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Sei proposte per la ripartenza di Food, Salute e Sostenibilità

Dopo 200 giorni da quando è nata la piattaforma digitale www.ripartelitalia.it e il relativo think tank magazine, l’Osservatorio Riparte l’Italia ha deciso di mettere insieme le idee e i suggerimenti di oltre 500 esponenti della società civile e di elaborare, sulla scia di tali considerazioni, 100 proposte per l’Italia, raccolte in un unico paper.

Vi proponiamo le nostre proposte divise per argomenti, in modo che sia più facile navigarle, consultarle e approfondirle, corredando le singole proposte con il testo del capitolo di riferimento presente nel Paper, scaricabile qui.

Le Sei Proposte per Food, Salute e Sostenibilità presentate dall’Osservatorio Riparte l’Italia:

  1. Promuovere una nuova cultura del cibo salubre, sostenibile, solidale e accessibile al giusto prezzo e nella giusta quantità
  2. Sostenere la ricerca e l’innovazione nell’agroalimentare integrato e biologico
  3. Favorire la rete tra imprese della filiera, il nearshoring
  4. Agevolare un’alleanza, fondata sulla fiducia, tra impresa responsabile e consumatore consapevole
  5. Combattere lo spreco alimentare
  6. Garantire la sicurezza del cibo, “dalla fattoria alla tavola”

Il food è un settore che riveste un’importanza fondamentale per l’economia del Paese, non solamente in considerazione dell’indubbia vocazione agricola dell’Italia, ma anche perché i prodotti agroalimentari costituiscono per la nostra Penisola la ragione di un prestigio riconosciuto a livello planetario.

Alcune riflessioni e alcuni utili numeri sul tema dell’alimentazione – tratti dal Rapporto #iorestoacasa 2020 dell’Osservatorio Waste Watcher di Last Minute Market/SWG – arrivano dal Prof. Andrea Segré: «Sappiamo, o dovremmo sapere, che mangiare soddisfa un bisogno primario, essenziale per vivere.

Tuttavia, cosa e come mangiamo ha un forte impatto sulla produzione agricola, la trasformazione alimentare, la distribuzione, il consumo domestico ed extradomestico, il commercio nazionale e internazionale. Il peso economico della filiera agroalimentare pre-Covid19 valeva – è bene usare il passato – il 15% del Pil. Inoltre, è ben dimostrato l’impatto della produzione agricola e della dieta alimentare sull’ambiente (cambiamenti climatici) e sulla salute (malattie causate da malnutrizione per difetto e per eccesso). Insomma, il cibo è un “fattore” non trascurabile dal punto di vista economico, sociale ed ambientale. Qualche dato globale, sempre dell’epoca pre-Covid, fa capire la polarizzazione nell’ultimo anello della filiera: il consumatore finale.

Le Organizzazioni internazionali hanno stimato a 821 milioni di persone affamate, con un trend in calo, a fronte di 1,4 miliardi di persone troppo nutrite fino all’obesità (670 milioni), con un trend in crescita. L’Italia, pur con numeri assai più contenuti, non si distacca(va) da queste tendenze: 2 milioni di persone assistite dal punto di vista alimentare a fronte di circa 2 milioni e 130 mila bambini/adolescenti di età compresa tra i 3 e i 17 anni in eccesso di peso, che corrisponde al 25,2% del totale (dati ISTAT biennio 2017-2018)». Con riferimento al periodo di lockdown della primavera del 2020, prosegue Segré: «Il primo dato rilevante è legato all’acquisto di generi alimentari decisamente aumentato: 1 italiano su 3 ha fatto la spesa più frequentemente e sempre 1 italiano su 3 ha acquistato maggiore quantità di cibo rispetto al passato.

Ma più ancora della quantità, è cresciuta la qualità del cibo acquistato durante il lockdown per il 34% degli italiani. Fra le notizie più significative del periodo di lockdown c’è stato lo scarso utilizzo del food delivery, che non ha sfondato in quarantena: quasi 1 italiano su 2 (48%) ha dichiarato di non volerlo praticare, e per chi invece prevede la possibilità di farsi recapitare a casa del cibo pronto la periodicità è estremamente diradata: meno di una volta a settimana per 1 italiano su 3 e da 1 a 6 volte per 1 italiano su 5 (20%).

Al contrario, non stupisce che nelle settimane di lockdown sia stata la cucina ad appassionare nelle case: se 1 italiano su 3 dichiara di aver dedicato alla preparazione del cibo lo stesso timing della “vita” precedente, ben 7 italiani su 10 si sono cimentati ai fornelli con frequenza più rilevante rispetto a prima, e ben 4 su 10 lo hanno fatto con rilevanza estremamente superiore rispetto al passato. A fronte della maggiore attenzione rispetto al cibo e al consumo alimentare, si è registrato, nello stesso periodo di osservazione dell’indagine in commento, un drammatico aumento della povertà alimentare – numero di persone assistite con pacchi o buoni o altre forme di aiuto diretto e indiretto – che ha quasi raddoppiato i numeri del periodo pre-Covid (dati Caritas, Coldiretti, Banco Alimentare). Il cibo e il suo valore devono essere messi al centro della nostra visione post-emergenza con un obiettivo chiaro: ridurre il food divide.

La “formula” da usare è semplice e allo stesso tempo complicata e si riassume così: cibo di buona qualità, in quantità sufficiente, a un prezzo equo per chi lo produce e per chi lo acquista. Si dovrebbe fare un investimento di fondo sull’educazione alimentare, inserendola nei programmi scolastici» (14 luglio 2020).

Il settore alimentare subirà un calo di fatturato dell’1,9% a fine 2020. Lo stima The European House – Ambrosetti che ha condotto un sondaggio sulle imprese del settore, il 56,7% delle quali prevede che la crisi provocata dall’emergenza sanitaria Covid-19 «avrà un impatto negativo sul fatturato dell’intero 2020». Di queste, quasi la metà ritiene che il proprio volume di ricavi subirà una flessione di oltre il 20%(19 giugno 2020).

Sul fronte dell’export gli scenari paiono preoccupanti. Le esportazioni agroalimentari nazionali – rileva la Coldiretti – avevano raggiunto nel 2019 il valore record di 44,6 miliardi di euro con un aumento del 3,5% nei primi sette mesi del 2020 che difficilmente sarà mantenuto a causa delle misure restrittive rese necessarie in molti Paesi per contenere il contagio. Un elemento di difficoltà che – sottolinea la Coldiretti – si aggiunge alla contrazione dei consumi interni con le vendite di cibi e bevande nel settore della ristorazione in Italia che sono praticamente dimezzate (-48%) nel corso dell’anno con un impatto drammatico a valanga sull’intera filiera, dai tavoli dei locali fino alle aziende agricole e alimentari nazionali (3 novembre 2020).

La ridotta frequentazione di esercizi di ristorazione, legata alle misure restrittive di contenimento della Pandemia, ha comportato un più massiccio ricorso a servizi di food delivery.

Tra i numerosi operatori c’è Deliveroo, che all’Osservatorio ha rivelato i propri numeri: «Sono 464, al 31 agosto 2020, i ristoranti virtuali presenti sulla piattaforma (+363 rispetto al 2019), distribuiti in 41 città, con una crescita rispetto allo scorso anno del 280%. Lievitano anche gli ordini: quelli effettuati dai ristoranti virtuali disponibili sulla app sono aumentati, negli ultimi 12 mesi, del 150%». Matteo Sarzana, General manager di Deliveroo Italia spiega che cosa sono i virtual brand: «Si tratta di un’innovazione ‘targata’ Deliveroo, che dà la possibilità di aprire un ristorante virtuale, un virtual brand appunto, presente e disponibile esclusivamente su piattaforma, affiancando un nuovo brand e nuovi tipi di cucina al cibo preparato dal ristorante fisico» (31 agosto 2020).

Approcci innovativi hanno interessato il mondo del vino.

Un esempio può essere quello di “The Winesider”, considerata come una Amazon dei vini. Oggi, da semplice start-up battezzata al Politecnico di Torino, è diventata grande e si schiera dalla parte dei ristoratori come supporto nella ripartenza del post Covid-19. In sintesi: paghi quello che stappi e ottimizzi la gestione. A spiegare nei dettagli sono Gianni e Giacomo Miscioscia, padre e figlio, co-founder di The Winesider, la foodtech company che, di fatto, ha ‘rivoluzionato il modo con cui i ristoranti si riforniscono di vino.

I Miscioscia hanno pensato che la loro piattaforma tecnologica possa diventare strategica in questo periodo di crisi: «Uno degli asset fondamentali dell’esclusivo sistema di servizi offerto da The Winesider – spiega Gianni Miscioscia – è proprio il conto vendita, per cui il ristoratore paga solo le bottiglie che vende. In tal modo si libera capitale che può essere reinvestito magari nella promozione del locale, non si immobilizzano risorse e, al tempo stesso, viene aggirata la problematica dell’invenduto».

A tutto questo viene inclusa una consulenza specializzata per l’organizzazione della cantina con la formazione del team di sala, una carta vini automaticamente aggiornata, la digitalizzazione di operazioni quali inventari, ordini e pagamenti, una dashboard di controllo per verificare i dati di vendita e orientare di conseguenza il proprio business e una serie di contenuti interattivi per migliorare la client experience. Tutto a portata di App» (14 maggio 2020).

Sul tema del food, con particolare riferimento alle scelte dei consumatori, si sono appuntate le riflessioni di Silvana Hrelia ed Enrico Al Mureden: «Il monito contenuto nell’intervento del Presidente dell’Accademia Nazionale di Agricoltura, Prof. Giorgio Cantelli Forti sull’Osservatorio Riparte l’Italia che, sulla scorta delle criticità determinate dall’evento pandemico del Covid-19 sottolinea l’indifferibile esigenza di avviare “una profonda riflessione sulla globalizzazione, e sulla vergognosa corsa al prezzo più basso senza alcun riferimento alla provenienza delle materie prime e al valore complessivo dell’alimento stesso” è pienamente condivisibile.

Le stringenti difficoltà logistiche, infatti, hanno imposto un cambiamento del modello organizzativo ed una rimodulazione delle priorità che hanno condotto la maggior parte dei consumatori ad acquisire la maggior quantità di generi alimentari possibile, nel minor tempo possibile e nel luogo più prossimo alla propria residenza, con evidente sacrificio per l’attenzione alla qualità degli alimenti e delle loro proprietà nutrizionali. Non esiste una ricetta alimentare contro le infezioni virali, tanto meno contro il Coronavirus, però una corretta alimentazione e il mantenimento di uno stato nutrizionale ottimale possono aiutare a prevenire e nel caso a superare la malattia.

Nel bimestre (marzo-maggio) caratterizzato dal lockdown, in controtendenza con il crollo generale dei consumi, si è verificato un record della spesa alimentare che fa registrare un balzo del 19% a marzo con una punta del 23% per i supermercati dove è avvenuta quasi la metà degli acquisti. È quanto emerge da un’analisi della Coldiretti su dati Ismea in riferimento al crack nei consumi evidenziato dalla Confcommercio.

Una situazione che riguarda anche altri Paesi che ha avuto un impatto negativo rilevante sulle esportazioni agroalimentari made in Italy. Una realtà che allargata dai campi agli scaffali – evidenzia Coldiretti – vale 538 miliardi di euro pari al 25% del Pil grazie al lavoro tra gli altri di 740.000 aziende agricole, 70.000 industrie alimentari e 230.000 punti vendita in Italia, tra ipermercati (911) supermercati (21.101), discount alimentari (1.716), minimercati (70.081) e altri negozi (138.000).

Ulteriori criticità si sono manifestate nel contesto del mercato degli ortofrutticoli freschi a causa della scarsa disponibilità di personale stagionale nella stagione di raccolta nonché la disponibilità di camion e conducenti». Sul piano della tutela del consumatore si collocano le proposte formulate dai due professori: «Tra le molteplici eredità che la crisi Coronavirus si lascerà alle spalle, ci sono anche aspetti che potrebbero tradursi in un rafforzamento della filiera del made in Italy.

Già la prima parte dell’epidemia, confinata nelle remote regioni cinesi, aveva evidenziato la necessità di una catena di fornitura capace di adeguarsi con rapidità di fronte a eventi estremi, quindi localizzata a distanze gestibili o, comunque, pluri-localizzata, ovvero con elevata intercambiabilità tra i fornitori (o tra le aree di fornitura). Sotto questo profilo sembra auspicabile promuovere ed implementare ulteriormente la pratica del cosiddetto nearshoring.

In tale prospettiva, occorre valorizzare lo strumento del contratto di rete al fine di innescare nuovi processi di alleanza e valorizzare quelli già esistenti tra le diverse imprese che operano in una filiera o in una realtà produttiva comune. Anche per l’agroalimentare, l’integrazione di filiera assume rilievo nella prospettiva di un mondo 4.0, in cui si accorceranno le distanze tra monte e valle del prodotto, accumunando tutte le fasi della produzione nella comunicazione verso il cliente finale» (27 giugno 2020).

La tutela del consumatore di prodotti passa attraverso la stipulazione di un’alleanza con l’impresa responsabile.

Sul tema ha riflettuto Enrico Al Mureden In un contesto nel quale la propensione ad effettuare acquisti a distanza appare destinata a persistere anche successivamente al dissolversi dell’attuale congiuntura la fiducia del consumatore circa l’effettiva rispondenza del prodotto agli standard di sicurezza e qualità imposti dalla legge sembra rivestire una valenza ancor più rilevante rispetto al passato. La finalità di promuovere un elevato livello di tutela del consumatore mediante norme imperative che contemplano rigorosi requisiti di sicurezza quale presupposto minimo per accedere al mercato e quella di incentivare attraverso adeguate tutele legali produzioni caratterizzate da peculiari qualità di pregio sono state da tempo poste al centro di un disegno dell’Unione Europea attualmente compendiato nel New Legal Framework ed incentrato su articolate e capillari discipline che, attraverso lo strumento della normazione tecnica armonizzata, consentono di individuare rigorosi standard di sicurezza e di qualità per ogni categoria di prodotto.

La presenza sul mercato di una significativa quantità di prodotti che, nonostante le certificazioni di conformità emesse dal fabbricante, non rispettano gli standard di sicurezza minimi è emblematicamente testimoniata dall’osservazione delle segnalazioni di non conformità quotidianamente registrate dall’ European Rapid Alert System for non-food consumer products (RAPEX) e dal Rapid Alert System for Food and Feed (RASFF).

La cruciale rilevanza assunta dall’effettiva capacità di assicurare una piena compliance alla disciplina legislativa che governa la sicurezza e la qualità dei prodotti agli standard legislativi risulta ulteriormente amplificata laddove si consideri la complessità che attualmente caratterizza anche i prodotti più elementari e l’articolazione delle filiere che vedono coinvolti molteplici operatori. La chiave di volta in questo senso sembra essere rappresentata dalla valorizzazione di un’alleanza tra “impresa responsabile” e “consumatore consapevole” come fondamentale tassello funzionale ad integrare il sistema di public e private enforcement mediante un circuito di relazioni virtuose» (5 giugno 2020).

Niko Romito, chef pluristellato, ha offerto all’Osservatorio la Sua vision sul cibo come valore e come sapere: «Sono convinto che l’Europa dopo l’esperienza della pandemia che ci ha colpito abbia bisogno di monasteri contemporanei: luoghi dove la convivenza di giovani vogliosi di futuro e uomini e donne desiderosi di trasmettere conoscenze e pronti a mettere sotto indagine i dogmi e le convinzioni precostituite vivifichi un nuovo paradigma culturale al cui centro ci sia una nuova cultura del cibo e della sua trasformazione. Abbiamo riscoperto durante il lockdown che mangiare è vitale. Può sembrare un paradosso, ma la nostra società capitalistica e consumistica troppo spesso dà per scontato il cibo e la sua facilità di reperimento.

La consapevolezza può essere la pietra angolare sulla quale costruire un nuovo paradigma sul quale costruire una più rafforzata visione del Made in Italy nel campo enogastronomico. Una nuova cultura del cibo, della sua trasformazione basata sui valori della salubrità, della sostenibilità, della circolarità, della solidarietà e dell’accesso democratico. Il cibo trasformato in pietanza è il risultato di un processo peculiare e straordinario che somma l’esperienza, la passione e la vocazione di territori, comunità e uomini.

Il cibo è potere. Credo che dobbiamo soffermarci per il rilancio dell’Italia su questa semplice verità. Su questo concetto dovremmo tornare a concentrarci come Paese per ridefinire la nostra capacità di raccontarci e relazionarci con il mondo. Se tutta la filiera agricola fosse consapevole di questa responsabilità, se la politica fosse consapevole di quale potere abbia il cibo nella costruzione delle relazioni, concentreremmo i nostri sforzi per delineare un nuovo concetto di agro-industria e enogastronomia italiana» (23 giugno 2020).

Alberto Ancora, presidente Federchimica-Agrofarma, evidenzia quali sono, a suo avviso, le linee fondamentali per la ripartenza del settore del food: «Il rilancio del tessuto economico del nostro Paese deve passare anche dal riconoscere una nuova centralità al comparto agrifood che in questi mesi, nonostante le numerose difficoltà, non si è mai fermato, garantendo sempre rifornimenti di cibo abbondanti, sicuri e di qualità. Lo pensa anche l’87,9 % degli italiani, secondo un recente report condotto dall’Osservatorio sul mondo agricolo di Enpaia e Censis. E allora ribadiamo una cosa: smettiamola di pensare all’agricoltura attraverso stereotipi.

In agricoltura si fa ricerca scientifica, innovazione digitale, si promuove la sostenibilità, si applicano sistemi all’avanguardia, si sperimenta per combattere il cambiamento climatico. La ripartenza passerà necessariamente dal confronto sull’implementazione dei piani europei per lo sviluppo rurale come il Green Deal, e quindi sulle strategie “From Farm to Fork” e “Biodiversità”, che rappresentano un’opportunità unica di crescita e dialogo tra gli stakeholder della filiera agroalimentare italiana ed europea. La coesistenza di tutti i sistemi di agricoltura scientificamente riconosciuti è un fatto, ed è una necessità: agricoltura integrata e biologica troppo spesso vengono faziosamente contrapposte».

Alberto Ancora prosegue nelle sue riflessioni avuto riguardo a un tema cruciale per l’agroalimentare: «Gli agrofarmaci costituiscono un elemento imprescindibile per le principali filiere agroalimentari italiane. Le principali istituzioni internazionali confermano l’estrema attenzione in tema di sicurezza alimentare in Italia, come testimoniato anche dal report da poco pubblicato dal Ministero della Salute sul controllo ufficiale sui residui di fitosanitari negli alimenti, che vede il 99,2% dei prodotti a norma di legge.

Curare le piante è parte fondamentale del progresso verso modelli efficienti, innovativi e sostenibili di agricoltura e impresa e lo dimostra proprio il 2020, proclamato dalla FAO Anno Internazionale per la Salute delle Piante (IYPH). Solo una pianta sana garantirà cibo sano. La chiave sta proprio nella gestione del nostro patrimonio agricolo, messo sempre più a rischio dalla crisi climatica o da organismi patogeni alieni. Per accompagnare questa transizione servono nuove figure e professionalità, ma anche impegno e investimenti in innovazione, uniti ad una nuova sensibilità» (8 agosto 2020).

Una visione che guarda all’intera filiera dell’alimentazione è quella tratteggiata nelle 10 azioni lanciate dalla Fondazione Barilla per la Giornata mondiale dell’ambiente del 5 giugno 2020, alla luce degli impatti socio-economici dell’emergenza sanitaria. Marta Antonelli, direttore del programma di ricerca di Fondazione Barilla, ha chiarito: «Il Covid-19, ci offre un’opportunità per accelerare la creazione di un sistema alimentare più equo, resiliente e sostenibile, in grado di prevenire e rispondere a future crisi. Il sistema alimentare, dal campo alla tavola, contribuisce fino al 37% delle emissioni globali di gas serra.

I processi in atto di deforestazione, distruzione degli ecosistemi e habitat naturali hanno contribuito a provocare la trasmissione dei virus dagli animali all’uomo, il cosiddetto spillover». In una nota diffusa dalla Fondazione sono spiegate le azioni in campo. Esse prevedono: la definizione a livello internazionale di standard e approcci condivisi alla individuazione di indicatori che ne supportino il monitoraggio (ad esempio in termini di riduzione dello spreco domestico); la promozione e sostegno alla transizione del food business verso la sostenibilità in quanto attore chiave del cambiamento alla promozione dell’uso delle tecnologie digitali da parte di tutti gli attori della filiera.

Ancora, il riconoscimento del vero costo (sociale, ambientale) del cibo, l’informazione dei cittadini e la mobilitazione della finanza verso investimenti che contribuiscano alla salute pubblica e migliorino la resilienza nell’uso del suolo, fino alla promozione di pratiche agricole sostenibili, come l’agroecologia, educando il cittadino all’adozione di diete sane e sostenibili con una maggiore attenzione ai più vulnerabili e alla creazione di un sistema alimentare resiliente attraverso impegno, cooperazione e collaborazione tra tutti gli attori» (5 giugno 2020).

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