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Rocco Cangelosi (Consigliere di Stato): «In Ucraina siamo arrivati alla resa dei conti»

La questione Ucraina è giunta ormai alla resa dei conti. La Russia ha completato l’accerchiamento del territorio ucraino, dislocando le truppe su tre fronti: in Donbass, nella Trasnistria e in Bielorussia e spostando consistenti forze navali nel Mar nero e nel Mar Baltico.

La possibilità reale di un attacco sta crescendo e secondo le valutazioni dei militari potrebbe essere lanciato non più tardi della primavera, per evitare che la marcia dei tank russi venga imbrigliata dai fanghi che si formano con lo scioglimento delle nevi, come avvenne per le truppe naziste bloccate sulla strada di Mosca.

I Paesi Nato intensificano le forniture militari all’esercito ucraino e viene rafforzata la presenza militare nei Paesi dell’Est, mentre da parte americana il Pentagono annuncia la messa in stato di allerta un contingente di 8500 uomini. Putin sembra non credere a un’azione militare della Nato in risposta a un’eventuale invasione, né temere le sanzioni economiche, alle quali si sta preparando a resistere, con l’incetta di valute per fronteggiare un’eventuale esclusione delle banche russe dal sistema Swift e facendo affidamento sulla Cina per fronteggiare eventuali contraccolpi dell’embargo di prodotti sensibili essenziali per l’economia russa e assicurarsi mercati di sbocco alternativi alle esportazioni di materie prime e risorse energetiche.

A fronte dello spiegamento di truppe russe e della determinazione mostrata da Putin, l’Occidente appare diviso e preoccupato per gli interessi che ciascuno Stato vede messi in pericolo dall’eventuale adozione delle pesanti sanzioni economiche ipotizzate. Putin potrebbe pertanto essere indotto a vedere se si tratta di un bluff giocando sulle divisioni che vedono la Germania, l’Italia e la Francia riluttanti, seppur per diverse ragioni.

La telefonata di Biden agli alleati mirava soprattutto a creare un fronte comune e rafforzare la deterrenza nei confronti di Mosca. Tuttavia i dubbi maggiori di un impegno militare vengono proprio dagli Usa, dove i dubbi per il rischio di una guerra che veda coinvolte truppe americane stanno crescendo.

In questa situazione i margini per una soluzione diplomatica appaiono sempre più stretti. I russi pretendono di rivedere l’architettura di sicurezza europea, congelare sine die il processo di adesione all’Ucraina, chiedono la smobilitazione delle batterie missilistiche dislocate nei paesi dell’ex Unione Sovietica, minacciano di installare a loro volta missili vicino al territorio americano, a partire da Cuba.

La via d’uscita dal rischio di una guerra può essere trovata solo nel quadro di un negoziato globale che riavvii il percorso per la riduzione delle Forze nucleari intermedie (INF), la messa a punto di CBM (confidence building measures) credibili e una sorta di “finlandizzazione” dell’Ucraina.

Se la diplomazia non dovesse avere successo e la parola passasse alle armi, in mancanza di una risposta adeguata della Nato, America e Europa subirebbero una irrimediabile perdita di credibilità nel contesto internazionale nel confronto tra autocrazia e democrazia. E di fronte a questa prospettiva è auspicabile una presa di coscienza delle reali capacità di reazione prima di avventurarsi in un cammino senza ritorno.

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