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Stefano Micossi (economista): «La determinazione della Lagarde e le difficoltà tecniche di agire sugli spread per evitare la frammentazione»

La presidente della BCE, Christine Lagarde, ha lanciato un «messaggio di forte determinazione nella nuova politica “anti-frammentazione”», eppure, sottolinea Stefano Micossi, mancano «indicazioni su come tale obiettivo verrà perseguito. Il problema nasce dal fatto che, quando i tassi d’interesse risalgono, quelli sul debito dei paesi finanziariamente più fragili (perché più indebitati) salgono più in fretta di quelli dei paesi più solidi», spiega l’economista.

«La questione aperta è come farlo, senza creare dubbi sulla determinazione antinflazionistica della banca centrale, e senza sollecitare le obiezioni dei membri del Governing Council che non vogliono fornire una copertura indeterminata alle politiche di bilancio dei paesi più indebitati. Nell’argomentare la legittimità di questa nuova policy, la comunicazione della BCE fa vaghi riferimenti all’OMT, il meccanismo di intervento illimitato sui titoli sovrani sotto attacco introdotto nel 2012, annunciato da Draghi con il famoso impegno “whatever it takes” che fu sufficiente a calmare il mercato senza dover intervenire», scrive sul magazine online InPiù.net.

«Nel suo giudizio su OMT, la Corte di giustizia aveva accettato il nuovo strumento in quanto necessario per mantenere l’efficace trasmissione della politica monetaria. Sappiamo però che in quel caso turbolenze eccezionali erano state generate dai dubbi sull’integrità dell’euro, che furono dissipate dall’annuncio. In ogni caso, l’attivazione dello strumento era subordinata alla definizione di un programma macroeconomico da concordare con il MES».

«Ora il quadro è un po’ diverso. In primo luogo, sembra molto difficile ipotizzare un tale programma in questa fase, nella quale i paesi già sono vincolati da precise condizioni sulle “riforme” nell’ambito dei finanziamenti NextGenEu e, allo stesso tempo, un accordo sulla riformulazione delle regole comuni del Patto di stabilità non si intravede. Per la stessa ragione, però, sembra anche molto complicato immaginare che la BCE possa trovare un consenso sul sostegno finanziario al debito di alcuni paesi, abbandonando dunque le famose “capital key” che avevano guidato gli interventi monetari nella fase espansiva apertasi nel 2015».

«Va sottolineato, al riguardo, che l’ipotesi di mettere un tetto allo spread avverso di alcuni paesi implica la disponibilità ad intervenire in misura illimitata sui mercati dei loro debiti sovrani; ma ciò richiederebbe un “endorsement” delle politiche di bilancio nazionali senza se e senza ma. Oppure un programma di aggiustamento per quei paesi certamente difficile da negoziare (chi glielo dice a Salvini, Meloni e Conte?), ancor di più senza una preventiva riforma del Patto di stabilità. Qualcuno sembra anche ipotizzare che sia possibile distinguere, nello spread avverso rispetto al Bund tedesco, una componente legata a un “effetto euro” da un’altra componente legata agli eccessi di debito pubblico nazionale».

«Tutto questo, naturalmente, mentre la lotta all’inflazione richiederebbe nell’aggregato politiche monetarie più restrittive. Siamo insomma su un terreno molto scivoloso, nel quale a un certo punto sorgeranno serie questioni di compatibilità del nuovo strumento con il Trattato e le decisioni già assunte in materia dalla Corte europea di Giustizia. Staremo a vedere. Io spero sinceramente che una soluzione esista, perché renderebbe la vita più facile a tutti. Sennò, si può sempre riprendere la mia proposta di affidare gli interventi anti-spread al MES, separando una volta per tutte gli interventi monetari (della BCE) da quelli di politica economica (da affidare al MES)».

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