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[L’analisi esclusiva] Nello scontro sui vaccini Draghi detta la linea all’Europa. Merkel e Macron pronti a bloccare l’export dei Big Pharma

E’ servito il pugno di ferro di Mario Draghi – che con una mossa a sorpresa ha bloccato l’export di 250 mila file prodotte ad Anagni nel Lazio dalla casa farmaceutica AstraZeneca – per cambiare di netto, in poche ore, la linea politica europea fino a quel momento troppo soft verso i Big Pharma.

La svolta come raccontiamo qui https://www.ripartelitalia.it/il-retroscena-il-pugno-di-ferro-di-draghi-contro-i-big-pharma-scuote-leuropa-ecco-come-ha-impedito-ad-astrazeneca-di-consegnare-allaustralia-250-mila-dose-preparate-nella-fabbrica/ segna un prima e un dopo nelle relazioni con le aziende farmaceutiche che si stanno occupando di produrre i vaccini.

Di fronte al blocco dell’Unione europea all’export dei vaccini del colosso anglo-svedese, AstraZeneca, Londra si è scagliata contro Bruxelles. 

Così la Francia di Emmanuel Macron già pensa di imboccare la strada battuta dall’Italia, mentre il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ha avvertito: “Finché ci saranno ritardi fermeremo” le dosi. E la Germania ha incalzato: l’azienda, “rispetti gli impegni”. 

Lo stop ad AstraZeneca ha avuto di certo un gusto amaro per Downing street, che non ha perso tempo ad attaccare l’Ue con accuse di mancanza di generosità. 

“La ripresa del Covid dipende dalla cooperazione internazionale, e porre in atto restrizioni mette a rischio la battaglia globale dei vaccini”, è stata la reprimenda del Regno Unito, paradossalmente proprio uno dei primi Paesi ad aver praticato la politica dell’UK first, lasciando l’Unione ad aspettare dosi già pagate e mai consegnate, con le curve del Covid in rialzo, sull’onda delle varianti che dilagano. 

Ma Bruxelles ha chiarito: sulla cooperazione internazionale non c’è nulla da temere. Nè hanno di che preoccuparsi le aziende che onorano i contratti. 

In un mese sono partite 174 consegne verso trenta Paesi, senza contare i 92 Stati che non rientrano nel sistema di controllo sull’export, e il forte impegno sul Covax, lo strumento per garantire l’accesso ai sieri, a livello globale, con donazioni dell’Unione in Moldavia, Ghana e Costa d’Avorio. 

Il messaggio, insomma, è rivolto solo e soltanto “all’inadempiente AstraZeneca”, ha spiegato il portavoce dell’Esecutivo comunitario, Eric Mamer. Il Big Pharma nelle sue distribuzioni ha privilegiato proprio il Regno Unito. 

Un trattamento che il ceo dell’azienda, Pascal Soriot, in un’audizione all’Eurocamera, la settimana scorsa, aveva motivato con ingenti investimenti di Londra, fin dalla prima ora, nello sviluppo del siero, e della sua produzione. 

Ma con forti ricadute sui 27, che nel primo trimestre dovrebbero ricevere solo 40milioni di dosi, ovvero il 25% di quanto previsto dal contratto di pre-acquisto, per il quale l’Unione ha già pagato 870 milioni di euro. 

Una situazione di disparità, rispetto alla quale l’ad di AstraZeneca Italia, Lorenzo Wittum, non ha potuto far altro che commentare: “Capiamo perfettamente la decisione” presa dal governo di Mario Draghi. 

E non ci sono stati incidenti diplomatici con l’Australia. 

Il premier, Scott Morrison, ha minimizzato. “In Italia le persone muoiono al ritmo di 300 al giorno. Posso certamente capire l’alto livello di ansia. Sono in una situazione di crisi senza freni. Non è la nostra situazione”. 

E sebbene il ministro alla Salute, Greg Hunt, abbia indicato come la questione sia stata sollevata attraverso più canali, la Commissione europea, decisa a non fare dietrofront, ha fatto sapere di non aver ricevuto alcuna richiesta formale da Canberra. 

D’altronde, come ricorda il presidente dei deputati popolari Manfred Weber in un’intervista particolarmente incisiva data a Francesca Basso sul Corriere l’Australia “ha dieci casi di Covid al giorno e non ci sono morti”. 

Weber, un eurocrate di peso, non le manda a dire agli extraeuropei: “Dobbiamo mostrare ai nostri cittadini che ci prendiamo cura di loro. La guerra dei vaccini è già in corso” perché “il nazionalismo dei vaccini è stato adottato dagli Stati Uniti, e dalla Gran Bretagna con AstraZeneca”. 

Insomma, il “sovranismo vaccinale” — sollecitato appunto dai sovranisti nazionali — si sta trasformando, in un interessante caso di eterogenesi dei fini, in sovranismo vaccinale europeo

Il vicepresidente, Valdis Dombrovskis ne ha tra l’altro discusso col ministro al Commercio, Dan Tehan, in una telefonata già programmata, spiegando con i dovuti dettagli la situazione. 

Intanto, come anticipato, la Francia potrebbe presto seguire l’esempio italiano.

“Potremmo farlo. Abbiamo contatti in corso”, ha detto il ministro della Salute, Olivier Veran. Proprio ieri il ministro degli Esteri, Jean-Yves Le Drian si è incontrato con Luigi Di Maio, per parlare, tra gli altri dossier, dei vaccini. 

Nella conferenza stampa congiunta, il capo della Farnesina ha poi indicato: “Finché ci saranno ritardi continueremo a bloccare”. 

Ed il ministro della Salute, Jens Spahn, da Berlino ha incalzato: “Dobbiamo fare pressione affinché le consegne promesse siano mantenute”.

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