Sulla Gazzetta del Mezzogiorno Marcello Foa sottolinea come quella in Ucraina non sia una crisi regionale, ma una sfida strategica che vede in palio la leadership del mondo, e viene combattuta da Stati Uniti e Cina per interposta persona.
Dietro Mosca c’è Pechino e assieme ad essa diversi Paesi emergenti che rivendicano una diversa governance degli affari del mondo, ovvero la fine non della globalizzazione ma della regia unipolare statunitense.
Specularmente, dietro Kiev, ci sono gli americani, che, dopo i disastri in Iraq e soprattutto in Afghanistan, devono dimostrare di essere ancora i garanti dell’Ordine mondiale e, dunque, che nessun mutamento degli assetti internazionali, anche territoriali, può essere tollerato senza il loro assenso.
Nelle ultime ore questa sfida è diventata palese anche ai più scettici. La Cina non nasconde più le proprie intenzioni e la propria vicinanza a Putin, mentre Washington si mostra sempre più guardinga, se non inquieta nei suoi confronti; come dimostra la reazione sproporzionata alla vicenda della mongolfiera-spia e il recentissimo monito pubblico a non fornire armi al Cremlino.
La tensione fra i due Paesi cresce, il nervosismo anche, mentre un’ipotesi diventa certezza: la fine del conflitto in Ucraina sarà determinata innanzitutto a Washington e a Pechino, il che rende lo scenario ancora più complicato.
Putin oggi in teoria può scatenare una nuova pesante offensiva, con possibilità di successo molto più elevate rispetto al 2022. Gli occidentali ne sono consapevoli e per questo reiterano il loro appoggio a Zelensky, testimoniato dal viaggio a sorpresa di Biden a Kiev, dal fortissimo valore simbolico e dal rinnovato impegno a fornirgli nuovi armamenti ancor più sofisticati. Il messaggio è forte e chiaro: non accetteremo la sconfitta.
Così, come dodici mesi fa, il mondo si trova sospeso tra l’incubo di una guerra prolungata, che potrebbe potenzialmente finire fuori controllo e la possibilità di una pace improvvisa, a dispetto dei discorsi roboanti e agguerriti di queste ore.
Anzi, proprio grazie a quei discorsi. Se – come ripete il Capo di Stato Maggiore dell’esercito degli Stati Uniti, generale Mark Milley – né russi né ucraini possono ottenere la vittoria finale, la soluzione potrebbe essere quella di un cessate il fuoco che permetta a ognuno di apparire, a modo proprio, vincente.