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[L’intervento] L’inutile attendismo dell’Italia di fronte alla ratifica del Mes

di Angelo De Mattia, economista

È utile chiedersi se sia opportuno o no attendere la pronuncia della Corte costituzionale tedesca sul Mes-Meccanismo Europeo di Stabilità prima di decidere sulla ratifica del relativo Trattato di recente emendato con modifiche, in linea generale, accettate dal governo Conte 2 con l’allora ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, che aveva seguito pari passu l’argomento.

Ci si deve chiedere se la pendenza delle decisioni della Corte di Karlsruhe sia colta soltanto per prendere tempo oppure la si voglia utilizzare come copertura per la scelta che farà il governo italiano, sapendo bene, però, che il previsto pronunciamento è comunque strettamente legato alle peculiarità dell’ordinamento tedesco e tocca anche profili riguardanti le attribuzioni del parlamento nel suo complesso.

La riforma del Mes riguarda in particolare l’acquisizione della funzione di backstop per i casi di risoluzione europea di banche.

A tal fine, come noto, vigono procedure ad hoc e un fondo di risoluzione che finora non è stato alimentato in forma autonoma come si sarebbe dovuto: un’inosservanza di una parte del progetto di Unione bancaria, mentre è ancora lontana la costruzione dell’altro pilastro che riguarda l’assicurazione europea dei depositi bancari.

Comunque, secondo la predetta riforma, per la concessione di risorse nelle vicende di risoluzione entrerebbe in azione il Mes, a sua volta, finanziato dai partner comunitari. pure nota la lunghissima discussione che, prima del governo Draghi, aveva impegnato le forze politiche sull’altra innovazione del Meccanismo riguardante la possibilità di ricorrere, da parte degli Stati, a prestiti a condizioni molto favorevoli dallo stesso concessi per interventi in materia sanitaria: per l’Italia, gli ormai famosi 37 miliardi circa.

Alla fine, si concluse prima con la necessità di proporre un pacchetto di modifiche contestualmente all’adesione alla riforma in questione, poi si rimandarono le decisioni alla fase della ratifica. Intanto, si stabilì di non ricorrere ai suddetti prestiti.

Subentrato il governo Draghi, l’argomento passò in secondo piano; alcuni, tra gli originari sostenitori del ricorso ai prestiti trovarono il modo per prendere tempo senza smentirsi insieme con una dimostrazione di piaggeria, dichiarando in parlamento che ormai il vero Mes – del quale non vi era più bisogno – era il governo Draghi da cui si facevano discendere sorti magnifiche e progressive, poi, però, puntualmente smentite dai fatti. In ogni modo, il Mes sembrò scomparso dai radar, pur pendendo l’obbligo di decidere sulla ratifica.

Ora, come accade da diversi mesi, l’Italia e la Germania sono i due Paesi che non hanno ancora ratificato. Si tratta di una mancanza che adesso viene vieppiù in evidenza dopo che il governo ha dato il via-libera alla nomina del direttore generale del Meccanismo, il lussemburghese Pierre Gramegna, la cui designazione è stata in ballo per almeno sei mesi di temporeggiamento.

Una parte dei dubbi sull’adesione al Trattato deriva dai non del tutto fugati rischi di condizionalità per gli interventi del Meccanismo, con le ipotesi di sorveglianza macroeconomica sui prestiti concessi che si possono riconoscere in linea generale – e che precedono la riforma – anche se ciò non è evidente per i finanziamenti sanitari.

Per ora continua a essere negletta l’ipotesi del pacchetto – composto, dunque, con altre misure, a cominciare dalla vexata quaestio dell’assicurazione dei depositi, senza impatti, però, sulla valutazione dei titoli pubblici, come vorrebbero i tedeschi – che potrebbe essere collegato alla decisione di ratifica e fatto oggetto di un impegno da richiedere e ottenere in sede europea per l’attuazione.

Non un do ut des vero e proprio, ma un collegamento doveroso con altri aspetti dell’Unione bancaria, che invece registra una battuta d’arresto che costringe a ricorrere al Mes quando, invece, si era progettato un fondo ad hoc.

Sulla vicenda è necessaria, a questo punto, da parte del governo, la massima trasparenza. Proseguire alla lunga nel limitarsi ad attendere le decisioni tedesche, senza avere una propria posizione precisa, suona un po’ come quel tale che dice “vai avanti tu che’ a me….”, non compatibile con l’autorevolezza di un Paese.

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