo quantomeno rinegoziare con la Commissione europea delle date che non siamo in grado di rispettare.

SCARICA IL PDF DELL'ARTICOLO

[bws_pdfprint display=’pdf’]

Iscriviti alla Newsletter

Ricevi gli ultimi articoli di Riparte l’Italia via email. Puoi cancellarti in qualsiasi momento.

Questo sito utilizza i cookie per migliorare l'esperienza utente.