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Mancano 64mila lavoratori in Sardegna per il calo demografico: danni per milioni | L’analisi

I lavoratori qualificati sono sempre più difficili da trovare anche in Sardegna. Nel 2023 le imprese sarde non sono riuscite a reperire il 42% della manodopera necessaria, pari a 64.170 posti rimasti scoperti. Le cose sono andate peggio per le piccole realtà che hanno avuto difficoltà ad assumere il 42,9% del personale (48.030 lavoratori), e per gli artigiani la cui quota di lavoratori introvabili è arrivata al 50,7% (8.170 addetti). Sono questi i numeri dell’ufficio studi di Confartigianato Sardegna, su base UnionCamere-Anpal-Excelsior 2023, che per l’Isola che produce fotografano una vera e propria emergenza.

“La scarsità di personale con le giuste competenze frena le transizioni ecologia e digitale ed è indicato come il problema più grave dal 58,1% delle Pmi della nostra regione, a fronte del 54,1% della media delle Pmi dell’Ue – commentano Fabio Mereu e Daniele Serra, presidente e segretario di Confartigianato Imprese Sardegna – per le nostre aziende la difficoltà a trovare lavoratori qualificati supera di gran lunga i problemi della burocrazia, dell’accesso al credito, della concorrenza sleale”.

“I motivi principali di questa situazione sono la crisi demografica, determinata da denatalità e invecchiamento, e poi il percorso scolastico: il 12% dei candidati disponibili denota una inadeguata preparazione scolastica, mentre quasi il 30% dei posti disponibili trova a fatica, o non trova proprio, chi li occupa – aggiunge Mereu – poi vi sono i giovani inattivi, il 21,4% dei ragazzi tra i 14 e i 29 anni, cioè giovani sardi che non studiano e non sono disponibili a lavorare, per motivi familiari, per scoraggiamento nella ricerca del lavoro, ritardo negli studi universitari, sussidi pubblici. E naturalmente c’è anche il lavoro sommerso”.

Il ritardo nel trovare le persone adatte da assumere genera costi enormi: nelle piccole imprese isolane: i dati più recenti dicono oltre 206 milioni di euro.

In questo contesto due piccole imprese su tre (66,0%) hanno adottato interventi per attrarre e/o trattenere il personale qualificato. Più diffusi gli incrementi salariali, adottati dal 32,6% delle piccole imprese, e la flessibilità negli orari di lavoro, registrata nel 28,5% dei casi. Inoltre, le imprese adottano la concessione di maggiore autonomia sul lavoro nel 19,4% dei casi, il coinvolgimento nelle decisioni aziendali nel 13,4% dei casi, l’accesso a benefit aziendali (auto aziendale, agevolazioni nella fruizione di servizi, assicurazioni personali, ecc.) nel 12,9% dei casi, e incentivi per attività di auto-formazione e crescita professionale, anche esterne all’impresa, nel 11,4% dei casi. Per reagire alla criticità relativa al personale, il 24,9% delle imprese ha attivato o intensificato la collaborazione con le scuole, in particolare quelle scuole ad indirizzo tecnico e professionale.

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