S&P prevede un continuo aumento della capacità eolica offshore nelle acque europee nel periodo 2024-2030, che implica circa 270 miliardi di dollari di investimenti, anche se l’Europa rimarrà probabilmente il secondo mercato più grande dopo la Cina.
È quanto emerge da un report di S&P Global Ratings sul settore energetico europeo, con un particolare focus sull’eolico offshore.
Secondo le stime, il costo livellato dell’elettricità in Europa potrebbe aumentare fino al 26% nei prossimi due anni, dopo un calo nell’ultimo decennio, a differenza dell’area Asia-Pacifico, dove i costi stanno ancora diminuendo.
Tuttavia, S&P ritiene che le società di servizi energetici europee come Orsted, RWE, Iberdrola, EnBW, EDF, SSE ed Eneco siano destinate a rimanere leader del settore nei prossimi cinque anni, il che implica un’ampia esposizione a singoli progetti e investimenti elevati che limitano il deleveraging.
La pressione sui fornitori di supply chain integrate e di grid connection per la realizzazione di numerosi progetti simultanei rimarrà alta, a meno che il ritmo di costruzione di impianti rinnovabili non rallenti.
Sono tuttavia necessari ingenti investimenti, che comportano un aumento del rischio di credito.
Alcuni produttori di energia elettrica si fanno carico del 50%-100% dei costi di sviluppo dell’energia eolica e la spesa potrebbe salire a 10 miliardi di euro o più per singoli progetti.
Inoltre, la partecipazione alle aste di capacità ha spesso portato a bassi prezzi di esercizio per megawattora di elettricità nei contratti per differenza.
S&P mette in guardia evidenziando che con l’aumento delle dimensioni dei progetti eolici, la crescita dei costi di sviluppo e di generazione deprimerà la redditività dei produttori di energia elettrica.
“Prevediamo un calo dei prezzi dell’energia elettrica nel periodo 2025-2027: di conseguenza, spiegano gli analisti, la qualità media del credito potrebbe indebolirsi.
Anche i forti sforamenti dei costi o i ritardi potrebbero mettere sotto pressione il rating di alcune società, a meno che i CfD non sostengano forti flussi di cassa liberi”.