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Visco impone alle banche l’esame sul clima | Lo scenario

Il rischio climatico e ambientale rimane una delle aree più attentamente monitorate da parte dei regolatori bancari europei.

Entro il 31 marzo tutte le banche italiane (“significant” e “non significant”) hanno dovuto presentare alla Vigilanza i propri piani di azione in questo ambito.

Il processo si è svolto in diversi scaglioni e, sia per gli istituti “non significant” (quelli cioè monitorati direttamente da Banca d’Italia) sia per gli intermediari non bancari (quelli cioè attivi in factoring, leasing, consumer finance, pagamenti e gestione del risparmio) si è trattato del primo confronto diretto con il regolatore.

Le banche vigilate da Bce invece hanno dovuto fornire al regolatore un secondo aggiornamento, dopo il primo piano predisposto nel 2021 e il successivo aggiornamento dello scorso anno.

“Questa scadenza rappresenta un passaggio importante per due ragioni”, spiega a MF-Milano Finanza Lorenzo Macchi, coordinatore del settore bancario per Kpmg in Italia ed esperto di tematiche regolatorie, “da un lato, perché richiede una serie di interventi a tutto il settore finanziario in modo piuttosto invasivo sotto vari punti di vista dell’organizzazione interna (governance, presidi organizzativi, strategia e modello di business, gestione dei rischi e disclosure); dall’altro perché allinea gli intermediari sotto vigilanza di Banca d’Italia a quelli vigilati direttamente da Bce, che hanno dovuto compilare analogo piano di intervento già nel 2021 con successivi aggiornamenti annuali (e con scadenza proprio il 31 marzo per l’aggiornamento dovuto nel 2023)”, continua Macchi.

L’esercizio è stato condotto sulla base di questionari di autovalutazione compilati dagli intermediari, con richiesta di documentazione a supporto delle informazioni ricevute, e successivamente verificati da Banca d’Italia.

L’obiettivo? Valutare la solidità e la completezza delle principali politiche e procedure degli enti, nonché’ la loro capacità di indirizzare efficacemente le strategie relative ai rischi climatici e ambientali e i profili di rischi.

Nel dettaglio i piani risultano articolati su un orizzonte temporale di intervento pluriennale (tre anni per le banche “less significant”) ed è prevista la presenza di obiettivi intermedi, anche con soluzioni modulari e incrementali.

Il rischio climatico rimane un fronte caldo per la vigilanza europea.

Proprio lo scorso anno Francoforte ha tenuto il primo stress test espressamente dedicato a questa tematica.

Sotto la lente in quel caso erano finiti 104 istituti di credito che, secondo l’Eurotower, avrebbero potuto subire perdite per almeno 70 miliardi di euro in caso di crescita della temperatura media globale.

“Le banche della zona euro devono con estrema urgenza intensificare i loro sforzi per misurare e gestire i rischi climatici.

Rimediando ad una serie di lacune e adottando le buone pratiche già presenti nel settore”, aveva dichiarato Andrea Enria, responsabile della supervisione bancaria in seno alla Bce.

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