Mauro Lusetti, Presidente Conad e Vicepresidente Confcommercio, ha partecipato agli Stati Generali della Ripartenza 2025 “Insieme per far crescere l’Italia”, organizzati a Bologna dal 27 al 29 novembre 2025 dall’Osservatorio economico e sociale “Riparte l’Italia”.
Il suo intervento si è tenuto nel panel “La crescita e la produttività delle imprese italiane: i fattori su cui puntare“, moderato dal giornalista Lirio Abbate.
Ecco l’intervista rilasciata prima di partecipare all’evento.
Presidente, oggi si è parlato della situazione della produzione industriale che da un lato è l’eccellenza italiana, dall’altro qualche segnale di crisi lo sta lanciando?
Sì, ci sono dei dati che sono in qualche misura contrastanti, perché da una parte c’è l’occupazione che comunque cresce nei massimi storici, è connotata da una presenza importante di precariato e quindi questo è un limite, però nel complesso noi abbiamo una situazione economica che è affaticata. La produzione industriale solo nell’ultimo trimestre ha segnato un segno più dopo trimestri molto molto delicati, c’è un sentiment da parte del consumatore di grande prudenza rispetto al futuro, c’è un andamento dei consumi che al netto dell’ispirazione è oggettivamente statico e quindi questi sono gli elementi su cui agire per poter immaginare nel 2026 una situazione comunque di ripresa.
Il 2026 sarà anche l’ultimo anno del PNRR e quindi da quell’anno in avanti ci saranno anche meno investimenti, che sono stati la vera misura di sostegno e di supporto dell’attività post-Covid dal punto di vista economico, per cui è un quadro fatto di luci e di ombre che vanno interpretate, vanno capite per poter immaginare delle politiche istituzionali del governo adatte e di conseguenza anche le scelte che le imprese, a prescindere da tutto, dovranno realizzare.
Da questo think tank, da quest’occasione e anche da altri spunti come quelli di Banca d’Italia è venuto un po’ fuori un grido d’allarme: se non ci fosse il PNRR c’è chi dice che saremmo già in recessione. Come immaginarsi un post-PNRR?
Questa situazione qui credo che fosse facilmente immaginabile, nel senso che quando tutta questa vicenda del PNRR iniziò questo era il tema prevalente del dibattito e del confronto, nel senso che c’è una situazione di presenza straordinaria di investimenti, alcuni a fondo perduto, molti a debito, quindi c’è un grande problema poi a partire dal 2026, perché i debiti hanno questa caratteristica che vanno restituiti prima o poi, per cui questo nostro Paese dovrà immaginare anche un percorso di questa natura.
Quello che io credo sarà il lascito del PNRR in modo particolare non saranno tanto gli investimenti fisici in quanto tali, ma il processo di riforme che ci ha portato ad ottenere quel denaro. Quindi se queste riforme non saranno completate – riforme sul tema della concorrenza, della giustizia, del recupero delle aree interne – ma non saranno completate anche concretamente con i decreti attuativi e quindi con la possibilità di essere messi a terra, la situazione io credo sarà complicata. Perché quello è il vero lascito.
La dico in termini un po’ banali: soldi e denari ce ne potranno sempre essere, ma se questo Paese non porta a completamento il processo di riforme, anche ad esempio dell’amministrazione pubblica, torneremo a situazioni complicate per la società e per l’economia.
Quanto è importante il presidio del territorio? Voi come Conad avete una grandissima capillarità e avete anche un’attenzione all’intera filiera.
Ma è una domanda praticamente interessante perché oltre a essere Presidente di Conad, sono anche Vicepresidente nazionale di Confcommercio e noi veniamo da una decina di giorni dove il Presidente Sangalli ha fatto del contrasto alla desertificazione commerciale nelle aree periferiche delle città e delle aree interne un elemento fondamentale della politica di Confcommercio.
Per noi è molto importante. In diversi panel è stato citato questo elemento. Il Sindaco di Napoli ha affrontato il problema in termini generali, in quanto Presidente dell’ANCI, e io credo che questo sia una delle questioni di grande rilievo per la qualità della vita del nostro Paese, per la qualità dello sviluppo.
Il tema della desertificazione è un tema che si porta dietro questioni economiche ma soprattutto sociali. Certamente c’è il fattore della sicurezza. Bisogna riflettere su quello che ha detto la rappresentante del Ministero del Turismo.
L’80% dei turisti che frequentano il nostro Paese visitano il 4% del territorio. Questo è uno spreco enorme che si porta dietro logiche come l’overtourism, che sono sbagliate per come vengono poste. Vanno gestiti questi flussi perché possono essere orientati valorizzando una grande parte del nostro Paese che oggi non è vista.
Quindi ci sono intrecci molto stretti tra turismo, commercio, servizi che vanno valorizzati. Questo è un tesoro che non abbiamo ancora scavato fino in fondo e che credo invece meriti di essere attentamente verificato.
Un’ultima domanda sugli Stati Generali della Ripartenza: quanto è importante il modello di dialogo?
Io credo sia strategicamente rilevante. Non uso termini eccessivi perché siamo di fronte a una situazione dove il mondo delle imprese, il mondo del lavoro, il mondo delle istituzioni, se vuole gestire in maniera corretta la transizione tra un mondo che conosciamo e un mondo che sta rapidamente cambiando – attraverso l’innovazione tecnologica, attraverso gli effetti del cambiamento climatico – ha bisogno di situazioni come quella rappresentata da questi momenti di confronto.
Abbiamo bisogno di condivisione. Non abbiamo bisogno di tifoserie. Abbiamo bisogno di persone con valori e idee diverse, ma capaci di trovare punti di contatto.
Solo così affronteremo problemi complessi che ci troveremo davanti non fra vent’anni, ma nel prossimo futuro.








