Nel famoso saggio di John Maynard Keynes: “Economic Possibilities for Our Grandchildren” (del 1931), il Nostro scrive: “Nel lungo termine quasi tutto è possibile”.
Una frase che sembra suonare diversa dalla più famosa: “Nel lungo termine siamo tutti morti”.
Ma dietro quest’ultima c’era un invito a risolvere i problemi qui e oggi, non aspettare che le forze di mercato sciolgano i nodi nel ‘lungo termine’.
La prima frase, invece, era un audace invito a guardare nel futuro (a cent’anni da quando scriveva), e alcune previsioni di Keynes si sono avverate, come un grande aumento degli standard di vita.
Altre no: la settimana lavorativa di 15 ore è ancora lontana, anche se gli esperimenti dei 4 giorni lavorativi vanno in quella direzione.
La ‘numero 1’ (Managing Director) del Fondo monetario, Kristalina Georgieva, in un bellissimo discorso – il 14 marzo 2024 – al King’s College di Cambridge (dove Keynes studiò e lavorò) ha fatto il verso a Keynes, intitolando il suo intervento: “Economic Possibilities for My Grandchildren” (lei è nonna, a differenza di Keynes, che non ha mai avuto né figli né nipoti).
La Georgieva, pur confermando che, con una popolazione aumentata quattro volte, il reddito pro-capite (in volume) nel mondo è aumentato di otto volte, ammette che le cose non sono andate bene come prevedeva Keynes per quanto riguarda la distribuzione dei frutti della crescita: oggi tre quarti della ricchezza mondiale sono posseduti da un decimo della popolazione.
Georgieva ammette gli errori della politica economica, errori da cui il Fondo non è stato esente: la globalizzazione ha portato molti benefici – e molto maggiori dei costi, ma non è stato fatto abbastanza per proteggere coloro che ne sono stati danneggiati.
Le diseguaglianze stanno corrodendo il tessuto sociale.
Guardando ai prossimi cent’anni, i nipoti della Georgieva, secondo il Fondo, dovrebbero essere contenti (vedi: https://www.imf.org/en/News/Articles/2024/03/08/sp031424-kings-college-cambridge-kristalina-georgieva).
Ma preme sottolineare la sfida demografica, in cui giganteggia il “secolo africano”, che è allo stesso tempo una sfida e un problema.
Un grafico del Fondo è impressionante: a fine secolo, con 4 miliardi di abitanti (dagli 1,5 attuali), il ‘continente nero’ avrà più persone di Cina, India ed Europa messe assieme.
Se ne parlerà a Borgo Egnazia, nel G7 di giugno a presidenza italiana.
La pressione demografica che queste proiezioni implicano è terrificante.
A meno che l’Africa non vada a camminare con le sue gambe, con l’aiuto dei Paesi avanzati.
Come dice il Fondo, ci sarebbero allora in quel continente più posti di lavoro e meno emigrazione.
E dagli investimenti dei Paesi ricchi ci arriverebbero maggiori rendimenti, mentre gli arrivi dall’Africa – che rallenteranno ma non si fermeranno – renderanno i nostri sistemi pensionistici più solvibili.
In definitiva, conclude il Fondo: “Un mondo prospero nel secolo a venire richiede un’Africa prospera”.