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[L’analisi] Il calo dell’indice PMI manifatturiero fa scattare l’allarme recessione

È di nuovo allarme recessione in Europa. Il settore manifatturiero nell’Eurozona, infatti, ha subito un nuovo calo, con l’indice Pmi sceso a 49,8 punti, sotto la soglia critica dei 50 che indica la contrazione della produzione. A segnare un forte calo è soprattutto la Germania, la locomotiva produttiva d’Europa, dove il dato si contrae di quasi 3 punti rispetto alla precedente rilevazione. Anche Francia, Italia e Spagna hanno tutte registrato letture inferiori a 50 punti. A colloquio con l’AGI diversi economisti di rilievo tratteggiano una situazione in chiaroscuro, con la parola recessione che non è più un tabù rispetto all’economia dell’Europa, ma potrebbe rivelarsi meno dura di quanto il termine lasci immaginare.

«Secondo me si va verso una recessione o quantomeno un rallentamento molto forte. Il secondo trimestre è stato supportato dalla forte ripresa del turismo e da altri fattori. Ma con l’aumento del costo della vita, l’inflazione, di fatto si riducono i redditi disponibili reali», commenta Lorenzo Codogno, visiting professor alla London School of Economics, già economista al Mef.

«Questa dinamica inevitabilmente in autunno porterà» argomenta «conseguenze sui consumi. Mi aspetto una riduzione abbastanza significativa nel ritmo di crescita. La situazione, in parte, potrà essere compensata da delle misure fiscali, come quelle che sta per varare anche il governo italiano». Codogno rileva che gli effetti della dinamica salariale «in parte potrebbero essere compensati» dal fatto che «durante la pandemia è cresciuto il risparmio». Ma si tratta di un dato da verificare perché, ricorda l’economista, l’inflazione «colpisce soprattutto i redditi più bassi». Per Codogno la percezione: «È che si possa arrivare ad un rallentamento. Se non sarà recessione sarà qualcosa di vicino».

Più ottimista Giorgio Arfaras, che sostiene: «È possibile, ma credo non sarebbe una recessione drammatica, nel senso di caduta del Pil, i dati non dicono questo». Per l’economista: «Il rallentamento della produzione c’era già da prima della guerra in Ucraina. Mentre l’inflazione in Ue dipende prevalentemente dal costo delle materie prime, che non potranno rimanere a questi livelli di prezzo all’infinito, tanto che per la fine dell’anno si immagina una inflazione in calo. Quindi, con l’inflazione che scende e dei tassi di interesse più alti ma non mostruosi non si vede perché dovrebbe esserci uno scenario così grave». Arfaras però chiarisce: «Non sto dicendo che nel Mondo va tutto bene, non è così». È specifica: «L’inflazione diventa pericolosa quando c’è la rincorsa tra salari e prezzi, che al momento non c’è».

Mentre Veronica De Romanis, docente alla Luiss, osserva: «Ci sono una serie di incertezze, dovute a fattori diversi: la guerra in corso in Ucraina, il rallentamento dell’economia della Germania. Credo il problema possa essere a partire dall’anno prossimo, cosa potrebbe succedere. Dipenderà da come evolve lo scenario della guerra e dai sostegni messi in campo dai governi». La professoressa sottolinea: «Vediamo ora la Bce cosa deciderà di fare a settembre se continua con l’incremento dei tassi di interesse e poi cosa succede al livello di sostegno e investimenti nazionali. È chiaro, noi in Italia in questo momento siamo in campagna elettorale; quindi, sarà tutto più rallentato nelle decisioni che verranno prese».

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