“Tempo che ci si occupi di crescita”, scrive sul Corriere della Sera Francesco Giavazzi, per il quale una prima cosa che il governo potrebbe fare per fermare la caduta della produzione industriale è abbandonare gli incentivi agli investimenti previsti dalla Legge di bilancio del 2023 (cosiddetti Industria 5.0) e ripristinare le precedenti forme di sostegno agli investimenti (Industria 4.0).
Il problema non sono le differenze fra le due norme, che ci sono ma sono trascurabili, bensì il cambiamento nelle procedure per accedere agli incentivi. Le aziende, che avevano imparato come accedere a Industria 4.0, sono rimaste spiazzate.
La seconda cosa da fare urgentemente è rimettere in corsa il Pnrr. Dopo il rallentamento avvenuto nel 2023, quando cambiò il governo, il piano pare essersi di nuovo arenato, con il passaggio della responsabilità dall’ex-ministro Fitto al nuovo ministro Tommaso Foti.
E ancora. Le imprese lamentano con sempre più forza la scarsa offerta di lavoro qualificato. C’entra la demografia, certo, c’entra però anche la formazione.
Quarta cosa. L’energia è una componente crescente dei costi delle aziende, soprattutto dove, come in Italia, dipendiamo dal gas, il cui prezzo è balzato dopo l’invasione dell’Ucraina. Un meccanismo folle lega il prezzo di ogni fonte di energia, anche quella prodotta da impianti idroelettrici (il cui costo marginale è vicino a zero) al prezzo marginale del gas. Occorre cambiare rapidamente questo sistema che, oltre a tenere alti i prezzi dell’energia, produce rendite imbarazzanti.
Un ultimo (non ultimo) punto-chiave. Le banche annunciano profitti straordinari, le loro azioni in Borsa volano e vengono usate per acquistare altre banche. Le imprese lamentano però che il credito arriva col contagocce e a tassi troppo alti. Perché succede? Che cosa sta accadendo?
Fra le banche c’è poca concorrenza, e questo spiega gli alti profitti. Ma, nonostante i tassi elevati che applicano ai prestiti, le banche continuano a guadagnare di più vendendo polizze assicurative e altri servizi. Anziché facendo, appunto, prestiti.
Il governo appoggia alcune delle fusioni bancarie che sono state annunciate. Se fosse interessato agli investimenti, e quindi fosse preoccupato dall’apparente scarsità di prestiti, dovrebbe chiedersi perché le imprese italiane fanno fatica a finanziarsi sul mercato.
E se la risposta fosse che la taglia delle nostre imprese è troppo piccola, allora lo stesso governo dovrebbe rimuovere gli incentivi che le inducono a restare piccole, in primis una flat tax che ostacola la crescita del fatturato oltre una determinata soglia.