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Ecco i nuovi scenari per le concessioni balneari | L’analisi di Serena Sileoni

Nuovo giro di giostra per le concessioni balneari, commenta Serena Sileoni sulla Stampa.

La misura di riordino del governo composto dai partiti più compiacenti alle ragioni dei balneari, e che vede tra l’altro tra i suoi componenti una imprenditrice del settore, non è un grande esercizio di fantasia.

I punti cardine – sottolinea Sileoni – sono due, entrambi di gran lunga scontati: una proroga generalizzata delle concessioni attuali al 30 settembre 2027 e una residuale al 31 marzo 2028 in presenza di «oggettive difficoltà» (sic!) nel fare le gare; l’indennizzo per i concessionari uscenti.

I tentativi di proroga si sono già ampiamente scontrati con la giurisprudenza amministrativa e costituzionale, oltre che con le istituzioni europee.

Il fatto che i Comuni, in base a questa proposta, possano comunque anticipare le gare può aver rassicurato solo in parte la Commissione e di certo non rassicura la Corte di giustizia, oltre che i tribunali amministrativi italiani.

Dalle note sentenze del Consiglio di Stato del 2021, le sentenze escono ormai come da una rotativa contro il sistema delle proroghe.

L’indennizzo, invece, è un punto fermo di ogni tentativo di riordino.

Il riconoscimento al concessionario uscente di una somma di denaro corrispondente al valore residuale degli investimenti e dell’azienda è un principio pacifico e accolto anche da governi che i sindacati dei balneari hanno sempre considerato come «nemici».

Non si tratta di un risarcimento per il fatto di aver perso la gara, ma di un diritto mai contestato la cui quantificazione dipende però dai criteri di valutazione dell’attività, al punto tale da poter essere, per astratta ipotesi, non dovuto.

Nella proposta del governo Meloni, questi criteri sono demandati a un decreto ministeriale.

È indicativo della difficoltà del governo a trattare la materia il fatto che, dopo due anni di meditazioni, sia riuscito a proporre un riordino basato su due elementi scontati, di cui uno palesemente illegittimo.

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